Seguimi su instagram! @_ilsommo
Troverai contenuti inediti e curiosità storiche.

Architetto senese nato nel 1481, Baldassarre Peruzzi fu una figura di primaria importanza per il Rinascimento nella Roma di Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti, considerato al pari di loro quale uomo universale, capace di eccellere in ogni ambito per cui mostrò interesse, oltre ad essere stato donato di un animo nobile e virtuoso, come ricorda nelle Vite il biografo aretino Giorgio Vasari: «Fra tutti i doni che largamente distribuisce il cielo a' mortali, nessuno giustamente si puote o debbe stimare o tenere maggiore che la stessa virtù e la quiete o pace dell'animo, facendoci quella sempre immortali e questa beati. E però chi di queste è dotato, oltra lo obligo che egli ha grandissimo a Dio, tra gli altri, quasi fra le tenebre un lume, manifestamente si fa conoscere, come ha fatto ne' tempi nostri Baldassarre Perucci architetto e pittor sanese».
Scrive invece del Peruzzi il suo discepolo Sebastiano Serlio: «Baldessar Peruzzi Sanese fu ancor lui pittore, e nella prospettiva tanto dotto che volendo intendere alcune misure di colonne, e d'altre cose antiche per tirarle in prospettiva, si accese talmente di quelle proportioni e misure, che alla architettura al tutto si diede, nella quale andò tanto avanti, che a niuno altro fu secondo».
Prima di dedicarsi esclusivamente alla sua grande vocazione di architetto - impegnato a Roma anche nel cantiere per la nuova Basilica di San Pietro - Peruzzi ricevette una formazione da pittore, formatosi seguendo il modello di Pinturicchio e vicino al Sodoma, distinguendosi anche come scenografo, ingegnere militare, nonché esperto e studioso delle antichità, favorito nel contesto romano dal legame con il potente concittadino Agostino Chigi, banchiere considerato tra gli uomini più ricchi e influenti di inizio Cinquecento. Così il Vasari: «Andò nella sua giovanezza a Roma, e con Agostin Chigi sanese prese familiarità grandissima. E perché egli era molto inclinato alla architettura, si dilettò misurare le antichità di Roma e cercare d'intenderle. Et attese alla prospettiva mirabilmente, et in quella divenne tale, che pochi pari a lui per nessun secolo abbiamo veduto operare, come ne fanno fede tutte l'opere sue, delle quali nessuna mai fece, che di tali cose non cercasse mettere in essa».
Questo eclettismo, che si manifesta nelle numerose qualità descritte dal Vasari, ben si evince nel progetto di costruzione di Villa Farnesina, la nobile residenza di Agostino Chigi a Roma, un edificio che divenne una corte umanista in cui accogliere artisti, poeti, principi e cardinali. Per realizzarla, il banchiere senese decise di affidarsi al suo architetto di fiducia, qui impegnato in diverse opere, diviso tra architettura - dando vita a quella che divenne il prototipo di villa suburbana - e decorazione pittorica. Il Chigi era intenzionato, come tipico della sua epoca, a dimostrare il proprio prestigio attraverso l'arte, concependo l'opera quale omaggio all'amata Francesca Ordeaschi e scegliendo di avvalersi per la decorazione della loggia di colui che era il migliore artista dell'epoca, vale a dire Raffaello.

Raffaello, coadiuvato dalla sua bottega - tra cui vanno ricordati su tutti Giulio Romano, Giovan Francesco Penni e Giovanni da Udine - si occupò della celeberrima Loggia di Psiche, un vero e proprio trionfo della tematica amorosa che allude al sentimento del committente per l'amata. Nella Sala di Galatea l'Urbinate lavorò invece all'affresco raffigurante il Trionfo di Galatea, mentre il Peruzzi si occupò della volta, nella cui elegante architettura dipinta si può ammirare una decorazione in cui è stato riconosciuto l'oroscopo di Agostino Chigi.
Al piano superiore della villa vi è poi la Sala delle Prospettive, un capolavoro illusionistico in cui Peruzzi ebbe modo di esprimere la sua capacità nel gioco prospettico, al punto che a fatica si riesce a distinguere il vero dal dipinto. Annota riguardo al fascino di questo ambiente il Serlio, suo allievo nonché teorico dell'architettura: «il gran Pietro Aretino, così giudicioso ne la pittura come ne la poesia, hebbe a dire non esser in quella casa la più perfetta pittura nel grado suo, quantunque ci sono anco delle cose di mano del divin Raphaello de Urbino».
Il loggiato, opera pittorica, appare come una terrazza affacciata su un bellissimo scorcio romano, il cui paesaggio, al di là delle solenni colonne, si perde sino alle più remote lontananze. Curioso in tal senso è l'aneddoto narrato dal Vasari: «E può veramente questo credersi che il mirabile Tiziano, pittore onoratissimo et eccellentissimo, menandolo io a vedere tale opera, non voleva credermi che fosse pittura; per il che fummo sforzati mutar veduta, onde rimase maravigliato di tal cosa».

