Erodoto

Tra il V e il IV secolo a.C., durante la cosiddetta "età classica", in cui vi fu il massimo splendore della pòlis, la città - Stato, operarono drammaturghi come Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristofane; poeti come Pindaro e Bacchilide; numerosi filosofi tra cui Socrate ed infine storici come Erodoto e Tucidide.
Oltre alla ricca esperienza teatrale, l'età classica conobbe un notevole sviluppo della produzione in prosa che si affermò grazie a quattro generi: la storiografia, la filosofia, la prosa scientifica e l'oratoria.
Le prose storiografiche e filosofiche avevano già fatto la loro comparsa in età arcaica. In particolare il primo storico del mondo greco è considerato Ecateo di Mileto, logografo dal quale Erodoto prese ispirazione, ma la storiografia proseguì con i due padri nobili del genere, Erodoto, appunto, e Tucidide, ai quali si aggiunse Senofonte nel IV secolo.
Della prosa filosofica presocratica si è perso quasi tutto, tuttavia essa vide il massimo splendore nel periodo di Platone e Aristotele, le colonne della storia del pensiero.

Platone e Aristotele nel capolavoro Scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

Per quanto riguarda la prosa scientifica vi è ben poco prima del V secolo, quando la medicina assunse un ruolo fondamentale con Ippocrate, mentre l'oratoria visse la sua grande stagione con Lisia, Isocrate e Demostene.

Cicerone definì Erodoto "padre della storia" e per noi la sua figura è molto importante in quanto si impone come il primo storico di cui si conosce chiaramente il metodo e il modo di procedere in quanto la sua produzione si è conservata per intero: dei suoi predecessori, infatti, tra cui personaggi di assoluto rilievo come Ecateo, sono rimasti solo pochi scritti che rendono difficile definire il debito di Erodoto nei loro confronti.
In ogni caso con Erodoto compare qualcosa di nuovo nella storia culturale e letteraria greca. Diversa è per esempio la concezione di mito e storia, ora ben distinta, ma in passato spesso confusa.

Tucidide definirà la storiografia di Erodoto come "intrattenimento occasionale e di breve durata", ma se da una parte va detto che la sua opera era rivolta a letture pubbliche dinanzi a un gran numero di ascoltatori interessati nel conoscere le storie di popoli diversi e lontani, dall'altra bisogna sottolineare che questi discorsi avevano alle spalle un cospicuo lavoro di accertamento del vero e delle fonti e l'applicazione di un metodo ben preciso.

Nato tra il 490 e il 480 a.C. ad Alicarnasso, città portuale dell'Asia Minore da molti secoli colonia dorica, di Erodoto ci sono giunte molte notizie dalla sua stessa opera, nella quale parla spesso di sé.
Proveniente da una famiglia aristocratica coinvolta nelle vicende politiche della città, visse un periodo di esilio in quanto contrario al potere del tiranno filopersiano Ligdami. Al suo ritorno in città, a seguito di una seconda ribellione, il tiranno finì per essere sconfitto.
Verso il 445 Erodoto giunse ad Atene, ormai divenuta il principale polo di attrazione culturale, dove tenne pubbliche letture della sua opera storica e dove si legò in amicizia con Sofocle, la cui tragedia Antigone fa un chiaro riferimento al metodo erodoteo.
Importante fu anche il soggiorno a Turii, in Magna Grecia, sulla costa calabra del golfo di Taranto, alla cui fondazione collaborò nel 444 circa ottenendo la cittadinanza della nuova colonia. Questo non fece però dimenticare allo storico la sua città natale, Alicarnasso, sempre presente nei propri scritti celebrandone le origini.
Si conosce meno dell'ultima fase della vita di Erodoto, che morì probabilmente a Turii intorno al 425.

La piena maturità di Erodoto è rappresentata dalle Storie, un'opera storica pubblicata verso il 425, dunque alla fine della vita di Erodoto che vi lavorò fino all'ultimo. Divisa in nove libri, ciascuno intitolato con il nome di una Musa, è organizzata per nuclei narrativi o lògoi, ed è incentrata sui tanti viaggi compiuti dallo storico in Oriente e Occidente. La preziosa testimonianza diretta dei luoghi visitati, avendoli visti con i propri occhi, ci mostra gran parte della Grecia e della sua area coloniale, la Magna Grecia, ma anche le terre del Mar Nero e dell'Egitto.
La motivazione di questi viaggi, che apparentemente non avevano un itinerario ben definito, risiedeva nel concetto stesso di viaggiare. Era infatti la ricchezza dell'esperienza vissuta ad indicare di volta in volta allo storico i diversi obiettivi, con alla base sempre lo scopo di indagare ed il desiderio di conoscere località e popolazioni nuove.

La questione erodotea

Come nel caso di Omero e della celebre e più complessa questione omerica, anche per l'opera storica di Erodoto si pone il problema della composizione, soprattutto per quanto riguarda l'ordine in cui sono state composte le varie parti e lo scopo che ne ha governato la stesura nelle diverse fasi. Sono state avanzate teorie evoluzionistiche volte a capire la genesi dell'opera erodotea, cercando di spiegare le incongruenze di un processo lungo e articolato fatto di molteplici fasi e cambiamenti.
Nella prima metà del Novecento il filologo e storico tedesco Felix Jacoby pensò che Erodoto avesse mutato la concezione complessiva dell'opera e cambiato idea sulla destinazione quando il lavoro era già molto avanti.
In un primo tempo lo storico sarebbe stato spinto da interessi geografici e di tipo descrittivo dei popoli, componendo una serie di lògoi per le varie regioni e popolazioni. Il soggiorno ad Atene avrebbe poi indirizzato la sua attenzione sul tema della difesa della Grecia e sulla sua libertà contro i Persiani. Da ciò deriverebbe la lunga e complessa elaborazione.
Quest'analisi di Jacoby rappresentò un punto di svolta imponendosi in tutta la moderna critica erodotea.
Ciò che comunque emerge con chiarezza nell'opera è la volontà di Erodoto di concentrarsi sullo scontro tra Oriente e Occidente, con l'attacco persiano alla Grecia che è solo l'ultimo atto nella lunga storia di rivalità tra Asia ed Europa.

Il metodo storiografico

Il viaggiare in prima persona, raccogliendo testimonianze locali, sia scritte che orali, non è l'unica forma di acquisizione delle notizie da parte di Erodoto. Del resto questa modalità trovava un ostacolo nella mancanza di conoscenze linguistiche per un contatto diretto con le diverse popolazioni.
A livello storico Erodoto si avvalse sicuramente dell'opera di Ecateo, spesso citato nelle Storie, tuttavia è difficile rintracciare i modelli seguiti per le parti più descrittive, dedicate per esempio alle battaglie, sebbene un ruolo di notevole influenza doveva essere ricoperto dalla grande produzione poetica, si pensi a I Persiani di Eschilo e alla narrazione delle conseguenze della battaglia di Salamina.
Nel metodo storiografico erodoteo rientrano dunque i modelli poetici e le fonti letterarie di tipo geografico e di descrizione dei popoli tratte dai logografi a lui precedenti, ma anche fonti di prima mano costituite da osservazione diretta e informazioni fornite da testimonianze orali o documenti.
Una caratteristica tipica della storiografia di Erodoto è l'abitudine di riferire le tradizioni così come venivano narrate e, nel caso in cui esistessero più versioni, di esporle tutte senza operare una selezione, lasciando spazio al giudizio. In diverse occasioni è però lo stesso storico ad esporre tradizioni contraddittorie e dichiarare il proprio scetticismo per l'una o per l'altra, senza tuttavia operare una scelta definitiva. Si è per questo accusato spesso Erodoto di scarso senso critico.
Questo metodo, che mostra la sua consapevolezza del rischio di sopravvalutare la propria capacità critica, ha fatto sì che venissero tramandate notizie preziose sulle culture descritte.
In lui prevale il gusto, tipico dello scrittore, per l'arte del raccontare ciò che ha visto e sentito, ciò che ha saputo e conosciuto, manifestando il piacere di accumulare informazioni e di raccogliere notizie.