Federico Zuccari

La carriera artistica di Federico Zuccari, insieme a quella del fratello Taddeo, si inserisce nel contesto del manierismo tardo cinquecentesco e, più precisamente, nel clima della Controriforma, quando a seguito delle regole stabilite dal Concilio di Trento la pittura, così come le altri espressioni umanistiche, dovette adattarsi ad uno stile finalizzato all'insegnamento morale, in modo da riavvicinare i fedeli al cattolicesimo, con l'arte che assunse una vera e propria funzione propagandistica.
Chiaro esempio di questo clima controriformistico fu l'ambito pittorico lombardo, segnato dalla virtuosa figura di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1565 al 1584, determinante nell'esperienza artistica locale. I pittori, grazie al suo esempio, si fecero portavoce di modelli edificanti e di un profondo senso di religiosità, ponendo l'attenzione ad un realismo vicino al quotidiano e dunque lontano dal manierismo più accademico e lezioso, caratteristiche con cui si formerà il giovanissimo Caravaggio, che diverrà il precursore del Barocco, ma di cui Zuccari, pittore accademico, condannerà lo stile indecoroso e ribelle. La pittura accademica e il dipingere "di maniera", si contrapponevano infatti al naturalismo seicentesco e al lavorare "di naturale". 
Per arte manierista si intende l'imitazione dei due grandi geni del Rinascimento che avevano cambiato per sempre la storia dell'arte, stabilendo uno stile che si è solito definire "classicismo", vale a dire Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio. Se inizialmente, attingendo dalle meravigliose pagine delle Vite di Giorgio Vasari, il termine "manierismo" aveva un significato positivo - inteso come imitazione della bella "maniera", ossia di un bello "stile", attraverso l'ispirazione dei modelli classici cinquecenteschi - nei secoli successivi assunse un'accezione negativa perché considerato un'imitazione arida e ripetitiva delle forme altrui, senza apportare alcune novità sul piano stilistico. Principali centri italiani di diffusione della corrente manierista furono le città dove si trasferirono gli allievi del Sanzio a seguito dello sconvolgimento generato dal Sacco di Roma nel 1527, tra cui Mantova, presso la cui corte Giulio Romano trovò un luogo ideale per esprimere il proprio stile grazie al mecenatismo dei Gonzaga, oppure Genova, dove si recò Perin del Vaga. Vanno poi ricordate la Firenze del Vasari e, in parte, di Zuccari, e la Roma dei cantieri per la basilica di San Pietro, nonché per le innumerevoli opere pubbliche avviate ad inizio secolo e in attesa di essere portate a conclusione, alle quali si aggiunsero i radicali interventi urbanistici voluti da papa Sisto V.

Taddeo Zuccari copia i nudi del Giudizio universale di Michelangelo - Federico Zuccari - 1590 circa -
Firenze, Gabinetto dei disegni e delle stampe.

