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DI MARCO CATANIA

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Antonio da Sangallo

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Ritratto di Antonio da Sangallo - Iacopino del Conte - 1542 circa

 

 

 

Il quale nella architettura fu tanto illustre e mirabile et in ogni sua opera considerato sì, che per le sue fatiche merita non minor fama di qualsivoglia architetto antico o moderno, considerando quanto di valore e di grandissimo animo fosse.

Con queste parole di ammirazione il critico aretino Giorgio Vasari presenta nelle Vite la biografia di Antonio da Sangallo il Giovane, sottolineando l'importanza dell'operato e delle spiccate qualità umane di un artista, nato nel 1484, proveniente da una celebre famiglia di architetti fiorentini, nipote di Giuliano da Sangallo e Antonio da Sangallo il Vecchio, nonché cugino dello scenografo Bastiano da Sangallo.
Formatosi nella bottega di famiglia, nel 1503 si trasferì ancor giovane a Roma a seguito dello zio Giuliano, il quale era stato chiamato da papa Giulio II Della Rovere per lavorare a corte. Figura fondamentale di mecenate per l'arte rinascimentale, il pontefice decise di iniziare i lavori di costruzione della Basilica di San Pietro che oggi possiamo contemplare, demolendo l'antica basilica costantiniana. Per un progetto tanto ambizioso decise di avvalersi dei migliori artisti dell'epoca, denotando un'eccezionale sicurezza nella scelta degli operatori.
La direzione dei lavori fu affidata a Donato Bramante, il quale vinse il confronto con Giuliano da Sangallo, che era stato l'architetto prediletto di Lorenzo il Magnifico, ma che ormai rappresentava una tradizione architettonica ritenuta superata.
Giuliano fece allora ritorno, deluso, a Firenze, mentre il nipote Antonio rimase nella città eterna studiando le soluzioni del Bramante, col quale poté cominciare a collaborare nel cantiere petrino.
Cresciuto artisticamente, ebbe poi modo di elaborare i suoi primi progetti autonomi, come la Chiesa di Santa Maria di Loreto - situata nel centro storico di Roma, vicino alla Colonna Traiana - caratterizzata da una semplice pianta quadrata, espressione di quella sobrietà formale tipicamente fiorentina, e dall'elegante cupola che si eleva su un tamburo ottagonale.

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La Chiesa di Santa Maria di Loreto in un'incisione di Giovanni Battista Falda.

Nell'anno 1513 venne a mancare papa Giulio II, a cui successe Leone X, figlio di Lorenzo de' Medici. L'anno seguente si spense anche il Bramante e così Giuliano da Sangallo, favorito dall'ascesa al soglio petrino di una papa mediceo, poté finalmente tornare a Roma e partecipare ai lavori della tanto ambita fabbrica di San Pietro, affiancando però un giovane artista che, sebbene avesse solamente venticinque anni, era già considerato lo stupore del secolo, vale a dire Raffaello Sanzio da Urbino.
Ottenuta finalmente la carica a cui aveva dovuto rinunciare in favore di Bramante, Giuliano da Sangallo si spense però nel 1516; lo stesso Raffaello non visse a lungo, stroncato dalla malattia nel 1520, quando era ancora nel fiore degli anni, salutato per l'ultima volta dall'intera corte pontificia, commossa nell'assistere all'improvvisa scomparsa di un genio capace di capolavori quali le Stanze.
Il susseguirsi di lutti, che caratterizzò una fase di rallentamento del cantiere, favorì Antonio da Sangallo, chiamato ad assumere la carica di primo architetto della Basilica di San Pietro, coadiuvato da Baldassarre Peruzzi, celebre per aver progettato la bellissima villa lungo il Tevere del ricco banchiere Agostino Chigi: la Farnesina.
I lavori subirono tuttavia una nuova e brusca interruzione a causa del Sacco di Roma nel 1527, regnante papa Clemente VII Medici, ad opera dei lanzichenecchi di Carlo V.
Quando nel 1536 morì anche il Peruzzi, l'allora pontefice Paolo III Farnese confermò come unico architetto della basilica Antonio da Sangallo, a cui fu assegnata anche la realizzazione della Sala Regia - che serviva al papa per ricevere gli ospiti illustri giunti ad omaggiarlo - e la Cappella Paolina, luogo privato e di preghiera adibito invece esclusivamente al successore di Pietro.

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Ritratto di Paolo III - Tiziano - 1543

Il Sangallo seppe sfruttare dunque il particolare momento attraversato dalla città papale in quegli anni, in cui si apriva la strada per una nuova generazione di artisti, molti dei quali, però, si allontanarono da Roma a seguito del Sacco, cercando protezione e committenze presso le varie corti italiani, come per esempio Giulio Romano, il migliore allievo di Raffaello, ma anche Iacopo Sansovino, entrambi potenziali rivali per San Pietro.
Così, circondandosi di validi collaboratori e formando una bottega ben organizzata, il Sangallo si apprestò a disegnare i suoi progetti per la basilica, certamente favorito dalla figura di Paolo III, che lo nominò architetto di tutte le fabbriche pontificie, dopo che qualche anno prima, quando era ancora cardinale, gli aveva affidato la costruzione di Villa Farnese a Caprarola, in provincia di Viterbo, residenza gentilizia che verrà portata a termine dopo la morte del Sangallo da Jacopo Barozzi detto il Vignola.

