Alberto Moravia

Nato a Roma nel 1907, è considerato uno dei più rilevanti romanzieri del secolo scorso, celebre soprattutto per il suo primo lavoro, Gli indifferenti, datato 1929.
I temi principali delle sue opere sono il declino della borghesia e le relazioni ipocrite e inautentiche che la caratterizzano, il rapporto tra sesso e denaro nella società contemporanea, l'alienazione, l'esistenzialismo, infine l'inettitudine.
L'esistenzialismo fu una corrente di pensiero novecentesca sviluppatasi tra i due conflitti mondiali che vide tra i precursori in ambito filosofico un autore come Søren Kierkegaard, che pose l'attenzione sul singolo, sulla singola esistenza, e sul sentimento dell'angoscia, ma anche Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche, mentre in campo letterario Giacomo Leopardi e il russo Dostoevskij.
Moravia si inserì nel filone dell'esistenzialismo letterario per la sua capacità, oltre che di rappresentare, di indagare a fondo le forme della realtà, in quella che è la narrativa realistico-psicologica. Egli fu infatti un osservatore instancabile della contemporaneità, dell'uomo moderno, con i propri dissidi e turbamenti.
Già gli autori appartenenti all'ermetismo avevano trattato temi come la solitudine, l'illusione del vivere, la morte, come nel caso di Giuseppe Ungaretti, precursore di questa tendenza, che durante la Prima guerra mondiale scrisse poesie parlando della vita come di un "naufragio" di speranze e di illusioni, manifesto del senso di precarietà che caratterizza l'uomo del suo tempo.
Tematiche analoghe si ritrovano nelle liriche di Salvatore Quasimodo e Umberto Saba, sino ad Eugenio Montale, che nella sua poetica esprime una forte sensibilità nei confronti della sofferenza e dei limiti invalicabili dell'esistenza.
Oltre a Moravia, in letteratura un autore esistenziale fu Franz Kafka, mentre in filosofia Jean-Paul Sartre.
Il tema dell'inettitudine in Moravia, che rende i suoi personaggi incapaci di agire, è stato centrale nella letteratura del Novecento, in particolare in Italo Svevo e Federigo Tozzi.

L'adolescenza di Moravia fu segnata da una grave forma di tubercolosi ossea che lo costrinse a lunghi periodi di isolamento. L'immobilità gli permise di costruirsi una vasta cultura, sebbene disordinata, sviluppando la passione letteraria, attraverso intense letture di autori quali Gabriele d'Annunzio e il "maledetto" Arthur Rimbaud, ma anche Marcel Proust, Sigmund Freud e Kafka.
Il successo arrivò già nel 1929, all'età di ventidue anni, con la pubblicazione del romanzo Gli indifferenti, iniziato a soli diciassette anni.
Durante il ventennio fascista e del regime di Benito Mussolini collaborò con la rivista "900", costretto in seguito a scrivere sotto falso nome e a censurare vari scritti. Viaggiò allora molto, sino negli Stati Uniti e in Cina.
Al ritorno in Italia sposò la scrittrice Elsa Morante, con cui visse sino al 1962, quando si separarono. Dopo la Seconda guerra mondiale iniziò a collaborare con il Corriere della Sera, accostandosi anche alla scrittura cinematografica. Datato 1960 è il romanzo La noia, recensito sul Corriere da Montale, che riprende la filosofia di Sartre e mostra il pessimismo da parte dello scrittore nei confronti dell'utilità dell'arte per la società.
"Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altri simili cause".

Moravia morì a Roma nel 1990.

