Giuseppe Piermarini

Quando si parla di Neoclassicismo si fa riferimento a quello straordinario movimento artistico, nato nella seconda metà del Settecento e proseguito nella prima dell'Ottocento, nel quale artisti e intellettuali capirono che il recupero del passato, con il suo amore per il bello e la magnificenza dell'età classica, poteva ancora essere attuale se reinterpretato con la sensibilità moderna. Attingendo direttamente al Rinascimento di Sandro Botticelli, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio, autori quali Jacques-Louis David o Antonio Canova ricercarono quell'armonioso equilibrio raggiunto solamente dalla purezza delle forme della grande statuaria greca e dagli edifici romani, poi rivissuto grazie agli ideali di perfezioni che rinacquero con i capolavori dell'età rinascimentale.
In contrapposizione al gusto per lo sfarzo tipico del Barocco, il Neoclassicismo coincide a livello culturale con l'Illuminismo, trovando la sua massima espressione a seguito della Rivoluzione francese sotto il regno di Napoleone Bonaparte.
L'Italia fu però un luogo di primaria importanza, non solo per la presenza del migliore scultore del tempo, Canova, novello Raffaello, ma perché tappa obbligata del "Grand Tour" ai fini dell'educazione estetica di artisti, intellettuali e aristocratici di tutta Europa, nonché chiaro emblema di continuità con il mondo classico.

Il Pantheon in un'incisione settecentesca di Giovanni Battista Piranesi.

Questo gusto rinato per la bellezza dell'età classica caratterizzò tutte le arti figurative, compresa l'architettura, il cui linguaggio neoclassico si diffuse rapidamente in ogni grande città anche dopo il tramonto dell'età napoleonica.
Le costanti del linguaggio architettonico neoclassico sono uno stile lineare e una razionalità in chiave antibarocca. Gli edifici richiamano dunque i templi greci e romani, con il loro pronao e la pianta centrale, rispecchiando la monumentalità dell'esterno con la spaziosità interna, e presentando nelle facciate dei palazzi elementi quali il frontone, le colonne culminate dai capitelli, bassorilievi e statue, quest'ultime rigorosamente in marmo bianco, colore tipico del Neoclassicismo per il candore e la sua purezza.
A Milano, in ambito architettonico, si distinse la figura di Giuseppe Piermarini, nato l'anno 1734 a Foligno, in provincia di Perugia, formatosi al fianco di Luigi Vanvitelli, col quale collaborò ai lavori della Reggia di Caserta.
Quando il Vanvitelli fu chiamato a Milano per la ristrutturazione di Palazzo Reale, accanto al Duomo, Piermarini ebbe modo di farsi notare, in quanto i progetti dell'ormai anziano maestro non piacquero, così l'incarico passò al più giovane allievo. Piermarini si occupò sia dell'interno che dell'esterno, con la piazza che si affaccia sul lato destro del Duomo che mostra una facciata sobria ed elegante in conformità con lo stile neoclassico.

Fu però a Monza dove poté dar vita al suo primo capolavoro, il progetto della Villa Reale voluta da Maria Teresa d'Austria per suo figlio, l'arciduca Ferdinando, che fu il Governatore della Milano austriaca a partire dal 1771. I lavori cominciarono nell'anno 1777 e furono completati a distanza di soli tre anni, per un'opera straordinaria nella quale l'architetto poté riprendere lo stile della Reggia di Caserta, guardando però anche ad un riferimento ancora più alto quale la sontuosa Reggia di Versailles voluta più di un secolo prima dal sovrano francese Luigi XIV Re Sole. Come negli illustri precedenti, alla villa suburbana monzese si giunge percorrendo un lungo viale principale che collega l'edificio al centro del potere.

Caratterizzato da una facciata che denota una perfetta simmetria e una razionalità tipicamente neoclassiche, il palazzo risulta imponente e allo stesso tempo essenziale, con tre corpi principali disposti ad U, secondo la classica tipologia delle ville settecentesche, che delimitano un'ampia corte d'onore preceduta da una bellissima fontana.
Nell'Ottocento la villa divenne la residenza estiva dei sovrani d'Italia Umberto I e Margherita di Savoia, sino al drammatico regicidio del 29 luglio 1900. Particolare è ancora oggi l'atmosfera che si prova visitando questo raffinato edificio a lungo dimenticato, un'opera che ricorda gli sfarzi del passato ma che allo stesso tempo è inevitabilmente avvolta da una sottile malinconia a seguito dell'omicidio del re d'Italia.

L'indiscusso capolavoro del Piermarini, celebre in tutto il mondo, è considerato il Teatro alla Scala, edificato fra il 1776 e il 1778 e divenuto il modello ideale di teatro neoclassico.
L'edificio, che prende il suo nome dall'antica chiesa di Santa Maria alla Scala che sorgeva al suo posto, presenta una facciata raffinatissima scandita da coppie di semicolonne e impreziosita sulla sommità da un timpano con un bassorilievo raffigurante il carro di Apollo trainato da quattro cavalli. 

Un tempo la facciata era visibile solamente di scorcio per l'assenza dell'odierna piazza antistante con al centro il monumento dedicato a Leonardo da Vinci. La visione laterale, pur non permettendo all'epoca di ammirare completamente la bellezza del teatro, consente allo stesso tempo di accorgersi della presenza di tre corpi architettonici che sporgono progressivamente. L'ultimo è il portico, diviso da tre arcate e sormontato dalla terrazza del piano nobile, che era destinato all'arrivo delle carrozze per riparare dalle intemperie i gentiluomini e gli esponenti di governo che facevano il loro ingresso, un'idea scaturita anche dal fatto che la stagione degli spettacoli si svolgeva prevalentemente d'inverno.

Ad un esterno dallo stile sobrio si contrappone un interno unico per opulenza di ricchezza e sfarzo, con una sala a ferro di cavallo dall'acustica perfetta che consente di ospitare numerosissimi spettatori garantendo la piena visibilità anche dai palchi laterali. Spiccano infine i famosi ridotti, le sale adiacenti alla sala del teatro destinate alla conversazione e allo svago del pubblico durante gli intervalli, la cui principale è il foyer.
Rimasto affascinato dalla visita al teatro, un ospite e viaggiatore di eccezione quale fu Stendhal, scrisse: «Esco ora dalla Scala [...] È per me il primo teatro del mondo, perché è quello che procura dalla musica i maggiori piaceri [...] Quanto all'architettura, è impossibile immaginare nulla di più grande, più solenne e nuovo».

Un'altra opera del Piermarini si trova infine non lontano dalla Scala, appena dietro il Duomo, vale a dire in piazza Fontana, il cui nome deriva proprio dalla fontana al centro che fu progettata dall'architetto. Inaugurata l'anno 1782 a seguito di lunghi lavori dovuti a varie difficoltà tecniche, è composta da tre vasche sovrapposte dalle quali l'acqua scende da quella posta più in alto a quella intermedia, per poi ricadere in quella principale, dove vi sono a guardia due sirene denominate Teodolinde. Il corso regolare dell'acqua si conclude attraverso quattro bocche che la fanno arrivare in altrettante vaschette circolari poste a livello del suolo. La fontana è di grande importanza perché fu la prima realizzata a Milano, rimanendo l'unica per circa un secolo.


Note

Le foto della villa Reale di Monza sono state scattate nel giugno 2021, mentre quelle di Palazzo Reale, del Teatro alla Scala e della fontana nel gennaio 2022.