Roma e Firenze furono le città nelle quali Federico Zuccari ebbe modo di esprimere il proprio talento, lavorando in luoghi fra i più significativi a livello artistico e religioso, come la Cappella Paolina in Vaticano e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Trasferitosi nell'Urbe dal Ducato di Urbino, dove nacque nel 1539, Zuccari seguì il fratello maggiore Taddeo, pittore già affermato che però morirà precocemente.
Tra i primi interventi romani di Zuccari bisogna ricordare le decorazioni della casina di Pio IV nei giardini Vaticani, luogo adibito al riposo estivo del pontefice progettato dall'architetto Pirro Ligorio, ai cui affreschi interni si dedicarono anche il giovane Federico Barocci e Santi di Tito. L'artista sostituì poi il fratello nei lavori presso la villa Farnese di Caprarola, fastosa residenza suburbana della nobile famiglia, in provincia di Viterbo, edificata da Jacopo Barozzi da Vignola.
L'occasione più importante per Federico Zuccari arrivò però sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni, che decise di proseguire gli interventi nella Cappella Paolina, dove Michelangelo aveva lasciato le sue ultime due prove pittoriche, ossia gli affreschi delle pareti laterali con gli episodi della Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Zuccari si trovò così a lavorare nel cuore della cristianità, confrontandosi direttamente con il maestro dei maestri.
Bisogna immaginarsi l'emozione del pittore nel giungere in un luogo tanto eminente, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, nato come cappella privata di Paolo III Farnese e rimasto sino ai nostri giorni ad utilizzo esclusivo del solo sovrano pontefice. La Paolina si raggiunge, salendo la Scala regia di Gian Lorenzo Bernini, attraverso la Sala Regia, un salone d'onore ornato di eleganti decori e pitture, destinato ad accogliere gli ospiti giunti in visita dal papa, che separa la cappella "magna" e la cappella "parva", la Cappella Sistina e la Paolina appunto.
Scrive l'illustre scrittore e viaggiatore francese Stendhal in Passeggiate romane«Uno scalone oscuro e bellissimo, situato in fondo al porticato di San Pietro, conduce all'ingresso del Vaticano; splendidamente illuminato durante la settimana santa, è deserto per il resto dell'anno. Suonate ad una porta di legno, tutta tarlata, e dopo buoni dieci minuti viene ad aprirvi una vecchia; vi trovate in un'immensa anticamera, la Sala reale, che serve da vestibolo alla cappella Sistina e a quella Paolina.
Là sono alcuni grandi affreschi che rappresentano fatti memorabili della storia dei papi; per esempio Carlomagno che firma la famosa donazione alla Chiesa romana, di Zuccari, e l'Assassinio dell'ammiraglio Gaspard de Coligny, di Vasari, che in realtà è la notte di San Bartolomeo».

Al di sotto della raffinatissima volta, opera di Perin del Vaga, e degli stucchi di Daniele da Volterra, che circondano il perimetro del soffitto con una serie di bellissimi nudi, omaggio all'anatomia michelangiolesca della Sistina, troviamo dunque, come spiega Stendhal, alcune raffigurazioni delle glorie politiche e militari della Chiesa. Tra esse spiccano alcune scene del Vasari e dei fratelli Zuccari. Se la scena raffigurante Carlo Magno, citata dallo scrittore francese, è infatti opera di Taddeo, Federico si occupò del dipinto Enrico IV penitente ottiene l'annullamento della scomunica da papa Gregorio VII., posto proprio sulla destra del portone da cui si accede alla Paolina, sotto il cui timpano, lungo il fregio, si legge il nome di papa Paolo III.

Varcando l'ingresso della cappella, quello che si trova è uno scrigno di tesori ovunque si volga lo sguardo, con l'apice che è raggiunto dai due lavori del Michelangelo freschista, ormai settantenne, della cui celeberrima produzione rappresentano per così dire un inedito in quanto la cappella è esclusa dal normale percorso di fruizione dei Musei Vaticani.
Venuto a mancare Paolo III alla fine dell'anno 1549, l'impresa di decorazione rimase interrotta, sebbene i due affreschi del Buonarroti fossero ormai conclusi, ma sotto il pontificato di Gregorio XIII si decise di completare la cappella e l'arduo compito di confrontarsi con il genio michelangiolesco spettò a Federico Zuccari, affiancato dal bolognese Lorenzo Sabatini. Gran parte delle opere, compresa la volta, sono tuttavia dello Zuccari a causa della prematura scomparsa di Sabatini.

Il merito maggiore dei due artisti scelti dal papa fu sicuramente quello di adattare il proprio stile a quello michelangiolesco, proseguendo le scene per disposizione e colori, conferendo all'intero luogo una sensazione di omogeneità ed armonia, riuscendo nell'impresa di mettere in risalto i due grandi murali del Buonarroti.

Forse il dipinto più suggestivo, dello Zuccari, è la Liberazione di San Pietro che si trova sopra l'ingresso, straordinario omaggio all'omonimo soggetto del Raffaello delle Stanze.