Gli indifferenti

Colazione - Paul Signac - 1887

Il capolavoro di Moravia si presenta come un romanzo compatto e "teatrale", di pochi personaggi, il cui tema principale è l'indifferenza, non solo un tratto psicologico, ma una condanna esistenziale che coinvolge tutti i protagonisti.
La struttura teatrale è evidente nei piccoli ambienti, solitamente il salotto di casa della famiglia Ardengo, e nella descrizione minuziosa da parte dell'autore degli interni, spesso collegati all'interiorità dei personaggi. Anche i capitoli sono divisi come delle scene.
Mariagrazia, madre di Michele e Carla, è una vedova che abita in una villa alle porte di Roma. La sua famiglia, un tempo una delle più ricche della città, è in piena decadenza. La donna ha un amante, Leo Merumeci, attratto da Carla, a cui una sera, nel salotto, decide di confessare il proprio desiderio. Carla oppone scarse resistenze non riuscendo a capire la gravità della situazione. Leo frequenta gli Ardengo ormai da anni e ne cura le questioni economiche. Anche Michele, alter ego dello scrittore, è costretto a fare i conti con lui. Michele sembra essere l'unico personaggio ad avere dei dubbi sulla figura di Leo. Il suo odio è, però, quello immaturo di un ragazzo e non riesce mai ad affrontarlo. Michele è un inetto: nonostante sia ancora giovane è comunque troppo indifferenti alle sorti familiari. Il primo scontro di Michele con Leo avviene nel salotto della villa, ma senza agire direttamente, il ragazzo infatti per la maggior parte del tempo fantastica di sfidare il rivale, ma ogni tentativo concreto risulta vano.
Carla vive nelle proprie fantasticherie e in balia della noia, aspettando di poter fuggire da quella vita per iniziarne una nuova. Mariagrazia, invece, è totalmente succube dell'amante.
Durante una cena, trascorsa tra i soliti silenzi imbarazzati, Michele tenta di provocare Leo, chiedendogli un resoconto della condizione economica della famiglia, fino a quando scoppia una lite violenta in cui il giovane sembra all'inizio avere la meglio, accusando l'antagonista di approfittare della loro condizione disagiata. A interrompere la discussione è l'ingresso in salotto di Lisa, amica di Mariagrazia, un tempo amante di Leo. La donna suscita in Mariagrazia un'evidente gelosia costante in tutto il romanzo.
Lisa nutre interesse per il giovane Michele e decide di invitarlo a casa sua il pomeriggio seguente. L'abitazione della donna rispecchia il suo nobile passato e il meschino, decadente presente. Michele capisce subito che Lisa ha intenzione di avere un rapporto con lui. L'idea di andare a letto con una donna grassa e matura lo attrae e disgusta allo stesso tempo. Il ragazzo sembra chiudersi in una sorta di cupa rassegnazione e così ricambia gli abbracci della donna con un bacio. Anche lui sembra dunque ricadere nel medesimo atteggiamento della sorella nei confronti di Leo.
Il giorno del ventiquattresimo compleanno di Carla, durante il pranzo, Leo decide di far ubriacare la ragazza al fine di possederla. La giovane non regge però l'alcol e si sente male proprio mentre Leo la stava per violentare.
Frustrato dall'accaduto, ma ancora inappagato, Leo decide di recarsi da Lisa, la sua vecchia amante, convinto di trovare facile soddisfazione, ma riceve un altro rifiuto. Lisa sta infatti aspettando Michele e allontana Leo. Quest'ultimo, però, arriva quasi a violentarla, e solo l'arrivo del ragazzo lo costringe a fermarsi.
Mariagrazia decide di invitare l'amante ad un ballo; egli accetta solo perché crede sia una nuova occasione per incontrare e sedurre Carla. Nel cercare di liberarsi velocemente di Mariagrazia, Leo incorre in una gaffe che fa impazzire di gelosia la donna, ancora convinta che sia innamorato di Lisa, ignara che sia la figlia, seduta accanto a lei, la vera rivale. Mariagrazia si confida con Michele che però preferisce abbandonare la festa piuttosto di iniziare una nuova discussione con la madre. Tornato verso casa da solo, Michele incontra Lisa. Intanto anche Leo, Carla e la madre tornano alla villa. Mentre Lisa e Mariagrazia si allontanano, Leo approfitta della solitudine per baciare Carla, facendosi promettere un successivo incontro. Lisa, però, li spia senza essere vista e, a differenza della ragazza, capisce subito la gravità della situazione, nonostante ciò rimane in silenzio.
Carla attende l'incontro con angoscia. Immagina la nuova vita che inizierà dopo quella notte, ma teme anche di lasciarsi sfuggire un'occasione, così esce dalla villa per recarsi da Leo. L'appartamento è spoglio e anonimo; nessun romanticismo viene mostrato da Leo nel rivolgersi alla giovane, che sognava un incontro completamente diverso; l'unico obiettivo è quello di portarla a letto. Carla si abbandona comunque al desiderio dell'amante con muta rassegnazione, vivendo una notte piena di sensi di colpa.
Gli eventi hanno così riunito, nel dramma di quelle relazioni, Carla e Leo, Michele e Lisa. Soprattutto Carla rischia di creare un grande scandalo nell'essere scoperta dalla madre. Michele continua la sua relazione senza essere attratto dalla donna che, infastidita dal suo atteggiamento, gli confessa ciò che sa su Carla e Leo. Michele recita la parte dell'indignato, ma ancora una volta si dimostra indifferente a questa clamorosa rivelazione. Spinto da Lisa, Michele promette di vendicare l'onore della madre e della sorella uccidendo Leo. Nel lasciare la casa della donna, Michele si è reso conto che ormai agire è inevitabile, ma intanto continua a fantasticare, immaginando la scena della morte dell'uomo e la sua vittoria da eroe, arrestato, ma trionfante. Giunto a casa del rivale con un'arma da fuoco appena acquistata, suona il campanello, preoccupato che a casa non ci sia nessuno: se così fosse non troverebbe più il coraggio e la sua inettitudine avrebbe ancora una volta la meglio. Proprio quando sta per andarsene, Leo apre la porta. L'uomo è stupito di vederlo, ma convinto che si tratti di questioni economiche. Appena giunti in salotto Michele estrae la pistola e tenta di sparare, ma l'arma non esplode alcun colpo perché nella fretta il giovane aveva dimenticato di caricarla. Leo riesce a disarmarlo, quando, attirata dai rumori, Carla arriva in salotto.
Segue un dialogo fra i tre in cui Leo propone inaspettatamente alla ragazza di sposarlo. Il matrimonio sarebbe stato l'unico modo per non compromettere la ragazza; anche Michele sembra d'accordo. Dopo aver chiamato un taxi, Carla e Michele tornano verso casa, seduti l'uno affianco all'altro senza parlarsi, "come due fantocci senza vita". Michele pensò, volgendo lo sguardo verso la sorella: "Tutto è finito, è una donna". Si sentì vinto e domandò: "E così Carla, lo sposerai?". "Lo sposerò", annuì la ragazza senza voltarsi.
Prima di entrare in casa Michele le rivolge un'ultima domanda: "Carla, quando parlerai alla mamma di questo matrimonio?". "Domani", rispose la giovane guardandolo. Il finale resta così aperto e in sospeso, con Lisa e Mariagrazia eccitate all'idea di un ballo in maschera e la drammatica immagine conclusiva in cui si vedono Carla e la madre scendere la scala di casa travestite, in una felicità solo apparente e passeggera che presto si trasformerà in presa di coscienza, o forse, semplice rassegnazione.

Madre e figlia - Edvard Munch - 1897