Antonio Canova

Massimo esponente della scultura neoclassica, Antonio Canova ebbe il privilegio di essere considerato alla pari con i grandi del passato. Si rifece ai modelli della statuaria greca, ma non si limitò ad imitarli; cercò, invece, di realizzare soggetti antichi provando a immaginarli come li avrebbero trattati gli artisti greci. Vi è dunque nella sua produzione un recupero del passato per migliorare il presente. Questo è l'ideale neoclassico.

Nacque nel 1757 a Possagno, vicino a Treviso, e svolse il suo apprendistato a Venezia dove scolpì le prime sculture di soggetto classico.

Dedalo e Icaro è il primo esempio; l'opera, realizzata nel 1777 a soli vent'anni, permette già di delineare l'evoluzione del suo stile scultoreo. Rappresenta un preciso momento: Dedalo è impegnato a sistemare le ali di cera sulle braccia del figlio; il tragico esito del volo non viene in alcun modo prefigurato e il ragazzo sorride, immaginando l'avventura che lo attende. Si nota l'attenzione dell'autore nel mostrare le differenze dei due corpi; Icaro molto giovane e il padre segnato dalla vecchiaia.

Fu però a Roma, con due importanti commissioni, che Canova raggiunse il successo. Per la Basilica dei Santi Apostoli ricevette l'ambita commissione del Monumento funebre dedicato a papa Clemente XIV. Eseguì l'opera nel suo studio tra il 1783 e il 1787; intanto dovette affrontare molte polemiche da parte degli artisti romani, i quali non accettavano che un lavoro così prestigioso fosse stato assegnato a un giovane ancora emergente.

L'opera ha una forte composizione geometrica e si ispira chiaramente al modello di Gian Lorenzo Bernini del Monumento funerario di Urbano VIII situato nella basilica di San Pietro, proprio dove, poco dopo, anche Canova avrebbe potuto inserire una sua composizione.

Il pontefice è posto in alto in atteggiamento benedicente; sotto di lui vi sono le figure allegoriche della Mansuetudine, seduta a piangere, e della Temperanza, appoggiata al sarcofago.

Mentre ancora lavorava a questo monumento, Canova ricevette l'incarico per un altro monumento funebre, quello di Clemente XIII, che gli permise di lavorare in San Pietro. L'opera è simile alla precedente; si ritrova il tema del sarcofago sollevato, le figure allegoriche e la figura del papa in alto, questa volta raccolto in preghiera. Importante è il motivo della porta, allegoria del passaggio nell'aldilà, ricorrente nella produzione dell'artista. Ai lati della composizione si trovano le statue della Religione e del genio della morte, un bellissimo giovane che regge nella mano destra una fiaccola capovolta, simbolo della fugacità della vita terrena. Alla base, due leoni sono il simbolo della forza d'animo del pontefice.
Così Stendhal nelle sue Passeggiate romane: "Cercate nella chiesa la tomba di Clemente XIII, di Canova. La pietà del papa, il dolore dei leoni, la bellezza di quel Genio colossale, la semplicità della statua che raffigura la Religione, meritano tutta la vostra attenzione".

Quando nel 1797 Venezia venne ceduta all'Austria, Canova decise di ritirarsi nella città natale e in seguito compì un viaggio in Germania e in Austria. A Vienna ricevette dal duca la commissione del monumento per la moglie Maria Cristina d'Austria. L'opera divenne il simbolo dell'ideale canoviano di monumento funebre. La composizione appare semplice e con una particolarità, la forma a piramide; il simbolo di un culto pagano, dunque, che sarebbe stato collocato in una chiesa. Inoltre non compare alcun simbolo cristiano; si nota il cambiamento del ruolo dell'artista come intellettuale libero di divulgare le proprie idee. Canova realizza ancora la porta, oscura, come ingresso alla morte, misteriosa e sconosciuta. Da essa si snoda un gruppo di figure: la Pietà, accompagnata da due fanciulle, con in mano le ceneri della defunta, seguita dalla Beneficenza che conduce un vecchio. Sul lato opposto il genio della morte appare sempre giovane e appoggiato su un leone, simbolo della Fortezza. Sopra la porta, la figura della Felicità regge un ritratto di Maria Cristina, incorniciato da un serpente che si morde la coda, raffigurante l'eternità.

