Cosimo Rosselli

Nato a Firenze nel 1439, è stato un pittore che ha operato nella seconda metà del Quattrocento, un periodo artisticamente molto fecondo, forse il punto più alto del Rinascimento prima che si affermassero i geni di Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio.
La figura di Rosselli, sebbene marginale nei manuali di pittura, va tenuta in grande considerazione in quanto fu uno dei protagonisti che a partire dal 1481 venne chiamato a Roma ad affrescare le pareti laterali della Cappella Sistina. Insieme a lui Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio, Sandro Botticelli e Luca Signorelli, i quali ebbero qui la loro sfida più grande, lavorare per il papa in quella che sarebbe divenuta la cappella più famosa della storia delle arti.
Fu Sisto IV della Rovere a volere la Cappella Sistina come la conosciamo oggi, edificata a partire dal 1475 su disegno dell'architetto toscano Baccio Pontelli. Più avanti, nel 1508, il nipote del pontefice, Giuliano della Rovere, divenuto papa con il nome di Giulio II, chiamerà il Buonarroti a decorare la volta.
Nel disegno che segue, particolare di un affresco di Melozzo da Forlì custodito nella Pinacoteca Vaticana, vediamo proprio papa Sisto IV, da cui prende appunto il nome la Sistina, e di fronte a lui suo nipote, il futuro Giulio II.

I lavori in Sistina di questi grandi professionisti umbri e toscani durarono appena due anni e il giorno dell'Assunta dell'anno 1483, solennità a cui è dedicata la cappella, Sisto IV poté inaugurare le due pareti laterali.
Entrando dalla porta principale, dalla parte opposta rispetto all'ingresso del percorso dei Musei Vaticani, si vedono sulla parete di destra le Storie di Gesù e sulla parete di sinistra le Storie di Mosè, scene tratte dunque dall'Antico e dal Nuovo Testamento, a dimostrazione della concordanza tra la vita di Mosè e quella di Cristo, i due grandi legislatori.
Ecco come doveva apparire la Sistina prima degli interventi di Michelangelo, con la volta decorata da Piermatteo d'Amelia con un cielo azzurro cosparso di stelle. Sicuramente il Buonarroti, quando cominciò ad affrescare la volta, studiò e si confrontò con ognuna di queste opere degli autori della generazione a lui precedente, i suoi maestri, come per esempio il Ghirlandaio, della cui bottega fu allievo in età giovanile.

Il Rosselli si occupò con certezza di due affreschi relativi alle Storie di Cristo e uno riguardante le Storie di Mosè, sebbene un altro di questi, il Passaggio del Mar Rosso, sia di attribuzione incerta, probabilmente il Ghirlandaio oppure Biagio d'Antonio, uno dei collaboratori, ma non si esclude che possa essere opera del Rosselli.
L'affresco del Discorso della montagna, situato alla sinistra della Consegna delle chiavi, capolavori di Perugino, raffigura uno dei discorsi più belli rivolti da Gesù alla folla, sintesi dei valori principali della fede cristiana. Così l'evangelista Matteo:

Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Tra la folla, alla sinistra del dipinto, si scorge in ultima fila un uomo col cappello nero rivolto verso lo spettatore. Questi dovrebbe essere lo stesso Rosselli in un autoritratto. A destra ha luogo invece la scena della guarigione del lebbroso, episodio descritto dall'evangelista Marco:

Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.

Di fronte a quest'opera, sull'altra parete, vi è invece la Discesa dal monte Sinai, sempre di Cosimo Rosselli e aiuti, tra cui Piero di Cosimo un allievo che considerava come un figlio. A fronteggiare l'episodio in cui Mosè riceve le Tavole della Legge da Dio in cima al monte Sinai vi è quindi la legge di Cristo nel Discorso della montagna, cioè la nuova legge, quella dell'Amore. Le due opere sono accomunate dalla presenza del monte e dalla rappresentazione di più scene.  
In basso a sinistra vediamo Mosè che sostiene le Tavole mostrandole al popolo d'Israele, mentre al centro, in preda all'ira avendo scoperto la creazione dell'altare del vitello d'oro, getta a terra le Tavole spezzandole. A destra vi sono poi alcuni ritratti dietro i quali vi è infine la ricezione delle nuove Tavole.

Tornando alla parete delle Storie di Gesù, questa volta alla destra della Consegna delle chiavi del Perugino, vi è l'Ultima Cena, in cui subito notiamo la presenza di uno solo dei dodici apostoli dall'altra parte della tavola, girato di spalle rispetto all'osservatore. È Giuda Iscariota, protagonista dello specifico momento raffigurato, cioè quando Gesù pronuncia la frase: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà".
In alto vengono rappresentate le scene successive a questa rivelazione, che appaiono come dipinti nel dipinto, cioè l'Orazione nell'orto, la Cattura di Cristo e infine la Crocifissione. Proprio al centro, sopra le figure di Gesù e Giuda seduti a tavola, li rivediamo nell'istante del bacio: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?".

Le Vite di Giorgio Vasari ci raccontano un aneddoto curioso che riguarda il Rosselli. Alla conclusione dei lavori il pontefice avrebbe infatti assegnato un premio al pittore che, secondo il suo giudizio, aveva dato vita al dipinto migliore. Sentendosi inferiore degli altri presenti nell'invenzione e nel disegno, Rosselli decise di coprire alcune parti delle sue opere con "finissimi azzurri oltramarini e d’altri vivaci colori", scrive il Vasari. Il papa, recatosi per giudicare, fu colpito proprio da quei raggianti colori e decise di assegnare il premio al Rosselli, a suo parere il più bravo di tutti.
A seguito dell'episodio, nel 1482, fece ritorno nella sua città, Firenze, dove morì nel 1507 e dove oggi riposa nella basilica di Santa Croce, non lontano dal Buonarroti.