Interessante è capire il progetto che il Sangallo concepì per la Basilica di San Pietro, opera che non poté concludere a causa della sua morte avvenuta nel 1546, ma che risulta in un certo senso compiuta, sebbene solamente in miniatura, in un modello ligneo tuttora conservato e tra i più grandi e costosi mai costruiti, minuzioso e dettagliato manufatto artistico che ci permette di avere una chiara idea di come sarebbe potuta essere la più importante chiesa del mondo.

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Fu un piccolo capolavoro non esente però da critiche, in quanto con la stessa somma di denaro si sarebbe potuto costruire una chiesa di modeste dimensioni. Il progetto sangallesco denotava inoltre, nonostante l'aspetto colossale, problemi legati all'illuminazione, nonché una certa freddezza che lo rendeva una basilica dagli aspetti nordici piuttosto che classica e tipicamente rinascimentale, come la descrive Michelangelo: «cieca di lumi e che aveva di fuori troppi ordini di colonne, l'un sopra l'altro, e con tanti risalti, aguglie e tritumi di membri, teneva molto di più dell'opera todesca che del buon modo antico e della vaga e bella maniera moderna».
Il Sangallo propose una sintesi tra il modello a pianta centrale di Bramante e quello a pianta longitudinale di Raffaello e dello zio Giuliano, con la presenza ai lati della facciata di due campanili aspramente criticati da colui che divenne il suo successore nella fabbrica, Michelangelo Buonarroti, al quale si deve il progetto che oggi ammiriamo, ultimato poi da Carlo Maderno.

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Le due imponenti torri campanarie risultano effettivamente sgraziate, tanto da declassare l'enorme cupola al ruolo di comprimaria. Il Sangallo, pur dotato di eccezionali conoscenze tecniche nel campo delle costruzioni, mancò infatti di inventiva artistica, incapace di pensare su scala grandiosa alla Bramante e privo di quelle innate capacità che possedeva il Buonarroti, il quale riuscì a conciliare qualità estetiche ad esigenze e difficoltà realizzative, modificando radicalmente il progetto del Sangallo.

L'opera più significativa di Antonio da Sangallo rimane probabilmente Palazzo Farnese, il più monumentale dei palazzi romani rinascimentali, sebbene alla sua morte erano stati completati solo il piano terra ed il primo piano. Destinato all'allora potente cardinale Farnese, futuro Paolo III, anche questo progetto fu poi ultimato da Michelangelo.
Nel primo registro le finestre sono inserite in cornici rettangolari, mentre nel piano superiore hanno frontoni alternativamente triangolari e curvi sostenuti da colonne. Il livello più alto fu invece aggiunto più tardi e con stile differente. Di notevole raffinatezza è l'atrio d'ingresso, coperto nella zona centrale da una bellissima volta a botte cassettonata, che conduce al cortile, affiancata da due corridoi sorretti da eleganti colonne doriche. La concezione del palazzo fu determinante per il modo di progettare in futuro la residenza nobiliare, aprendo la strada ad una svolta decisiva nel linguaggio architettonico.

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Palazzo Farnese in un'incisione settecentesca di Giovanni Battista Piranesi.

Negli ultimi anni della sua vita il Sangallo subentrò al Sansovino nei difficili lavori per la Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, situata in una posizione angusta nei pressi del Tevere, poco distante da Ponte Sant'Angelo.
Recatosi a Terni per motivi legati a committenze, vi venne a mancare nel 1546 e il suo corpo fu ricondotto solennemente a Roma per essere sepolto, come ricorda Vasari: «De la qual cosa infinito dolore sentirono i prossimi e gli amici suoi, et universalmente tutte le fabbriche, le quali per il vero ne hanno patito. Come il palazzo di Farnese, vicino a Campo di Fiore dove, essendo state poi rifatte le scale et alcuni palchi fuori del primo disegno, non parrà mai unito il tutto, né di una medesima mano. Similmente San Pietro et altre muraglie se ne debbon dolere. Morto fu condotto in Roma e con pompa grandissima portato a la sepoltura, accompagnandolo tutti gli artefici di disegno, et altri infiniti amici di lui».

Bibliografia

  • Disegno e analisi grafica - Mario Docci - Editori Laterza
  • La fabbrica di San Pietro. Il principio della distruzione produttiva - Horst Bredekamp - Einaudi
  • La Basilica di San Pietro. I papi e gli artisti - Timothy Verdon - Mondadori
  • Storia dell'architettura occidentale - David Watkin - Zanichelli
  • Storia dell'architettura europea - Nikolaus Pevsner - Editori Laterza
  • Le Vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri - Giorgio Vasari - Einaudi

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