Michelangelo Buonarroti

Come può esser ch’io non sia più mio?
O Dio, o Dio, o Dio,
chi m’ha tolto a me stesso,
c’a me fusse più presso
o più di me potessi che poss’io?
O Dio, o Dio, o Dio,
come mi passa el core
chi non par che mi tocchi?
Che cosa è questo, Amore,
ch'al core entra per gli occhi,
per poco spazio dentro par che cresca?
E s’avvien che trabocchi?

La sensazione straordinaria di quando ci si innamora in cui si avverte che la nostra vita dipende totalmente da un'altra persona, quando capiamo di non bastare a noi stessi, che da soli non siamo più completi. L'amore come sentimento che divampa inesorabile nel nostro cuore, talmente possente da privarci da noi stessi, al punto da non capire più chi siamo. L'amore spaventoso e totalizzante così vicino al divino, scintilla posta nel cuore di ogni uomo per renderlo eterno. L'amore che è il motivo conduttore di tutte le opere e della vita del tenebroso Michelangelo, da quello passionale di chi scopre l'esperienza dell'innamoramento a quello altissimo e puro di una madre per il figlio, sino a quello di Dio per l'uomo.
Iniziare a parlare di Michelangelo con dei versi può apparire strano, ma egli nel suo genio assoluto, che lo ha reso, insieme a Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio, la più grande figura del Rinascimento e della nostra storia dell'arte, è stato anche un poeta, ed è proprio dalle sue parole che ci si può accostare ad un'anima così complessa e meravigliosa, scrutando nei propri pensieri. Scriveva nel 1555 in una lettera all'amico Giorgio Vasari: «Messer Giorgio, io vi mando dua sonecti; e benché sien cosa scioca, il fo perché veggiate dov'io tengo i mie pensieri». L'anima di Michelangelo, da sempre vista come tenebrosa e schiva si apre al lettore in tutta la sua inquietudine spirituale, con una sottile malinconia, in un genere, quello poetico, a cui l'artista ha dedicato gran parte della sua straordinaria esistenza.
La poesia michelangiolesca è caratterizzata dall'immediatezza e dalla potenza espressiva, sincera trasposizione poetica della propria biografia. Il suo accostarsi alla poesia si basò sin da giovane alla lettura dei grandi poeti volgari della tradizione trecentesca, primi tra tutti Dante e Francesco Petrarca, ma in seguito anche Lorenzo de' Medici, Agnolo Poliziano e Luigi Pulci, letterati che ebbe modo di conoscere frequentando la nobile cerchia del signore di Firenze.
Dante fu certamente una figura determinante nella vita e nell'opera di Michelangelo, non solo quella poetica, ma anche in quella artistica, basti pensare al Giudizio universale. Il Buonarroti nutriva una profonda ammirazione verso Dante, tenendo sempre con sé la Divina Commedia per trarre ispirazione nei suoi dipinti, nelle sue sculture, come nel caso della Pietà, la più alta e nobile opera che mai abbia creato mano umana, la cui morbidezza, da lasciare senza fiato l'osservatore, si può ritrovare solo nelle opere di un altro genio, Gian Lorenzo Bernini, che un secolo più tardi si impose insieme a Michelangelo come il più grande scultore nel panorama artistico mondiale.

La Pietà, conservata nella basilica di San Pietro, rappresenta il momento della morte di Gesù, disteso sulle gambe della Madonna, e l’Amore della Madre di tutte le madri, la donna che Dio scelse per dare alla luce l’unico Figlio, opera: «di tanta e così rara bellezza, che nessun la vede che dentro a pietà non si commuova», dichiara Ascanio Condivi, allievo e biografo di Michelangelo. Il viso di Maria è segnato dal dramma della perdita del figlio, tuttavia si nota la straordinarietà della delicatezza di lineamenti che caratterizzano il suo volto; è una ragazza giovane, come quando concepì Cristo. I critici d’arte del tempo non capivano il perché la Madonna sembrasse più giovane di suo figlio; Michelangelo rispose che la santità, la castità e l’assenza di peccato preservano la giovinezza, citando inoltre i versi di Dante del Canto XXXIII del Paradiso:
«Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che 'l suo Fattore non disdegnò di farsi sua fattura».

Questa scultura non ha bisogno di commenti; è capace di spiegare l'Amore attraverso uno sguardo, l'Infinito con un sospiro: è l'emblema della grandezza dell'arte. Così Vasari nelle Vite: «Non pensi mai scultore, né artefice raro potere aggiugnere di disegno, né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelagnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte».

Scolpita a soli ventiquattro anni, per quest'opera Michelangelo si recò personalmente a Carrara per scegliere il marmo più bello e adatto, in quella che è probabilmente la statua a cui fu più affezionato, tanto da essere l'unica in cui volle porre la propria firma, sulla fascia a tracolla che regge il manto della Vergine. «Quel tipo di bianco, io, non lo avevo mai visto nella pietra, il marmo più bello del mondo, da sempre e per sempre. Ci misi giorni a scegliere il materiale più puro, che sembrava essere stato creato apposta da Dio per me, per le mie mani, che ne facessero opere eterne».

Continua Vasari: «Ci si meraviglia che una mano umana abbia potuto fare in così poco tempo cosa sì mirabile e divina. Certo è un miracolo che un sasso, da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione che la natura, a fatica, suol formare nella carne».

Con opere come la Pietà vaticana, il David, la cupola di San Pietro e gli affreschi della Cappella Sistina, Michelangelo ha toccato vette artistiche che mai potranno essere superate, traguardi inarrivabili che nessun altro ingegno potrebbe anche solo concepire.
L'arrivo a Roma alla corte di Giulio II, la competizione con il più giovane Raffaello, il culmine della propria esistenza con il capolavoro del progetto della cupola di San Pietro, vertice della cristianità; tutto questo ha le fattezze dello straordinario, di un progetto divino in cui la Chiesa doveva rinascere in tutto il suo splendore, mostrando la sua grandezza a tutto il mondo attraverso le opere artistiche, attraverso un'epoca meravigliosa, che segnava la fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna: il Rinascimento.

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