Se a Roma Zuccari aveva in qualche modo proseguito e ultimato le opere pittoriche di Michelangelo, a Firenze invece - dove comprò e visse in quella che era stata la casa di Andrea del Sarto, di cui fu ammiratore, - portò a termine il capolavoro di Giorgio Vasari, un artista forse più noto come biografo, ma capace di dipingere l'interno della cupola di Santa Maria del Fiore, concludendo degnamente, per volere di Cosimo I de' Medici, l'audace struttura architettonica di Filippo Brunelleschi.
Venuto a mancare il Vasari, l'incarico passò come detto allo Zuccari, che in questo disegno da lui realizzato, oggi al Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi, si ritrae in atto di discutere riguardo al programma decorativo, che per tema avrebbe avuto il Giudizio finale. Sullo sfondo si vede la cupola, mentre in primo piano, assopito, compare il Vasari, affaticato da una lunga esistenza al servizio dei maggiori committenti del suo tempo.

Originariamente l'interno della cupola era previsto a mosaico, soluzione presto abbandonata per motivi legati alla stabilità e ai costi elevati. Alla morte del Vasari era stato completato solo il registro più piccolo, situato sulla sommità dell'enorme calotta, al di sotto della lanterna, così anche in questo caso l'opera è da attribuire in buona parte allo Zuccari, che impiegò cinque anni per ricoprire interamente l'immane superficie. Nei registri sottostanti, che ripetono la forma ottagonale dell'oculo, una moltitudine di figure affollano la composizione; da una parte si vede la figura di Satana, alta più di otto metri, a cui si contrappone un glorioso Cristo in trono circondato dalla Vergine, i santi e gli eletti. Fra questi si riconoscono personaggi contemporanei, come i mecenati medicei, ma anche l'autoritratto dello Zuccari a fianco di amici, parenti e lo stesso Vasari, che l'artista, a testimonianza della propria sensibilità, non si dimenticò di omaggiare.

Un'ultima opera nella carriera di Federico Zuccari - decisamente più piccola ma degna di nota in quanto collocata in uno dei luoghi più importanti della cristianità e della storia dell'arte - è la pala Sant'Agata visitata in carcere da San Pietro, custodita nel Duomo di Milano, squisitamente elegante e solenne per dolcezza emotiva e significato teologico.

La pittura chiara e facilmente leggibile, ma allo stesso tempo connotata da un vivo cromatismo, doveva soddisfare i dettami controriformistici del prestigioso committente, il cardinale Federigo Borromeo, cugino di San Carlo, grande conoscitore della pittura romana. Non è un caso infatti se nell'ottava campata della navata di sinistra della cattedrale si trovi una pala del Barocci, protagonista della Controriforma con uno stile non lontano da quello dello Zuccari, come si può facilmente osservare nell'altare laterale della sesta campata di destra, dove si trova la tela raffigurante Sant'Agata, in un confronto milanese così lontano dai consueti siti di committenza e di lavoro dei due pittori.
Il dipinto dello Zuccari è ambientato nella penombra di un carcere, rischiarato solo dalla fiaccola retta da un grazioso bambino posto in primo piano e dallo scorcio di cielo che si staglia in alto, dove vediamo un corteo di teneri putti a cui la santa volge lo sguardo. San Pietro reca con se l'eucarestia per donare alla giovane martire il conforto autentico, quello morale, in grado di lenire le sofferenze fisiche causate dall'amputazione dei seni a seguito del rifiuto della santa di abiurare la propria fede.

Note

La fotografia della cupola del Duomo di Firenze è stata scattata nell'aprile 2023, mentre quella della Pala di Sant'Agata nel Duomo di Milano nel maggio 2023.

Bibliografia

  • Arte in primo piano. Manierismo, Barocco, Rococò - Giuseppe Nifosì - Editori Laterza
  • Federico Zuccari. La pala di Sant'Agata - Veneranda Fabbrica del Duomo
  • Passeggiate romane - Stendhal - Garzanti
  • Vasari - Claudia Conforti; Francesca Funis - Giunti
  • Caravaggio. Gli anni giovanili - Rodolfo Papa - Giunti