Piero di Cosimo

Nato a Firenze intorno al 1461, Piero di Cosimo fu allievo della bottega di Cosimo Rosselli, una delle più prestigiose nella Firenze quattrocentesca insieme a quella di Domenico Ghirlandaio nella quale si formò anche il giovanissimo Michelangelo Buonarroti.
Narra nelle Vite Giorgio Vasari che nel periodo in cui Giorgione e il Correggio donavano prestigio con le loro opere alla Lombardia e d'intorni, in Toscana veniva proseguita quella grande tradizione di pittori che pochi anni prima erano stati chiamati a Roma da papa Sisto IV per dipingere i capolavori delle due pareti laterali della Cappella Sistina. Qui Sandro Botticelli, Pietro Perugino, il Ghirlandaio, il Rosselli e Luca Signorelli ebbero la loro sfida più importante, per la quale si avvalsero degli allievi delle loro bottega, alcuni dei quali collaborarono personalmente agli affreschi.
Uno di loro fu Piero di Lorenzo, meglio conosciuto come Piero di Cosimo da quando nel 1480 iniziò a seguire Cosimo Rosselli.
Scrive di lui il Vasari: "figliuolo d’un Lorenzo orafo et allievo di Cosimo Rosselli, e però chiamato sempre, e non altrimenti inteso, che per Piero di Cosimo: poiché invero non meno si ha obligo e si debbe riputare per vero padre quel che c’insegna la virtù e ci dà il bene essere, che quello che ci genera e dà l’essere semplicemente".

Piero di Cosimo instaurò un bel rapporto di affetto e collaborazione con il suo maestro, che lo vide sempre, continua Vasari, come un figlio: "fu dato in cura a Cosimo, che lo prese più che volentieri, e fra molti discepoli ch’egli aveva, vedendolo crescere, con gli anni e con la virtù gli portò amore come a figliuolo e per tale lo tenne sempre".

Cosimo Rosselli

Uno dei dipinti della Sistina a cui lavorò insieme al maestro fu la Discesa dal monte Sinai, situato sulla parete di sinistra entrando dalla porta principale, dalla parte opposta rispetto all'ingresso del percorso dei Musei Vaticani, dove vi sono rappresentate le Storie di Mosè.
In basso a sinistra vediamo Mosè che sostiene le Tavole mostrandole al popolo d'Israele, mentre al centro, in preda all'ira avendo scoperto la creazione dell'altare del vitello d'oro, getta a terra le Tavole spezzandole. A destra vi sono poi alcuni ritratti di contemporanei dietro i quali viene raffigurata la ricezione delle nuove Tavole.

Di fronte all'affresco, in perfetta specularità di immagine e contenuto, si trova il Discorso della montagna, sempre opera del Rosselli, in cui Gesù, l'ultimo e definitivo legislatore, annuncia la nuova legge, quella dell'Amore. Piero di Cosimo dipinse con molta probabilità il magnifico paesaggio che fa da sfondo alla predica di Cristo secondo quanto scrive il Vasari: "Onde aveva cagione di volergli ben grande Cosimo suo maestro, perché se ne serviva talmente ne l’opere sue, che spesso spesso gli faceva condurre molte cose che erano d’importanza, conoscendo che Piero aveva e più bella maniera e miglior giudizio di lui. Per questo lo menò egli seco a Roma, quando vi fu chiamato da papa Sisto, per far le storie de la cappella, in una de le quali Piero fece un paese bellissimo".

Rientrato a Firenze ritrasse intorno al 1483 Simonetta Vespucci come Cleopatra, la donna amata da Giuliano de' Medici e musa ispiratrice del Botticelli, rapito dalla sua bellezza, per capolavori come la Nascita di Venere e la Primavera.
La donna, dalla carnagione chiarissima messa in risalto nel viso dalla nuvola scura, presenta un'acconciatura ricchissima che stupisce per la cura dei dettagli, ed è girata leggermente verso lo spettatore per mettere in risalto la sua figura immersa in uno splendido paesaggio.

Di qualche anno più tardi è la Sacra conversazione conservata nella Galleria dello Spedale degli Innocenti di Firenze e commissionata da Piero Del Pugliese.
Secondo la raffigurazione tradizionale Maria è posta al centro su un trono con in braccio il Bambino rivolto verso i quattro santi in adorazione. Sopra la Vergine, in primo piano di un infinito paesaggio, un piccolo putto scolpito si confonde con i due angioletti vivi ai lati che sostengono il drappo rosso.

Il dipinto, di datazione incerta, è stato accostato da alcuni studiosi a quello dell'Incarnazione di Cristo della Galleria degli Uffizi, del periodo maturo della carriera del pittore, dove appaiono evidenti le influenze di Leonardo da Vinci, si veda il San Giovanni a sinistra, e di Lorenzo di Credi.

Datata 1490 circa, la Visitazione con i santi Nicola e Antonio fu eseguita, afferma il Vasari, per la chiesa di Santo Spirito di Firenze su commissione della famiglia Capponi ed è oggi conservata nella National Gallery of Art di Washington.
Al centro della composizione Maria incontra l'anziana Elisabetta, che da lì a poco avrebbe dato alla luce Giovanni Battista. Le due donne, unite da una stretta di mano, sembrano sospese nell'attimo prima di un abbraccio consapevole dei rispettivi destini dei propri figli. Ai lati sono seduti i santi Nicola e Antonio Abate, testimoni dell'evento, intenti uno a leggere e l'altro, con gli occhiali, a scrivere.
Scrive l'evangelista Luca: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Piero di Cosimo realizzò anche un bellissimo ritratto, che il Vasari dice sembrare vivo, dell'architetto prediletto di Lorenzo il Magnifico, Giuliano da Sangallo, al quale fu legato da amicizia. Egli, insieme ai tanti celebri artisti della sua famiglia, fu una figura fondamentale per la Firenze del Quattrocento e per l'architettura rinascimentale.

Oltre ai numerosi temi religiosi a cui diede vita, Piero di Cosimo si interessò anche a soggetti mitologici, come mostra quella che è ritenuta la sua ultima opera, la Liberazione di Andromeda della Galleria degli Uffizi, datata 1510 - 1513 ed ispirata alle Metamorfosi di Ovidio.

L'artista si spense nell'anno 1522 probabilmente a causa della peste; il suo stile originale, ricercato e pieno di fascino colpì un amante dell'arte come Gabriele d'Annunzio, tanto da rendergli omaggio nel suo romanzo capolavoro del 1889, Il piacere.
"Giocondo e facile pittore, forte e armonioso colorista, che risuscitava liberamente col suo pennello le favole pagane".