Baldassarre Castiglione

Fra gli innumerevoli ritratti di uomini valorosi dell'età rinascimentale, uno dei più affascinanti è sicuramente quello di Baldassarre Castiglione, realizzato intorno al 1515 da Raffaello Sanzio e custodito al Museo del Louvre di Parigi.
Colpisce subito l'eleganza del soggetto e il suo intenso sguardo rivolto verso lo spettatore. Gli occhi, di un azzurro acceso, denotano una profonda psicologia del personaggio e ci fanno ipotizzare ad un legame di sincera amicizia con l'autore del dipinto. Raffaello, in questa dedica ad un suo caro amico, riuscì ancora una volta ad esprimere un significato che va oltre il semplice ritrarre il proprio modello, dando immagine a ciò che non si può vedere concretamente, come l'intelligenza e la grazia, elementi caratterizzanti della personalità di Baldassarre e della sua opera capolavoro, Il Cortegiano.

Baldassarre indossa un vistoso cappello nero e un abito elegante che lascia intravedere una candida camicia bianca. Al tempo l'abbigliamento aveva un ruolo estremamente importante, vale a dire quello di indicare l'appartenenza ad un determinato ceto sociale; inoltre nell'ambiente di corte bisognava seguire delle norme comportamentali di cui Castiglione parla con precisione nel suo libro, affiancando al buon gusto nel vestire l'eleganza nei modi, l'essere affabili ed amare le arti, avere esperienza nelle armi e saper scrivere dei versi.
Il ritratto evidenzia il nero come nota dominante, colore che si affermò come quello più elegante e consono alle lussuose cerimonie proprio grazie a Baldassarre, il quale impose un modello valido ancora nei nostri giorni.

«Piacemi ancor sempre che [gli abiti del cortigiano] tendano un poco più al grave e riposato, che al vano; però parmi che maggior grazia abbia nei vestimenti il color nero, che alcun altro; e se pur non è nero, che almen tenda al scuro».

Umanista e letterato che soggiornò in varie corti italiane, Baldassar Castiglione nacque nei pressi di Mantova l'anno 1478 e si formò a Milano, frequentando la cerchia di Ludovico il Moro, ricevendo una raffinata istruzione. Soggiornò poi a Mantova presso i Gonzaga e nell'Urbino di Guidobaldo da Montefeltro, figlio del duca Federico da Montefeltro, al tempo una delle città simbolo della cultura rinascimentale dove crebbe anche l'amico Raffaello, di qualche anno più giovane.

Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro - Raffaello Sanzio - 1506 circa - Firenze, Galleria degli Uffizi

La squisita raffinatezza della corte di Federico e di suo figlio Guidobaldo si riflette nella melodiosa precisione e nell'ordine geometrico del Palazzo Ducale, al cui centro si trova il Cortile d'onore, prodigio architettonico di Luciano Laurana. Se il cortile, definito il più bello di tutto il Rinascimento, è il cuore del palazzo, lo stesso si può dire del palazzo per la città. Questo rapporto di stretta connessione rappresenta il fascino della città ducale, come scrisse Baldassarre.

«Federico edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d'ogni opportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva.

La sua attività a corte gli offrì gli spunti per Il Cortegiano, trattato suddiviso in quattro libri che è fondamentale per comprendere i valori della civiltà rinascimentale. L'autore descrive «qual sia la forma di cortegiania più conveniente a gentilomo che viva in corte de' principi, per la quale egli possa e sappia perfettamente loro servire in ogni cosa ragionevole, acquistandone da essi grazia e dagli altri laude; in somma, di che sorte debba esser colui, che meriti chiamarsi perfetto cortegiano, tanto che cosa alcuna non gli manchi».
Il Cortegiano stabilisce quindi le regole comportamentali a cui deve attenersi il gentiluomo di corte nel porsi, nel conversare e nell'apparire. Diversi sono i personaggi dell'ambiente urbinate del tempo che ritroviamo nell'opera, come l'allora duca Guidobaldo e gli intellettuali Pietro Bembo e Bernardo Dovizi da Bibbiena.
Pubblicato nel 1528, la stesura del libro occupò Baldassarre per più di dieci anni, dal 1513 al 1524, anche quando si era recato a Roma a servizio di papa Leone X Medici, mecenate appassionato delle arti e profondo conoscitore del bello in quanto figlio di Lorenzo il Magnifico.
Nel contesto romano ebbe modo di ritrovare alcuni degli amici di Urbino, come Raffaello e il Bembo, ma anche di conoscere molti altri artisti, tra cui Michelangelo Buonarroti. Poté così contemplare la meravigliosa volta della Cappella Sistina appena terminata, assistere alla dipintura delle Logge vaticane da parte di Raffaello e bottega, che definì «la cosa più bella che i moderni abbiano fatto fino ad oggi», partecipare all'inaugurazione degli arazzi raffaelleschi nella Sistina, il tutto mentre proseguiva l'immane cantiere della basilica di San Pietro che oggi conosciamo.

Ritratto di Leone X - Raffaello Sanzio - Firenze, Galleria degli Uffizi - 1518

La figura di Baldassarre compare anche nel cuore dei Palazzi Apostolici, in quella che era la biblioteca privata del predecessore di papa Leone, Giulio II della Rovere, dove si trova uno dei capolavori assoluti della storia dell'arte: la Scuola di Atene.

L'omaggio all'amico da parte del Sanzio si può scorgere nel gruppo di destra, vicino all'autoritratto dell'artista, dove, fra i più grandi pensatori di ogni epoca, compare anche Baldassarre nelle vesti dell'astronomo Zoroastro, che tiene in mano un globo celeste. Di fronte a lui Tolomeo, di spalle, che regge un globo terracqueo.

Rimasto vedovo nel 1521, visse un periodo di incertezze anche a causa della scomparsa nello stesso anno di Leone X, che si aggiunse all'amico Raffaello, venuto a mancare nel 1520 a soli trentasette anni. Al soglio petrino salì Adriano VI, uomo insensibile all'arte, ma il suo pontificato durò meno di un anno. Tutto cambiò quando fu eletto papa Clemente VII, figlio di Giuliano de' Medici, che nominò Baldassarre nunzio apostolico.

Ritratto di Clemente VII - Sebastiano del Piombo - 1531 circa

Con il prestigioso ruolo di rappresentante pontificio poté recarsi in Spagna, a Madrid, inviato dal papa alla corte dell'imperatore Carlo V.
Quando Baldassarre trovò la morte nel 1529, lo stesso imperatore, nell'elogio funebre, lo definì come uno dei migliori cavalieri del mondo.
La madre, ormai anziana, decise di trasferire la sua salma a Mantova e di collocarla, seguendo la volontà testamentaria del figlio, accanto a quella della moglie presso il santuario di Santa Maria delle Grazie, alle porte della città. Il mausoleo fu progettato da un allievo di Raffaello, Giulio Romano, ormai già celeberrimo nella corte dei Gonzaga.

Leggi anche: