Paul Gauguin
«Quando Gauguin dice "Vincent" la sua voce è dolce»
Attraverso l'amicizia e il legame che unì Paul Gauguin a Vincent Van Gogh si può comprendere più facilmente la sua opera e accostarsi alla sua anima.
La difficoltà nel convivere assieme, il tentativo fallito di Vincent di formare nella famosa Casa Gialla di Arles un atelier per molti artisti che avrebbero condiviso il sogno di rivoluzionare l'arte lottando per un mondo migliore e, infine, quel triste episodio in cui l'amico si tagliò l'orecchio sinistro in preda alla follia, proprio dopo un litigio con Gauguin, costretto a fuggire spaventato, lasciando l'amico nel dolore, internato in seguito in manicomio. Tutto ciò non bastò per rovinare il loro rapporto; non si sarebbero più rivisti, scritti, ma Gauguin mantenne sempre un dolce e affettuoso ricordo dell'amico, al quale promise di non "parlar male della nostra povera piccola casa gialla". Anzi, nonostante i caratteri complicati, le loro differenze a livello pittorico, per Gauguin quel soggiorno con Vincent era stato positivo; le loro anime in fondo si capivano, entrambi erano emarginati, bisognosi d'affetto, determinati nel dimostrare quando valessero in un mondo che non li capiva e al quale loro non si arresero mai perché, nonostante le difficoltà, gli insuccessi, avevano conosciuto una passione capace di tenerli vivi, di non farli abbandonare mai le speranze e alla fine di salvarli: l'arte.
"Il buon Gauguin e io in fondo in fondo ci capiamo e quand'anche fossimo un po' matti, non siamo forse però anche abbastanza profondamente artisti per dissipare le preoccupazioni al riguardo con quel diciamo per mezzo del pennello? Nonostante tutto, dunque, sarà sempre amicizia tra di noi"...
Vincent
Paul Gauguin - Van Gogh mentre dipinge girasoli - 1888
Gauguin nacque a Parigi nel 1848 e trascorse la sua infanzia a Lima, in Perù, paese di origine della nonna.
Tornato in Francia a studiare, i suoi risultati mediocri lo convinsero ad imbarcarsi come marinaio su una nave mercantile e in soli due anni compì il giro del mondo. Forse da questa esperienza il suo carattere fu segnato dalla costante voglia di partire, di scoprire nuovi luoghi, alla ricerca di un sogno, di una completa libertà, di un paradiso perduto.
Nel 1871, ancora a Parigi, iniziò a dipingere con entusiasmo entrando in contatto, nel 1879, con il gruppo impressionista, che frequentò fino al 1886. In Camille Pissarro trovò un amico e un maestro sincero, guardando con attenzione anche alla pittura di Paul Cézanne. Anche Edgar Degas divenne per lui un punto di riferimento di prima importanza col quale si creò un rapporto di complicità e di reciproca stima, con il più anziano Degas che sentì sempre una benevolenza di tipo paterno nei confronti del giovane Gauguin.
Interno della casa dell'artista in rue Carcel, datato 1881, è un dipinto realizzato nella prima fase di produzione dell'artista ed è forse il più ambizioso di questo periodo. L'opera ritrae la moglie Mette, che suona quasi nascosta dal pianoforte, mentre l'artista stesso la ascolta osservandola. In primo piano un tavolo con un mazzo di fiori.
L'inquadratura particolare da cui l'autore sceglie di realizzare il quadro richiama le opere di Degas e può essere accostata, per il tema della donna al piano, alla serie di Pierre-Auguste Renoir.
Nel 1872 un amico di sua madre gli trovò un posto presso l'Union Générale, un'azienda di cambio. Gauguin visse un periodo più stabile, dopo i viaggi giovanili, formando una famiglia con ben cinque bambini a cui fu sempre legato nonostante le lunghe lontananze. La sua vita borghese gli permise inoltre di acquistare molte opere impressioniste.
Il crollo finanziario che colpì la sua azienda nel 1882 lo gettò improvvisamente sul lastrico; l'artista aveva 34 anni e una numerosa famiglia a carico. Decise allora di dedicarsi esclusivamente alla pittura. Nulla sembrava però andare per il verso giusto; non riusciva a vendere un solo quadro e presto si ritrovò senza risparmi. Inoltre si aggiunsero complicazioni familiari con la moglie che decise di tornare alla casa paterna.
Nessuna difficoltà riuscì però a fermare la sua determinazione e le sue idee pittoriche in anticipo sui tempi; l'arte di Gauguin era uno specchio del mondo interiore, della propria anima, scrutata attraverso l'uso del colore.
Nel 1886 si mise allora in viaggio per Pont-Aven, in Bretagna, alla ricerca di un paradiso incontaminato. Di tutta la Francia, la Bretagna era senz'altro la regione più popolana, meno intaccata dalla civiltà. "Amo la Bretagna, in essa trovo un che di selvaggio, di primitivo".
Ritratto di Émile Bernard - Henri de Toulouse-Lautrec - 1886
Grazie al suo carisma Gauguin riuscì nella cittadina a farsi una piccola corte di amici, tra i quali anche il giovanissimo Émile Bernard, con il quale l'artista strinse un sodalizio di lavoro molto produttivo che si concretizzò nella formulazione del Sintetismo, un'estetica fondata sulla semplificazione delle forme.
Insieme a lui e ad altri giovani artisti poco condizionati dall'Impressionismo e aperti a nuove idee e cambiamenti, Gauguin fondò quella che viene comunemente identificata come Scuola di Pont-Aven. Tra i pittori più attivi del gruppo, Paul Sérusier partì dagli insegnamenti del maestro Gauguin per sviluppare la poetica dei Nabis, corrente artistica francese attiva negli ultimi anni dell'Ottocento.
Nel 1888 Bernard dipinse Donne bretoni in una prateria verde, un quadro che per stile e uso dei colori sembra il riassunto delle teorie che Gauguin andava allora affermando.
L'opera presenta un gruppo di donne vestite nei loro abiti tradizionali, collocate su di un fondale uniforme di colore verde, la prateria, che annulla qualsiasi indicazione di profondità spaziale.
Van Gogh, anch'egli amico di Bernard, ne realizzò una copia nello stesso anno, conservata oggi nella Galleria d'arte moderna di Milano.
Pochi mesi dopo Gauguin dipinse, in risposta all'amico, La visione dopo il sermone, un quadro di soggetto religioso trasposto nella realtà contemporanea.
Il dipinto era stato originariamente pensato per l'altare della chiesa di Pont-Aven ma venne rifiutato. L'opera non rappresenta un evento reale ma una visione da parte di un gruppo di donne bretoni che, uscite da messa, credono di vedere la lotta tra Giacobbe e l'angelo.
La novità del quadro è la coesistenza di un mondo reale e di uno immaginario; mentre il Realismo, e in particolare un autore come Gustave Courbet, si era rifiutato di dipingere soggetti invisibili o astratti, Gauguin ricorre esplicitamente all'immaginazione, accostandosi alla poetica di Charles Baudelaire.
"L'immaginazione è una facoltà quasi divina che scorge istantaneamente al di fuori dei metodi filosofici i rapporti intimi e segreti delle cose, le corrispondenze e le analogie. È la regina della facoltà, essa è l’analisi, essa è la sintesi, è l’immaginazione che ha insegnato all'uomo il senso morale del colore, del contorno, del suono e del profumo. Essa ha creato all'inizio del mondo l’analogia e la metafora, essa scompone tutta la creazione e con i materiali tutti ammassati e disposti, seguendo regole di cui non si può trovare l’origine, se non nel più profondo dell’anima essa crea un mondo nuovo, essa produce la sensazione del nuovo, essa è positivamente apparentata con l’infinito" .
Nell'ottobre del 1888 Gauguin decise di trasferirsi ad Arles, in Provenza, ospite del suo amico Van Gogh.
L'idea era quella di dare vita, nella loro abitazione, la Casa Gialla, a un importante atelier, progetto a cui Van Gogh lavorò con tutte le sue forze e speranze, come mostra una lettera indirizzata al fratello Theo: "Ho l'ambizione di riuscire a fare col mio lavoro una certa impressione a Gauguin e quindi non posso che desiderare di lavorare da solo, prima che lui venga, il più possibile. Il suo arrivo cambierà il mio modo di dipingere e spero che ci guadagnerò".
L'esito non fu tuttavia quello che i due pittori speravano; Gauguin scrisse a Bernard di sentirsi completamente spaesato nella cittadina, criticando il paesaggio e la gente e lamentandosi dei difficili rapporti con Van Gogh: "Vincent e io siamo pochissimo d'accordo in generale, soprattutto in pittura".
La convivenza si concluse con un drammatico epilogo; Vincent non riusciva a sopportare l'idea che l'amico lo lasciasse solo e ciò segnò i suoi fragili nervi, così, in preda a una crisi, tentò di aggredire l'amico con un coltello, come racconta Gauguin stesso, il quale riuscì a fuggire. Vincent, tornato a casa, si tagliò l'orecchio sinistro e fu ricoverato, mentre Gauguin tornava verso Parigi.
Ciò che accadde la sera del 23 dicembre 1888 in quella Casa Gialla ben lontana dal divenire quell'atelier tanto sognato da Vincent rimane un mistero. Tuttavia, l'amicizia tra i due artisti, il ricordo che portarono con sé l'uno dell'altro fu sempre dolce e positivo.
Autoritratto dedicato a Paul Gauguin - Vincent Van Gogh - 1888
La sedia di Gauguin, dipinto di Vincent Van Gogh datato 1888, trasmette il sentimento del pittore dopo l'abbandono dell'amico. L'oggetto raffigurato è vuoto, solo; si avverte una grande mancanza quasi come fosse dipinto il volto di una persona, grazie anche all'effetto della luce e della candela posata sulla sedia. Essa indica forse la speranza, la voglia di poter tornare indietro e di chiedere scusa, perché la loro amicizia non doveva finire così, era qualcosa di troppo importante e profondo. In omaggio alla pittura di Gauguin, Vincent sembra abbandonare la sua tipica pennellata pastosa per adottarne una più piatta e misurata, più vicina a quella dell'amico.
L'intimità di questo oggetto diviene lo specchio dell'animo di Van Gogh, segnato dalla malinconia per la perdita del suo più grande amico che non rivedrà mai più, ma al quale dedicherà sempre un pensiero anche nelle ore più buie passate in manicomio, anzi la loro amicizia sarà sempre per Vincent una luce, un conforto nel dolore della malattia.
Al caffè, datato 1888, raffigura lo stesso ambiente del celebre dipinto dell'amico Vincent Il caffè di notte, in un'atmosfera certamente meno inquieta. È bello pensare i due artisti seduti insieme alla sera a un tavolo del locale. La donna in primo piano sembra proprio ricordare quello che noi possiamo solo immaginare.
Spinto dagli episodi della vita, dal bisogno di ignoto, nel 1891 Gauguin partì per Tahiti, in una sorta di fuga dal mondo, alla ricerca di un vero paradiso terrestre. Scrisse all'amico Odilon Redon, che cercò di dissuaderlo a partire, di aver "deciso di andare a Tahiti per finire là la mia esistenza. Credo che la mia arte, che voi ammirate tanto, non sia che un germoglio, e spero di poterla coltivare laggiù per me stesso allo stato primitivo e selvaggio. Per far questo mi occorre la calma: che me ne importa della gloria di fronte agli altri! Per questo mondo Gauguin sarà finito, non si vedrà più niente di lui".
In Ave Maria, del 1891, l'autore propone un'interpretazione indigena del tema della Madonna col Bambino, unendo e rielaborando tre motivi iconografici cristiani: l'Annunciazione, la Natività e l'Adorazione del Bambino. A sinistra del dipinto si può infatti scorgere un angelo che indica alle due donne in preghiera la Madonna, vestita con abiti del luogo e con Gesù sulle spalle. Quello che potrebbe essere a prima vista un quadro irrispettoso della religione cattolica è invece una ricerca, da parte dell'artista, di una sacralità universale, che si identifica nell'amore che unisce tutti gli esseri viventi.
Le difficoltà economiche spinsero Gauguin a tornare a Parigi nell'agosto 1893 dove espose una quarantina di opere senza però avere ancora il successo sperato. Le tele suscitarono anzi scandalo e non furono comprese. Ciò portò l'artista, nel 1895, alla decisione di imbarcarsi nuovamente per Tahiti.
La sua pittura recuperò temi e motivi degli anni precedenti, soprattutto riprendendo le immagini femminili. Tuttavia, l'aggravarsi della sua salute, l'isolamento affettivo e la costante difficoltà economica, furono le cause di una profonda crisi depressiva dalla quale non vi era via d'uscita.
In questo periodo volle realizzare una tela che aveva in mente da tempo e alla quale lavorò senza sosta per un mese intero. Si tratta di uno dei suoi capolavori, forse l'opera più grande che dipinse, intitolata Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?.
Il quadro, realizzato senza studi preparatori, nacque, come ricordò lo stesso autore, da "uno stato di vaga sofferenza e sensazione dolorosa di fronte al mistero incomprensibile della nostra origine e dell'avvenire". Il suo significato vuole essere simbolico e universale. L'opera va letta da destra a sinistra, a partire da un neonato, che sembra abbandonato, ignorato dalle ragazze compiaciute della propria bellezza, fino ad arrivare a una donna anziana che si tiene il volto tra le mani, come in attesa della morte. Nella successione delle immagini è possibile ritrovare l'umanità nei diversi stadi della vita. La figura al centro, l'unica maschile, che ricorda il Mercurio della Primavera di Sandro Botticelli, capolavoro che Gauguin doveva conoscere molto bene, sta cogliendo un frutto, allegoria del peccato originale.
La vegetazione dello sfondo richiama il Giardino dell'Eden; i colori sono antinaturalistici, le persone sono gialle e vi è una prevalenza del
blu nel paesaggio.
L'opera, il cui titolo pone i più alti quesiti esistenziali dell'uomo, fu dipinta in un momento tormentato della vita del pittore, quando, malato di cuore, dopo aver contratto la sifilide e aver perso da poco la figlia, tentò di togliersi la vita.
Stanco e disperato morì nel 1903 a soli 55 anni. Questo quadro, quindi, rimane a noi come un vero e proprio testamento spirituale.