Raffaellino del Colle

In un piccolo comune in provincia di Arezzo chiamato Borgo Sansepolcro, al confine con Umbria e Marche, nacque alla fine del Quattrocento Raffaellino del Colle, uno degli allievi più fedeli e raffinati di Raffaello Sanzio, come si evince già dal suo nome.
Sansepolcro, vero e proprio gioiello rimasto ancora come ai tempi del Rinascimento, aveva dato i natali a inizio secolo anche a Piero della Francesca, pittore in grado di rivoluzionare per sempre la storia dell'arte.

Nato intorno al 1495, Raffaello di Michelangelo di Francesco, questo era il suo vero nome, inizialmente chiamato "del Colle" o "del Borgo" quando lavorava nei pressi del luogo di nascita, assunse il diminutivo con cui è ricordato dopo essere entrato a far parte della bottega del Sanzio, di cui fu uno degli ultimi allievi diretti.
Lavorò sotto la sua direzione presso la meravigliosa villa lungo il Tevere del ricco banchiere senese Agostino Chigi: la Farnesina. L'edificio doveva essere diretta emanazione del suo potere e le decorazioni un omaggio all'amata che stava per prendere in sposa, per questo decise di affidare il progetto all'architetto Baldassarre Peruzzi, suo concittadino, e i disegni alla bottega più prestigiosa dell'epoca, quella di Raffaello.

I festoni carichi di frutti e vegetazione che fanno da contorno alle scene, tratte dalla favola di Amore e Psiche di Apuleio, sono di Giovanni da Udine e rappresentano uno dei primi esempi del genere della natura morta. Il risultato è un ambiente che sembra una prosecuzione del giardino antistante, che al tempo si affacciava direttamente sul Tevere.
Le figure sono in gran parte di Giulio Romano, ma vi lavorarono anche Giovan Francesco Penni e Raffaellino, sebbene in piccola parte. Il suo contributo si può vedere in Venere e Amore, testimonianza della sua grande capacità di imitare lo stile dolce ed elegante del maestro.
L'opera riassume bene l'idea che Raffaello aveva di bottega, luogo nel quale gli allievi migliori, sotto la supervisione del maestro, potevano lavorare non solamente a semplici dettagli, ma dipingere intere parti in completa autonomia.

A seguito della scomparsa di Raffaello divenne collaboratore di Giulio Romano, partecipando alla decorazione della Sala di Costantino, l'ultima delle quattro Stanze Vaticane, per la quale l'Urbinate aveva lasciato i cartoni preparatori.
Con il Sacco di Roma del 1527 fece ritorno a Sansepolcro, dove ancora oggi si possono osservare alcune sue opere. Una è la Resurrezione che si trova nel Duomo della città, in cui Cristo, vittorioso della morte, esce glorioso dal sepolcro per lo stupore dei soldati, accecati dal Suo splendore.
La chiesa custodisce altri preziosi tesori di pittura rinascimentale, tra cui l'Ascensione di Cristo di Pietro Perugino, una Crocifissione di Bartolomeo della Gatta. e l'Incredulità di San Tommaso di Santi di Tito.

Nel Museo Civico di Sansepolcro si trova invece l'Incoronazione della Vergine, una bellissima pala d'altare suddivisa in due parti come tipico della scuola di Perugino e, dunque, di Raffaello. In basso è il sepolcro vuoto, attorno al quale vi sono i dodici apostoli, mentre in primo piano vediamo a sinistra San Francesco, con lo sguardo rivolto al cielo, e a destra Maria Maddalena. Questa figura affascinante, rivolta verso lo spettatore e dalle vesti rigonfie, appare come un omaggio al Raffaello della Velata. Nella parte superiore la Vergine, assunta in cielo e circondata da una moltitudine di angeli festanti, viene incoronata.

Facendo ritorno a Roma, presso la Galleria Borghese, si può osservare una dolcissima Madonna con Bambino e San Giovannino, inizialmente attribuita a Giulio Romano. Lo sguardo di Maria e i sorrisi tra i due bambini, simili per intensità alla Madonna del Cardellino degli Uffizi, sono la sintesi perfetta della squisita raffinatezza di Raffaellino, certamente una delle personalità più interessanti tra quelle formatesi nella bottega del Sanzio.
L'artista si spense a Sansepolcro nell'anno 1566.


Scritto in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello (1520-2020).