Pietro da Cortona

Pietro Berrettini, nato nell'anno 1596, è noto come Pietro da Cortona dalla città di nascita in provincia di Arezzo, luogo che aveva dato i natali anche al pittore quattrocentista Luca Signorelli, uno dei massimi esponenti del Rinascimento.
Pittore e architetto, dopo Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini fu uno degli interpreti più felici della sensibilità artistica seicentesca, indiscusso protagonista del barocco divenuto celebre sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini, del quale realizzò un ritratto datato intorno al 1627.

A partire dal 1612, dopo una giovanile formazione in Toscana, si trovava già a Roma, desideroso di studiare le opere antiche e la pittura di Raffaello Sanzio. Pietro da Cortona rimise in auge il metodo di lavoro dell'urbinate, fondando una prolifica bottega che divenne una vera e propria scuola. Il suo metodo era dunque diverso rispetto al più anziano Caravaggio, il quale lavorava in solitudine e senza una cerchia di allievi.
Un omaggio al Sanzio si può osservare a Roma presso la Galleria dell'Accademia di San Luca, dove è custodita la copia realizzata a inizio carriera del Trionfo di Galatea, dipinta da Raffaello nella Villa Farnesina per l'amico banchiere Agostino Chigi.

Lo stile di Pietro da Cortona si rivelò subito in grado di soddisfare le esigenze di sfarzo e grandiosità del papato e delle famiglie dell'aristocrazia romana. Determinante in tal senso fu l'incontro nel 1620 con il primo grande mecenate della sua carriera, il banchiere fiorentino Marcello Sacchetti, che lo prese sotto la propria protezione. Il loro si rivelerà un rapporto felice e proficuo, come dimostra il ritratto datato 1626 circa, oggi alla Galleria Borghese di Roma, realizzato dall'artista in omaggio all'amico.

Intorno allo stesso anno Cortona, commissionato dalla famiglia Sacchetti, dipinse il Ratto delle Sabine, custodito alla Pinacoteca Capitolina, nel quale è evidente una delle caratteristiche principali del pittore, vale a dire la sua capacità nel ricostruire l'antico.
Lo sfondo di questa raffigurazione appare come un vero e proprio palcoscenico teatrale nel quale in primo piano risaltano le passioni dell'animo umano espresse attraverso gli sguardi, le espressioni e la spiccata gestualità delle figure.

Celati dai numerosi personaggi che affollano la scena si scorgono templi, obelischi, colonne e statue che ricostruiscono l'immagine di Roma antica, mentre in primo piano si compie con veemenza e concitazione il rapimento delle giovani donne. Evidente è l'omaggio al Ratto di Proserpina del coetaneo Gian Lorenzo Bernini, nella cui scultura espressività e morbidezza conferite al marmo avevano raggiunto vette artistiche toccate in precedenza solo dal genio di Michelangelo Buonarroti.

Presso la Pinacoteca di Brera di Milano si può osservare una pala datata 1629-1630 raffigurante una Madonna col Bambino, circondata dai santi Giovanni Battista, Felice da Cantalice, Andrea e Caterina, dove spicca al centro la tenerezza del piccolo Gesù rivolto verso la santa inginocchiata in primo piano al suo cospetto. Un restauro eseguito in tempi recenti ha messo in evidenza i numerosi ripensamenti e le variazioni apportate durante la realizzazione della tela.

Grazie al sostegno di Urbano VIII, colto e ambizioso mecenate, il Berrettini poté affrescare, tra il 1633 e il 1639, quella che è considerata la sua opera più celebre, vale a dire la volta del salone principale del nuovo Palazzo Barberini, il cui progetto di costruzione fu affidato inizialmente all'architetto Carlo Maderno per poi essere portato a termine dal Bernini.
La grandiosa decorazione, il cui soggetto è il Trionfo della Divina Provvidenza, è il manifesto della pittura barocca e allo stesso tempo un encomio senza precedenti per la dinastia dei Barberini. Il capolavoro permise a Pietro da Cortona di divenire, insieme al Bernini, l'artista ufficiale del papa.

