Santi di Tito

Attivo nella seconda metà del Cinquecento, Santi di Tito fu un pittore fiorentino nato nell'anno 1536. Suo padre era originario di Borgo Sansepolcro, luogo che a inizio Quattrocento aveva dato i natali a Piero della Francesca. Proprio di quest'ultimo, figura fondamentale per la nostra storia dell'arte rinascimentale, Santi di Tito realizzò uno dei rarissimi ritratti che permettono di ricostruire il viso del grande artista, oggi custodito al Museo Civico di Sansepolcro.

Formatosi a Firenze, in contatto con il Bronzino e lo scultore Baccio Bandinelli, intorno al 1558 si recò a Roma e qui vi rimase sino al 1564 per contemplare le opere straordinarie di Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti. Raffaello al tempo era già morto da molti anni, mentre Michelangelo aveva da poco concluso i suoi ultimi capolavori pittorici, vale a dire gli affreschi della Cappella Paolina ed era ora impegnato nell'impresa del progetto per la cupola della basilica di San Pietro.
Quando il Buonarroti si spense nell'anno 1564, Santi di Tito, insieme ad altri artisti tra cui Alessandro Allori, partecipò all'allestimento per le sue onoranze funebri.
La città papale permise al giovane pittore di collaborare ad alcuni importanti lavori, come per esempio la decorazione della casina di Pio IV nei giardini Vaticani, edificata da Pirro Ligorio, a cui si dedicarono anche Federico Zuccari e Federico Barocci.

Una volta tornato a Firenze si occupò, insieme ad altri artisti guidati da Giorgio Vasari, della decorazione dello Studiolo di Francesco I a Palazzo Vecchio, ma anche di alcuni dipinti di notevole importanza.
Un esempio è la Resurrezione della basilica di Santa Croce, in cui è ancora evidente l'influenza pittorica romana, come nella figura del Cristo, che ricorda il Trasfigurato raffaellesco, ma anche nel giovane di spalle con le braccia aperte in un gesto di spavento e stupore che sembra richiamare i personaggi atletici e vigorosi della Crocifissione di San Pietro del Michelangelo della Cappella Paolina.

Nella medesima chiesa si può osservare anche una suggestiva Cena in Emmaus, del 1574, che dovette certamente ispirare il giovane Caravaggio durante il suo breve passaggio da Firenze quando si recava da Milano a Roma, come si può notare nell'omonima composizione di Brera.

La concitazione della scena della Resurrezione lascia spazio al recupero della semplicità compositiva tipica del primo Cinquecento fiorentino e dunque ad una più intima riflessione religiosa nella Resurrezione di Lazzaro del 1576, custodita nella basilica di Santa Maria Novella.

Dello stesso periodo e di simile composizione è l'Incredulità di San Tommaso del Duomo di Sansepolcro, un luogo che è un vero e proprio scrigno di tesori del nostro Rinascimento, dove si possono trovare, oltre a questa bellissima pala dall'altissimo significato, l'Ascensione di Pietro Perugino, una Crocifissione di Bartolomeo della Gatta e una Resurrezione di Raffaellino del Colle.

Sempre dell'artista è anche il celebre Ritratto di Niccolò Machiavelli, conservato al Museo di Palazzo Vecchio e realizzato a seguito della morte del politico e scrittore fiorentino autore de Il principe, il quale guarda dritto negli occhi l'osservatore con il volto caratterizzato da un enigmatico sorriso.

Il percorso si conclude con un'opera della maturità artistica di Santi di Tito, datata 1593, la quale presenta un'incredibile invenzione pittorica. È la Visione di San Tommaso d'Aquino della basilica di San Marco di Firenze, nella quale il religioso, inginocchiato al cospetto di un dipinto della Crocifissione, assiste al prendere vita miracoloso della tela. Si nota infatti che il Crocifisso si protende al di fuori della cornice della pala d'altare, così come la Vergine e gli altri personaggi.

Santi di Tito si spense nel 1603 a Firenze, nominando come eredi i suoi cinque figli maschi che ne proseguirono l'opera.