Pantheon

Fra la fontana di Trevi e piazza Navona, nel cuore di Roma, maestoso al centro di una piccola piazza racchiusa da molte case, si erge il Pantheon, l'edificio simbolo della città eterna. Se la basilica di San Pietro è stata infatti edificata nel 1503 per volere di papa Giulio II della Rovere, che volle ricostruire l'antica basilica costantiniana, il Pantheon stupisce invece per i secoli che ha attraversato, ergendosi per tale motivo come punto di riferimento di una città veramente immortale.
La vista del tempio sorprende per l'incredibile monumentalità e lascia senza fiato apparendo all'improvviso al termine di una lunga serie di vicoli.
Emblema dello splendore dell'antica Roma, il Pantheon fu fatto costruire dall'imperatore Adriano intorno al 120 d.C. in onore di tutte le divinità.
Come scritto sul fregio venne fondato da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto, nel 27 a.C. circa, ma due incendi lo danneggiarono e così Adriano decise di ricostruirlo. Non è chiaro se l'imperatore affidò l'incarico del progetto all'architetto Apollodoro di Damasco oppure se si occupò lui stesso, appassionato di architettura, della realizzazione. Certo invece è il capolavoro a cui venne dato vita, ancora oggi una delle opere di architettura più straordinarie mai concepite, soprattutto per l'immensa cupola di 44 metri di diametro che ispirò più di mille anni dopo i geni di Filippo Brunelleschi e Michelangelo Buonarroti.
Al culmine della cupola l'oculo di nove metri di diametro lascia passare la luce donando incredibili effetti luminosi nell'arco della giornata, ma anche la pioggia, per questo il pavimento della sala è leggermente curvo, così da permettere lo scolo dell'acqua attraverso alcune forature.
Il Pantheon, che nel VII secolo venne convertito in basilica cristiana col nome di Santa Maria della Rotonda al fine di preservarlo dai saccheggi, è l'edificio dell'antica Roma che meglio si è conservato, dandoci l'opportunità di vederlo tutt'oggi come lo videro i romani quasi duemila anni fa. Così scriveva Stendhal:
«Il più bel resto dell'antichità romana è senza dubbio il Pantheon. Questo tempio ha così poco sofferto, che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani».

Pianta del Pantheon - Andrea Palladio - 1570

Davanti al tempio vi è una fontana con obelisco progettata per volere di papa Gregorio XIII Boncompagni da Giacomo Della Porta, l'architetto che portò a termine la grandiosa cupola michelangiolesca di San Pietro.
Avvicinandosi al pronao, vale a dire il luogo dinanzi all'ingresso, ci si trova immersi in una foresta di colonne corinzie che sostengono il frontone e conducono alla porta d'ingresso in bronzo della misura di oltre sette metri.
Il soffitto del pronao era originariamente in bronzo, ma questo materiale venne tolto nel 1625 per volere di papa Urbano VIII Barberini, che decise di utilizzarlo per la realizzazione di alcuni cannoni di Castel Sant'Angelo e, in piccola parte, per il Baldacchino di San Pietro, opera di Gian Lorenzo Bernini. A seguito di questo episodio nacque il celebre motto: «Quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini».
Sempre nello stesso periodo furono aggiunti sul frontone due campanili su progetto del Bernini, subito divenuti noti, però, col dispregiativo di "orecchie d'asino". Pur non essendo esteticamente conformi all'antica facciata, rimasero sino al 1883 quando si decise di demolirli.

Il Pantheon in un'incisione settecentesca di Giovanni Battista Piranesi.

La gloria moderna del Pantheon risiede nelle illustre sepolture che custodisce, prima fra tutte quella di Raffaello Sanzio, che riposa qui dal 1520 secondo la sua volontà. Egli espresse questo desiderio poco prima di spegnersi, giovanissimo, all'età di trentasette anni. Il "principe delle arti" fu così il primo ad essere sepolto in questo tempio, in onore della sua divina pittura che ha contribuito a rendere Roma la città straordinaria che oggi conosciamo. Il glorioso epitaffio scritto dall'amico Pietro Bembo ed inciso sul sepolcro recita: «Qui riposa Raffaello, da cui, finché visse, la Natura temette di essere vinta, e ora che egli è morto, teme di morire con lui».

Autoritratto - Raffaello Sanzio - 1506 circa - Firenze, Galleria degli Uffizi

La scomparsa del giovane artista, bellissimo e dall'animo gentile, dotato di un talento inarrivabile, lasciò senza parole la corte pontificia e l'intera città, tanto che presto si diffuse la leggenda secondo cui, nel momento della sua morte, una violenta scossa di terremoto si sarebbe scatenata sulla città. Quel che è certo, e che commuove, è che ancora oggi si possono trovare delle rose lasciate dinanzi al suo sepolcro, sincero omaggio di alcuni turisti che magari sono giunti lì a seguito della visita alle meravigliose Stanze vaticane.

Interno del Pantheon - Raffaello Sanzio - 1505 circa - Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe

Il Pantheon venne scelto come luogo di sepoltura per i re d'Italia, a partire da Vittorio Emanuele II di Savoia, il sovrano dell'unità nazionale e "Padre della Patria", il quale riposa nella cappella centrale a destra, dietro un'enorme placca funeraria.

Ritratto di Vittorio Emanuele II - Tranquillo Cremona - 1870 circa - Torino, Museo nazionale del Risorgimento

Nella cappella opposta, situata esattamente di fronte, si trova il sepolcro del figlio di Vittorio Emanuele, nonché suo successore al trono a partire dal 1878, Umberto I, il "Re Buono" che tenne il potere fino al 29 luglio 1900, quando fu assassinato a Monza. In questo ritratto si può notare dalla finestra il Pantheon con ancora i due campanili realizzati dal Bernini.

Sotto alla tomba del monarca riposa la moglie Margherita di Savoia, prima regina d'Italia in quanto la consorte di Vittorio Emanuele era mancata prima della proclamazione del Regno. Insieme ad Umberto la regina visitò l'Italia intera per legare il popolo alla dinastia sabauda e rafforzare il sentimento di unità nazionale, divenendo presto una figura molto influente tra la gente e rimanendo tale anche dopo la scomparsa del marito nel ruolo di regina madre.

Altre personalità importanti sepolte sono il pittore Annibale Carracci, l'artista che insieme al Caravaggio fu uno dei protagonisti nel contesto pittorico romano di fine Cinquecento. Il Carracci, seguace di Raffaello, riposa oggi proprio alla destra del maestro come da suo desiderio espresso prima di morire. Vi è poi Baldassarre Peruzzi, architetto senese che insieme al Sanzio fu chiamato a lavorare alla villa sul Tevere di Agostino Chigi, la Farnesina. Vanno infine ricordati il compositore Arcangelo Corelli, l'architetto Jacopo Barozzi detto Il Vignola e gli allievi di Raffaello Perin del Vaga e Giovanni da Udine.


Note

La fotografia del Pantheon è stata scattata durante il mio viaggio a Roma nel febbraio 2019.