L'intero soffitto è stato eseguito dall'artista in completa autonomia, in quanto la presenza dei collaboratori, tra cui Giovan Francesco Romanelli, Giovanni Maria Bottalla e Pierre Puget, era limitata all'aiuto nelle operazioni tecniche sui ponteggi, senza intervenire direttamente. I documenti d'archivio ci dicono che per questo lavoro percepirono dieci scudi mensili.
L'elogio al pontefice e alla sua famiglia si può vedere nelle numerosi api, emblema dei Barberini, ma anche nelle chiavi del papato e nelle virtù teologali, ossia Fede, Speranza e Carità, che reggono una corona d'alloro, alludendo alle qualità umanistiche di papa Urbano. Lo spettatore resta senza fiato nel contemplare questo scorcio di estrema bellezza carico di innumerevoli figure sospese nel vuoto che convergono verso il centro dove la Divina Provvidenza, personificata da una figura femminile, si staglia nel cielo sereno e luminoso tenendo in mano il suo scettro.

Tra il 1637 e il 1648 lavorò a Firenze, in particolare a Palazzo Pitti, per fare rientro a Roma a seguito della morte del suo grande committente, regnante papa Innocenzo X Pamphilj, quando i Barberini attraversavano un momento di difficoltà. Nonostante il declino dei suoi protettori e la lunga assenza da Roma, Cortona non faticò nel trovare nuovi prestigiosi incarichi, come la decorazione della Galleria di Palazzo Pamphilj in piazza Navona affidatagli dallo stesso pontefice.
Gli affreschi della galleria, progettata dal Borromini con una misura di oltre trenta metri di lunghezza, raffigurano le Storie di Enea, eroe virgiliano di cui la famiglia Pamphilj si proponeva discendente per virtù e antica genealogia. Cominciata nel 1651, la volta fu gremita da una moltitudine incredibile di personaggi tratti dall'Eneide e di elementi decorativi, capolavoro, concluso già nel 1654, che permise al Cortona di riaffermarsi come uno degli assoluti protagonisti sulla scena romana.

La volta della Galleria di Palazzo Pamphilj e a destra un particolare con Enea alle foci del Tevere.

Cortona divenne anche uno dei pittori italiani maggiormente richiesti all'estero, tuttavia la sua sua scarsa propensione al viaggiare e trasferirsi gli fece declinare l'invito del cardinale Mazzarino che lo voleva alla corte di Luigi XIV di Francia, il Re Sole.
Celebrato per i temi mitologici, Cortona si dedicò anche alla pittura sacra, svolgendo in parallelo le due attività e integrandole in maniera magistrale, come già si era visto nella volta Barberini. Dal 1647 al 1666 si dedicò così agli affreschi della chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, dove nella volta della navata rappresentò la suggestiva Visione di San Filippo Neri.

Nella cupola, che trae chiaramente ispirazione dai modelli di Correggio ma anche di Giovanni Lanfranco, dipinse il Trionfo della Santissima Trinità, dove al centro si riconosce la colomba dello Spirito Santo illuminata dalla luce naturale, mentre in basso Dio Padre e Gesù. Attorno alla cupola, nei pennacchi, sono raffigurati invece i Profeti Geremia, Ezechiele, Isaia e Daniele.

Nel catino absidale il Berrettini realizzò infine l'Assunzione della Vergine, dove Maria, al centro circondata da santi e sostenuta da una nuvola, è raccolta in preghiera con le mani giunte e rivolta verso il luminoso scorcio di cielo che si apre sopra di lei.

