Bronzino

Agnolo di Cosimo di Mariano, conosciuto come il Bronzino, nato nei pressi di Firenze l'anno 1503, è stato un pittore raffinatissimo e di grande cultura, esponente del Manierismo, che lavorò per buona parte del XVI secolo.

Nel corso degli anni Trenta del Cinquecento, la città di Firenze, a seguito dell'assalto delle truppe imperiali di Carlo V d'Asburgo, vide il ritorno potere della famiglia Medici nella figura di Cosimo I, figlio del condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Per consolidare il proprio potere, il nuovo duca prestò attenzione all'egemonia militare, alle iniziative in campo diplomatico - sposandosi nel 1539 con Eleonora di Toledo - ma anche alla propria immagine nelle arti, divenendo un colto mecenate consapevole dell'importanza di esprimere la propria grandezza attraverso la bellezza e capace di rafforzare il legame tra l'istituzione ducale e il glorioso passato della città. Per farlo si avvalse dell'opera di Giorgio Vasari, architetto e organizzatore culturale di fiducia, al quale affidò l'incarico di risistemare Palazzo Vecchio a residenza privata e sede del potere, progettando anche il nuovo palazzo ad esso collegato, dove si sarebbero trovati tutti gli uffizi amministrativi e giudiziari, ossia quello che oggi costituisce la Galleria degli Uffizi. Un altro artista a servizio del duca Cosimo fu Benvenuto Cellini, che nell'anno 1554 donò alla città di Firenze uno dei suoi simboli, il Perseo, emblema della politica del duca contro ogni dissidente o nemico della pace.
Come pittore a cui affidare il ricordo del proprio prestigio, Cosimo scelse infine Agnolo Bronzino, di cui bisogna menzionare la serie di magnifici ritratti della famiglia regnante e della corte medicea, visibile agli Uffizi, allusione di quello sfarzo preziosamente ricercato e di quella eleganza insita in chi ha governato con sapienza e valore.

Ritratto di Cosimo I de' Medici in armatura - Bronzino - 1545 - Firenze, Galleria degli Uffizi

A livello artistico, il Cinquecento maturo, dopo gli ineguagliabili traguardi di inizio secolo e sino alla sua conclusione, fu caratterizzato in ambito pittorico dalla ripresa dei due grandi geni del Rinascimento, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio, in quella fase che i manuali sono soliti definire il Manierismo. La sua diffusione avvenne nei principali centri italiani, come Firenze, Roma, Venezia, Parma - una piccola capitale di arte e di cultura dove si incontrano la grazia del Correggio e le eccentriche invenzioni del Parmigianino, coetaneo di Bronzino, - infine Mantova, che vide la presenza stabile di Giulio Romano, uno dei migliori allievi del Sanzio. Le opere manieriste si caratterizzano per una suprema ricercatezza stilistica, in quanto dovevano mostrare di possedere, appunto, la "bella maniera", vale a dire il bello stile.

Vivace intellettuale e appassionato umanista, Bronzino fu studioso di Dante e di Petrarca, sviluppando uno stile pittorico squisitamente poetico, inconfondibile per eleganza, equilibrio compositivo e splendore cromatico. La sua passione per l'Alighieri si può apprezzare nel Ritratto di Dante, databile al 1530, in cui il Poeta ha il viso rivolto verso la montagna del Purgatorio, al cui apice si scorge il Paradiso terrestre. In basso a sinistra vediamo, sotto la protezione della mano destra protesa di Dante, i simboli della città di Firenze, in particolare la cupola di Filippo Brunelleschi, mentre ancora più sotto le fiamme che caratterizzano la cantica dell'Inferno. L'opera, la cui fonte si può rintracciare nelle pagine delle Vite del Vasari - secondo cui il Bronzino ebbe l'incarico di dipingere i ritratti dei tre padri della letteratura italiana, Dante, Petrarca e Boccaccio - appare come la perfetta raffigurazione dell'incipit del Canto I del Purgatorio: «Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di quel secondo regno dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno».

La carriera del Bronzino, «pittore fiorentino veramente rarissimo e degno di tutte le lodi», afferma Vasari, fu piuttosto lunga e la sua vita relativamente tranquilla, metodica, propria di un uomo devoto e laborioso che viveva in famiglia, defilato rispetto ai fasti e agli intrighi della corte per la quale lavorava. Il suo maestro fu il Pontormo, con il quale fu unito da un prolifico legame e, come in ogni rapporto tra allievo e maestro - basti pensare a lo Sposalizio della Vergine di Raffaello e del Perugino - da un momento di confronto in un'opera comune, ossia quattro tondi per la volta della Cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze, raffiguranti gli evangelisti. Due sono stati eseguiti dal Bronzino e due dal Pontormo, tuttavia visitando la cappella risulta difficile distinguere la parte del maestro, probabilmente quella relativa a San Giovanni e San Luca, rispetto a quella dell'allievo, il San Matteo ed il San Marco. Datati attorno al 1525, sono tra i primi lavori del Bronzino, che denotano l'iniziale dipendenza stilistica dal Pontormo.

