Giuseppe Pellizza da Volpedo

A seguito dell'Impressionismo di Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir e Edgar Degas, l'arte europea aprì le porte ad una grande fase di diversificazione dei linguaggi indicata generalmente con il termine di Postimpressionismo, che non si riferisce a un movimento artistico vero e proprio, bensì a quegli autori che lavorarono, principalmente in Francia, durante la Belle Époque, aprendo la strada alle Avanguardie del Novecento.
La Belle Époque è stata un periodo storico che coprì l'ultimo ventennio dell'Ottocento e i primi anni del secolo successivo sino allo scoppio della Grande Guerra. Furono anni caratterizzati dalla fiducia nel progresso e dall'ottimismo nella scienza e nelle possibilità dell'uomo, dalla crescita economica e da una forte industrializzazione, nonché gli anni della spensieratezza e del divertimento, dei locali notturni e dei cabaret ben descritti dai dipinti di Henri de Toulouse-Lautrec, infine del cinema e delle grandi Esposizioni Universali. In Italia questo periodo coincise con l'età umbertina, quando a seguito dell'Unificazione nazionale regnava il sovrano Umberto I di Savoia, e la cosiddetta età giolittiana, vale a dire i primi quindici anni del secolo, caratterizzati dal governo di Giovanni Giolitti.

Gli esponenti principali del Postimpressionismo furono Paul Cézanne, che proveniva dall'Impressionismo e che influenzerà il Cubismo di Picasso, Paul Gauguin, che sarà considerato un modello dai Simbolisti, infine Vincent Van Gogh, il quale, affascinato dallo sguardo di denuncia dei Realisti e dalla luminosità delle tele impressioniste, creò un linguaggio unico fonte di ispirazione per la corrente dell'Espressionismo.
Bisogna ricordare inoltre Georges Seurat, inventore della tecnica del puntinismo, che consisteva nella scomposizione dei colori in piccoli punti, depositati sulla tela con la punta del pennello. Avvicinandosi ai suoi quadri si notano tantissimi puntini divisi fra loro, che vengono ricomposti e fusi dalla retina dell'occhio quando si osserva l'opera da una certa distanza. Una variante simile del puntinismo, in Italia, fu la corrente del Divisionismo, a cui appartennero Giovanni Segantini e lo stesso Pellizza da Volpedo.

La Torre Eiffel dipinta da Seurat nel 1889 con la sua nuova tecnica.

L'artista nacque nel 1868 a Volpedo, piccolo centro agreste nei pressi di Alessandria, da una famiglia contadina, e si formò tra Milano, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti di Brera, Bergamo, Roma e infine Firenze, città nella quale conobbe Giovanni Fattori, pittore macchiaiolo che divenne il suo maestro.
Inizialmente dedito alla pittura verista, attento allo studio della natura, aderì poi al Divisionismo, dando vita a dei dipinti che adottavano quella tecnica caratterizzata da piccoli tocchi, sotto forma di sottili filamenti o puntini, che l'occhio ricompone in una sintesi.
Un poetico dipinto che rappresenta il punto più alto della formazione di Pellizza da Volpedo, prima della scelta divisionista alla fine del secolo, è Ricordo di un dolore, datato 1889 e custodito all'Accademia Carrara di Bergamo. Segnato dall'improvvisa scomparsa della sorella Antonietta, l'artista decise di affidare la propria sofferenza all'immagine di una giovane donna che ha sospeso la lettura per l'affiorare improvviso - nel libro della memoria - di un malinconico momento doloroso, che dagli occhi capiamo essere recente e vivo più che mai. In una composizione così dolce nella sua tristezza, sottilmente psicologica, confluiscono tutte quelle opere precedenti che rappresentano un soggetto simile, dalla drammatica e angosciosa Bambina malata di Edvard Munch sino al Francesco Hayez di Malinconia, passando per il quadro che alla Pinacoteca di Brera è posto proprio accanto al celebre Bacio del pittore romantico, ossia Triste presentimento di Gerolamo Induno.

Fondamentale fu poi la svolta caratterizzata dall'impegno sociale, dedicando quadri a tematiche d'attualità al fine di sensibilizzare gli osservatori. Scriveva infatti ad un amico: "Sento che ora non è più l'epoca di fare dell'arte per l'arte, ma dell'arte per l'umanità".
Nacque così il suo capolavoro, intitolato il Quarto stato, oggi al Museo del Novecento di Milano, alla cui realizzazione l'autore dedicò diversi anni, fra il 1898 e il 1901 circa, oltre a numerosi studi, bozzetti e disegni preparatori. La scena, ambientata nella piazza di Volpedo, dove l'artista mise in posa conoscenti e amici, si ispira ad uno sciopero di alcuni lavoratori e celebra l'affermazione di una nuova classe sociale, quella del proletariato. Secondo l'ordinamento antecedente alla Rivoluzione francese i primi tre stati erano la nobiltà, il clero e la borghesia, ai quali si aggiunse un quarto stato, il proletariato appunto, che, consapevole della sua forza, rivendicava i propri diritti.
Dal buio dello sfondo gli umili lavoratori, statuari e monumentali nelle loro pose, avanzano verso lo spettatore e verso la luce. Dal gruppo in secondo piano si staccano tre figure che sorprendono per il loro verismo quasi fotografico, con l'uomo al centro che è il fulcro dell'intera composizione. Con la mano sinistra in tasca e la destra che regge la giacca sulla spalla, lo sguardo rivolto dritto verso di noi, l'uomo diviene il capo della rivolta, protagonista di questo momento che per l'artista ha un significato sociale di tale importanza al punto che nell'impostazione e nella struttura della tela non rinunciò ad inserire riferimenti rinascimentali, ispirandosi direttamente a capolavori quali la Scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

Non avendo ottenuto successo, Pellizza da Volpedo tornò a dedicarsi alla pittura di paesaggio deluso da quella di impegno civile, continuando però ad utilizzare magistralmente la tecnica divisionista, come mostra la tela Statua a villa Borghese, oggi alla Galleria d'arte moderna di Venezia, un vero e proprio scorcio di paradiso romano, rifugio dell'anima di un pittore che, gravato da crisi depressive e dalla scomparsa della moglie, si tolse la vita nel 1907 quando non aveva ancora compiuto quarant'anni.

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