Come il Bernini, che fu sia scultore che architetto, anche Cortona si dedicò sia alla nobile professione della pittura che a quella dell'architettura, sebbene a quest'ultima si accostò tardi, considerandola un'occupazione secondaria e un passatempo da dilettante. "L'architettura mi serve solo come trattenimento" scrisse, tuttavia i suoi progetti sono autentici capolavori che ancora oggi arricchiscono di bellezza la città eterna.
Il suo primissimo progetto, realizzato tra il 1626 e il 1636, fu per i suoi protettori, i Sacchetti, ed era una bellissima residenza oggi purtroppo andata distrutta ma nota attraverso alcune incisioni dell'epoca, come quella settecentesca di Giuseppe Vasi. La villa del Pigneto, che prese il nome probabilmente dalla folta pineta visibile ancora oggi, si trovava nella campagna romana ed era caratterizzata da un corpo centrale chiaramente ispirato ai progetti di Donato Bramante per il Nicchione del Cortile del Belvedere in Vaticano, opera portata a termine dall'architetto Pirro Ligorio. Dalla facciata si dipartono le scalinate che scendono nel giardino sottostante, integrandosi perfettamente con la natura attorno.

Visibile ancora oggi è invece la chiesa dei Santi Luca e Martina, nei pressi del Vittoriano, ricostruita dal Cortona a cominciare dal 1634 a seguito del ritrovamento delle ossa della martire Martina. Berrettini, che era molto legato a questa chiesa dove oggi riposa, costruì a proprie spese il progetto e continuò a beneficiare l'edificio anche dopo la sua dipartita secondo le volontà scritte nel proprio testamento.

La raffinata facciata, qui in un'illustrazione seicentesca di Giovanni Battista Falda, non consente a chi è posto a breve distanza di vedere la cupola della chiesa; solo allontanandosi verso il Foro romano o salendo sul Campidoglio si può infatti contemplare la sua imponenza. Per l'edificio Cortona scelse una pianta a croce greca iscritta in un quadrato, accentuando leggermente l'impianto longitudinale.

La chiesa con la sua maestosa cupola vista dal Foro romano in un'incisione di metà Settecento opera di Giovanni Battista Piranesi.

Infine, fra il 1656 e il 1657, Cortona curò la sistemazione della quattrocentesca chiesa di Santa Maria della Pace, autentico capolavoro del barocco. La chiesa era stata costruita per volere di papa Sisto IV probabilmente su disegni di Baccio Pontelli, autore anche del progetto della Cappella Sistina, ma solo a metà Seicento, per volere di Alessandro VII Chigi, la chiesa fu restaurata assumendo l'aspetto che oggi possiamo vedere, con la caratteristica facciata emblema dello stile barocco. Cortona si preoccupò infatti di unire l'edificio con lo spazio antistante, uno dei rioni più antichi e vivaci di Roma, non lontano da piazza Navona. La piazzetta che vediamo è così una sorta di scena teatrale, con un palcoscenico che si sviluppa nella facciata della chiesa e con i palchi del teatro che sono costituiti dalle case adiacenti, mentre ognuno di noi recandosi in questo spazio diviene parte della scenografia.

La facciata in un'incisione di Giuseppe Vasi.

La perfetta relazione, forse mai raggiunta prima, tra la chiesa e lo spazio urbano circostante è un colpo di scena barocco caratterizzato però, allo stesso tempo, dall'austerità e dal rigore, sintesi della bravura di Pietro Berrettini, degno erede della tradizione cinquecentesca cominciata col Bramante, proseguita da Raffaello e Michelangelo per arrivare sino a Giacomo Della Porta e Carlo Maderno. Sarà proprio il Cortona l'alternativa ai meravigliosi e complessi progetti berniniani e a quelli sofferti e angosciati del Borromini, influenzando su tutti un architetto come Carlo Fontana, il quale partecipò ai lavori della chiesa tramandando poi gli insegnamenti del maestro nel tardo Seicento e nei primi del XVIII secolo.

Note

La foto della Madonna col Bambino è stata scattata durante la mia visita alla Pinacoteca di Brera nell'Ottobre 2020.

Bibliografia

  • Pietro da Cortona e la grande decorazione barocca - Anna Lo Bianco - Giunti
  • Il Barocco - Tomaso Montanari - Einaudi
  • Arte in primo piano. Manierismo, Barocco, Rococò - Giuseppe Nifosì - Editori Laterza
  • Disegno e analisi grafica - Mario Docci - Editori Laterza