Per arrivare alla piena autonomia stilistica da parte del Bronzino, bisogna osservare i ritratti che eseguì intorno alla metà degli anni Trenta, come il Ritratto di giovane con liuto, custodito alla Galleria degli Uffizi di Firenze e dipinto nel 1532. Il soggetto indossa un abito scuro, consono, secondo le regole che erano state fissate da Baldassarre Castiglione ne Il Cortegiano, agli uomini distinti ed eleganti, dediti alla nobile disciplina degli studi. Lo sguardo del protagonista è rivolto alla sua sinistra, mentre con la mano destra regge lo strumento musicale. Le mani da musicista sono forti e affusolate, messe in evidenza da una luce che giunge dalla sinistra del ritratto. Sul tavolo a cui si appoggia vi è una piccola scultura, probabilmente una Venere che sta per bagnare il piede in una vasca.

Altro ritratto significativo è quello di Ugolino Martelli del 1537 in cui il soggetto è nuovamente vestito di scuro, essendo un raffinato umanista, qui rappresentato mentre tiene il segno ad una pagina dell'Iliade, di cui ha interrotto la lettura, forse al fine di consultare per qualche chiarimento linguistico il volume di Pietro Bembo che regge tra la gamba e la mano.
La potenza dei ritratti del Bronzino è più che mai evidente in quest'opera, capace di fissare per sempre il ricordo del soggetto raffigurato attraverso l'analisi della sua identità morale e psicologica, e proprio per questo difficilmente dimenticabile dall'osservatore. Si può quasi affermare che, contemplando uno di questi ritratti, si sia potuta conoscere davvero la persona dipinta: «tutti furono naturalissimi, fatti con incredibile diligenza e di maniera finiti, che più non si può disiderare», scrive il Vasari.

Più o meno di questi anni è il bellissimo Noli me tangere, "Non mi toccare", l'istante commovente in cui Gesù, appena risolto, si mostra a Maria Maddalena. La donna, sorpresa nel pianto, riconosce il Signore dopo essere stata chiamata per nome e cerca di abbracciarlo: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma va' dai miei fratelli e dì loro: Sto ascendendo al Padre mio e al Padre vostro, al Mio Dio e al vostro Dio».

Il dipinto, attribuito anche al Pontormo, viene conservato in Casa Buonarroti a Firenze in quanto prende spunto da un cartone michelangiolesco andato perduto. Lo stesso tema torna in un'opera matura dell'artista dalla bellezza cristallina e dall'intenso cromatismo, datata 1561 e custodita al Museo del Louvre di Parigi.

Il successo della produzione ritrattistica del Bronzino era dovuto alla capacità di cogliere con precisione il carattere dei suoi committenti, esaltandone ovviamente i valori morali, senza tuttavia allontanarsi dall'evidenza naturalistica, come mostrano le splendide effigi dinastiche degli Uffizi. Presso la Pinacoteca di Brera di Milano si può osservare invece il Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno, del 1540 circa, in cui l'ammiraglio, signore del mare, è raffigurato come il dio mitologico dei mari, Nettuno, un'immagine che sarà tenuta ben presente da Bartolomeo Ammannati per la fontana collocata in piazza della Signoria, dinanzi a Palazzo Vecchio. Dietro il corpo virile di Andrea Doria si delineano una vela e l'albero maestro di una nave, su cui è inciso il suo nome a lettere dorate. Il protagonista è mostrato fieramente a torso nudo mentre scruta l'orizzonte, come assorto nell'immensità del mare. La lunga barba è un evidente omaggio dell'autore al Mosè di Michelangelo.

Fondamentale per la vita e la carriera del Bronzino fu l'estate del 1539, quando Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo, fece il suo ingresso trionfale a Firenze. Per l'occasione furono chiamati i migliori artisti per celebrare la città, la coppia e la dinastia, tra i quali Francesco Salviati, amico del Vasari, e lo stesso Bronzino.
Nel Ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, realizzato nel 1545 e conservato agli Uffizi, possiamo osservare il volto della duchessa e del suo bambino di due anni, destinato a diventare cardinale, immersi in un fondo blu che è in realtà il cielo di un paesaggio lacustre che si perde all'orizzonte. Colpisce subito la preziosa veste della donna; particolare attenzione viene inoltre data ai suoi gioielli e accessori, come la perla, la doppia collana, gli orecchini e infine la catena d'oro cinta in vita.
Sebbene il dipinto sia un esempio emblematico di ritratto cerimoniale, concepito in modo da esaltare la potenza e soprattutto il rango della duchessa più che il suo carattere, alcuni studiosi hanno provato a leggere alcune emozioni sui volti dei protagonisti, come una certa malinconia nello sguardo di Eleonora o l'irrequietezza del bambino, che appare distratto da qualche diversivo certamente più divertente dello stare in posa.