L'abilità prospettica del Peruzzi si può apprezzare anche nella Chiesa di Santa Maria della Pace, il cui edificio è celebre per la sua facciata barocca realizzata da Pietro da Cortona. All'interno, nella Cappella Ponzetti, la prima a sinistra, si trovano alcuni affreschi del Peruzzi, che raggiunse però uno dei suoi vertici qualitativi in una tela databile al 1517, di notevoli dimensioni e posta a destra rispetto all'altare, raffigurante la Presentazione di Maria al Tempio, nella quale è evidente anche l'interesse per l'antico dell'autore. Scrive il Vasari a riguardo: «E similmente fece nella Pace una cappella a Messer Ferrando Ponzetti che fu poi cardinale, alla entrata della chiesa a man manca, con storie del Testamento vecchio piccole, cosa in fresco lavorata con molta diligenza. Ma molto più mostrò il valore della arte della pittura e la prospettiva nel medesimo tempio vicino allo altar maggiore, per Messer Filippo da Siena cherico di camera, in una storia quando la Nostra Donna va a 'l tempio, che sale i gradi; nella quale sono molte figure tutte degne di lode, come un gentiluomo vestito alla antica, il quale scavalcato d'un suo cavallo, mentre i servidori lo aspettano, mosso da compassione, dà la elemosina ad un povero tutto ignudo e meschinissimo, il quale con grande affetto gliela chiede».

A partire dal 1520, alla morte inaspettata di Raffaello, Baldassarre Peruzzi affiancò Antonio da Sangallo nei lavori per la fabbrica di San Pietro, seppur in qualità di "sottoarchitettore", in un ruolo secondario dunque rispetto al più giovane Sangallo. Nonostante questo, il Vasari sottolinea come Peruzzi «fece un modello molto ingegnoso e magnifico», influenzando chiaramente un cantiere - avviato da Donato Bramante per volere di papa Giulio II - per il quale mantenne l'incarico sino al 1536, anno della sua dipartita. L'opera subì tuttavia, nel corso degli anni della sua direzione, una serie di interruzioni dovute allo scisma luterano e, nel 1527, al Sacco di Roma dei lanzichenecchi di Carlo V. I lavori saranno così ripresi, regnante Paolo III, dal genio di Michelangelo.
Sebbene la struttura della basilica che oggi possiamo contemplare derivi dalla concezione michelangiolesca e poi dal prolungamento longitudinale di Carlo Maderno, interessante è analizzare i disegni del Peruzzi, custode del verbo bramantesco, in cui si nota l'idea di una pianta centrale, sormontata da una grandiosa cupola affiancata da quattro più piccole. Il progetto, pur mai realizzato, denota la capacità di coniugare l'idea originaria del Bramante, cui egli rimaneva fedele, a quella più recente del rivale Antonio da Sangallo, di cui è rimasto solamente un modello ligneo.

Uno degli ultimi progetti romani è anche uno dei più caratteristici della sua architettura, ossia Palazzo Massimo alle Colonne, cominciato nel 1532 per i fratelli Pietro e Angelo Massimo, la cui dimora gentilizia era stata danneggiata da un incendio durante il Sacco di Roma. L'elemento più innovativo è certamente la facciata convessa che segue la conformazione della strada sfruttando tutta l'area edificabile. Al centro il portico ombroso connotato da eleganti colonne contrasta con la superficie compatta dei piani superiori, contraddistinti da tre ordini di finestre, per un'opera che risulta imponente e raffinata allo stesso tempo, come tipico dello stile rinascimentale.

Palazzo Massimo in un'incisione settecentesca di Giuseppe Vasi.
Uniti dal cantiere petrino, ma soprattutto dal Chigi nella realizzazione di Villa Farnesina, Baldassarre Peruzzi e Raffaello riposano insieme al Pantheon, non lontani l'uno dall'altro, dove si può vedere un busto, accompagnato da epitaffio celebrativo, in onore del Peruzzi, un artista - leggiamo dal Vasari - la cui fama fu maggiore a seguito della scomparsa rispetto che negli ultimi anni, trascorsi quasi in assoluta miseria a causa di committenti che non furono particolarmente generosi nei suoi riguardi, «i quali non gli diedero mai premio alcuno». In difficoltà persino nel mantenere la sua famiglia, per la quale «più che di se medesimo sempre ebbe cura», l'architetto fu premiato e riconosciuto, come spesso accade ai grandi, una volta abbandonata la vita terrena: «nella Ritonda vicino alla sepoltura di Raffaello da Urbino ebbe onorato sepolcro, con gran dolore di tutti gli artefici, scultori, architetti e pittori, i quali finché fu posto in terra sempre piangendo gli fecer compagnia».
Note
La fotografia di Villa Farnesina è stata scattata durante il mio viaggio a Roma nel febbraio 2019.
Bibliografia
Seguimi su instagram! @_ilsommo
Troverai contenuti inediti e curiosità storiche.