Il monumento può essere interpretato come la raffigurazione di un'antica cerimonia funebre, oppure come un'allegoria della morte in sé, con le figure che rappresenterebbero le tre età dell'uomo. Il tema universale della morte e dei sepolcri accosta l'artista a uno scrittore neoclassico, figura chiave della letteratura italiana, autore di un carme intitolato proprio Dei Sepolcri e di un poemetto, Le Grazie, dedicato a Canova: il poeta Ugo Foscolo.

È il bellissimo gruppo scultoreo realizzato tra il 1812 e il 1816 a dare il titolo al componimento di Foscolo.

Le Grazie, con la delicatezza delle forme e l'armonia del loro abbraccio, sono l'emblema del bene, di una bellezza ritrovata, del mito della pace. I visi sereni, la posa morbida e rilassata, i corpi graziosi e naturalistici con le teste che si congiungono teneramente, sono l'espressione più alta del nudo neoclassico, un'immagine chiaramente ispirata alla Primavera di Sandro Botticelli.

Prima di realizzare quest'opera Canova soggiornò a Parigi dove fu chiamato per ritrarre Napoleone Bonaparte. Il primo ritratto fu la scultura di Napoleone come Marte pacificatore, datata tra il 1803 e il 1806, dove vediamo l'imperatore completamente nudo e con in mano il globo sormontato dalla Vittoria. L'opera era colossale e celebrava il Bonaparte in una dimensione ideale, classica, ma non piacque al committente che non comprese l'intento dello scultore. Fu l'unico insuccesso della carriera di Canova.

Una copia in bronzo dell'opera si trova all'ingresso della Pinacoteca di Brera di Milano, situata al centro del bellissimo cortile d'onore che accoglie i visitatori. 

Celebre opera di questo periodo è il ritratto della sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte, nelle sembianze di Venere vincitrice, datato 1804 - 1808 e conservato alla Galleria Borghese di Roma. Elegante e bellissima, la donna è sdraiata su un divano e appoggia elegantemente il braccio destro su dei cuscini realizzati con una straordinaria fedeltà, così come il materasso.

Malgrado si fosse inserito con successo nella scena artistica parigina, avendo contatti anche con il grande pittore Jacques-Louis David, Canova era amareggiato; forse per aver avuto la prima delusione artistica, ma ancor più per le sorti della città di Venezia, tanto amata. Nemmeno le insistenze dello stesso Napoleone bastarono a farlo restare; voleva tornare in Italia. Scriveva così ad un amico: "Non crediate che io resti qui, che non mi vi tratterrei per tutto l’oro del mondo [...] véggo troppo chiaro che vale più la mia libertà, la mia quiete, il mio studio, i miei amici, che tutti questi onori"...

Il capolavoro assoluto di Canova con cui è rimasto nella storia è il gruppo scultoreo di Amore e Psiche, custodito al Museo del Louvre di Parigi e datato 1787 - 1793.

L'opera rappresenta uno dei momenti più dolci della celebre favola di Apuleio in cui Amore si china dolcemente a baciare l'amata Psiche, dopo averla risvegliata dal sonno mortale in cui era caduta. Canova sospende l'attimo appena prima del bacio per l'eternità, i due corpi si sfiorano piano e le labbra si avvicinano per congiungersi. La donna alza le braccia verso l'amato in un gesto elegante, mentre lui le sostiene delicatamente il capo. I due amanti sono rapiti uno nella bellezza dell'altra.

Canova si spense nel 1822 a Venezia, nella casa di un amico, nei pressi di piazza San Marco.


Note

La foto della Paolina Borghese è stata scattata durante il mio viaggio a Roma nel febbraio 2019, mentre quella del cortile della Pinacoteca di Brera durante la mia visita nel dicembre 2019.