Nel Ritratto di Giovanni de' Medici bambino, custodito sempre agli Uffizi, vediamo nuovamente il piccolo Giovanni, questa volta all'età di un anno, protagonista del dolcissimo dipinto. Davanti a uno sfondo verde scuro rapiscono la tenerezza del viso, i ricciolini biondi scompigliati ed il vestito rosso, riferimento al suo destino nel mondo ecclesiastico. Nella mano destra tiene in mano un cardellino con cui è intento a giocare, allusione alla Passione di Gesù, in quanto, secondo una leggenda, il piccolo volatile si era procurato la macchia rossa del muso cercando di togliere la corona di spine a Cristo.

Il principe Cosimo fu così colpito dal talento del Bronzino da affidargli il prestigioso incarico di decorare la cappella detta "di Eleonora" a Palazzo Vecchio, vero e proprio scrigno di bellezza. Così il Vasari: «Là dove il Duca, conosciuta la virtù di quest’uomo, gli fece metter mano a fare nel suo ducal palazzo una cappella non molto grande per la detta signora Duchessa, donna nel vero, fra quante furono mai, valorosa, e per infiniti meriti, degna d’eterna lode».

La cappella privata era il luogo destinato alla preghiera e all'adorazione eucaristica. Al centro vi è infatti una pala d'altare rappresentante la Deposizione, che nella posa del corpo morto del Cristo rievoca ovviamente la giovanile Pietà michelangiolesca, datata al 1545 e oggi custodita al museo di Besançon. Nella cappella vi è invece una seconda versione realizzata più avanti sempre dal Bronzino.

Il Bronzino portò a termine la decorazione della cappella in cinque anni. Qui come in tutta la sua produzione i suoi affreschi colpiscono per finitezza, perfezione del disegno e lucentezza dei colori, in particolare i blu lapislazzuli, i rossi e i verdi.

Ancor prima del Vasari il Bronzino fu dunque l'artista prediletto a corte e dello stesso principe, pittore ufficiale della famiglia medicea. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta del XVI proseguì la serie dei ritratti dinastici conservati agli Uffizi per cui è maggiormente ricordato, come per esempio quello di Bia de' Medici, figlia illegittima del duca. La piccola bambina, piena di grazia e tenerezza, morì a soli cinque anni nel 1542, anno nel quale l'artista realizzò l'opera in un omaggio postumo. Ancora una volta notiamo uno sfondo blu nel quale risaltano la brillantezza dei gioielli e la profondità dello sguardo, rivolto, come assorto, verso lo spettatore.

Ancora uno degli otto figli di Cosimo ed Eleonora è rappresentato nel Ritratto di Francesco I de' Medici bambino, datato 1551, caratterizzato dallo sguardo intelligente e malinconico. Si tratta dell'erede al trono, che prese il suo nome per un voto fatto dalla duchessa, molto religiosa, in occasione di un pellegrinaggio al santuario della Verna. I suoi occhi sembrano già rivelare il destino che lo attende, con la morte controversa causata molto probabilmente da avvelenamento.

Nella fase tarda della carriera del Bronzino il duca Cosimo affidò sempre più al Vasari la politica artistica della città, mentre a livello pittorico si ritrova, nei temi religiosi, tutta la speranza che il cristiano ripone nel mistero della morte e resurrezione di Cristo. È il caso della Deposizione del 1565 custodita alla Galleria dell'Accademia e collocata a poca distanza dal meraviglioso David michelangiolesco.

Il corpo privo di vita di Gesù deposto dalla croce e lo sfondo avvolto dall'ombra contrasta con il radioso splendore e la virilità della Resurrezione, pala d'altare della Santissima Annunziata di Firenze.
Bronzino si spense nella sua città nel mese di novembre dell'anno 1572, salutato un ultima volta ai funerali da una moltitudine di gente che lo circondava con affetto, compresi tutti i maestri dell'arte.
I suoi insegnamenti rimasero vivi nell'amato allievo Alessandro Allori, con il quale l'artista aveva stabilito un rapporto simile a quello che in gioventù lo legò al Pontormo, testimonianza dell'eternità dell'arte.

Bibliografia

  • Bronzino - Antonio Paolucci - Giunti
  • Il racconto della pittura italiana. Da Giotto a Caravaggio - Stefano Zuffi - Hoepli
  • Arte in primo piano. Manierismo, Barocco, Rococò - Giuseppe Nifosì - Editori Laterza
  • Manierismo - Andrea Baldinotti - Giunti
  • Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti - Giorgio Vasari - Newton Compton editori