Franz Liszt

Franz Liszt è stato uno dei più grandi virtuosi del pianoforte, tra gli autori che espressero appieno lo spirito e i temi del Romanticismo.
Fu l'inventore di quel genere chiamato recital concertistico, che consisteva nell'esibizione solistica di un musicista al fine di mettere in evidenza tutta la propria bravura e abilità nel suonare lo strumento, generalmente il pianoforte. Liszt era solito dare le spalle agli ascoltatori proprio per farli concentrare sui suoi rapidissimi movimenti delle mani, capaci di donare alle note del pianoforte una vera e propria anima.
Si può infatti dire che grazie a Liszt e al suo caro amico Fryderyk Chopin, la musica pianistica raggiunse la propria essenza, toccando l'apice del virtuosismo con il primo, mentre con il secondo la sua intima purezza, facendosi espressione delle emozioni più recondite.

Nato in Ungheria nel 1811, Liszt mostrò sin da bambino la propria naturale predisposizione alla musica, trasferendosi presto in quella che era la capitale artistica e culturale del XIX secolo, Parigi, definita dal grande compositore Giuseppe Verdi come "la capitale del mondo moderno".
Per capire ciò che rappresentava in quegli anni l'ambiente parigino basta osservare il quadro intitolato Liszt al pianoforte di Josef Danhauser, datato 1840 e conservato oggi a Berlino.
Liszt è al piano con lo sguardo rivolto al busto di Beethoven, riferimento imprescindibile per la propria arte, mentre ai piedi dello strumento vi è la compagna del musicista, la contessa Marie d'Agoult. Seduta in poltrona è George Sand, a lungo compagna di Chopin, e vicino a lei Alexandre Dumas. Dietro vi sono infine Victor Hugo e sullo sfondo, Gioachino Rossini che abbraccia Niccolò Paganini.

Il dipinto è la rappresentazione ideale del salotto parigino, nobile ambiente dove musica e poesia dialogavano in simbiosi assoluta. Il salotto era luogo di incontro e amicizia tra i poeti della parola e del suono, ma anche ambiente privato e ristretto che consentiva un'esibizione intima dei propri pezzi, per pochi, dove Chopin, per esempio, diede vita a buona parte della propria produzione. Se Liszt preferiva infatti esibirsi nei concerti virtuosi dinanzi ad una grande folla, esibendosi in giro per il mondo, Chopin, dal carattere timido e riservato, preferiva esibirsi in privato, affidando alle note i suoi stati d'animo e le proprie emozioni. Scriveva a Liszt:
"Io non sono adatto a dare concerti. La folla m'intimidisce; mi sento asfissiato dai suoi respiri precipitosi, paralizzato dagli sguardi curiosi, muto davanti ai volti sconosciuti. Ma tu, tu sei nato per questo, perché, quando non conquisti il tuo pubblico, hai il potere di soverchiarlo"...

Da giovane Liszt ebbe come maestro Carl Czerny, a sua volta allievo di Beethoven, il quale lodò molto il sentimento e la brillantezza con cui Liszt suonava, ed una volta giunto a Parigi si legò subito in amicizia con Felix Mendelssohn e Chopin. Nel 1830 poté assistere alla Sinfonia fantastica di Hector Berlioz, rimanendone affascinato.
Fu un periodo davvero straordinario per la musica, se si pensa che a poca distanza l'uno dall'altro, tra il 1809 e il 1810, nacquero nell'ordine Mendelssohn, Chopin e Robert Schumann, quest'ultimo conosciuto da Liszt qualche anno più avanti, spegnendosi tutti e tre in giovane età nell'arco di un decennio, tra il 1847 e il 1856. Se le loro vicende artistiche si interruppero inevitabilmente, nella seconda metà dell'Ottocento, Liszt e Richard Wagner, anche loro della stessa generazione, proseguirono invece le proprie ricerche musicali, legandosi, oltre che in una sincera amicizia, anche a livello familiare. Wagner prese infatti in sposa la figlia di Liszt, Cosima. A Wagner e Liszt si aggiunse negli stessi anni il giovane Johannes Brahms, allievo di Schumann, protagonista della Vienna della seconda metà del XIX secolo.
Per molti aspetti, come a livello stilistico e caratteriale, Liszt e Wagner differivano molto, eppure per altri si assomigliavano: a metà Ottocento erano ancora giovani, ma allo stesso tempo avevano alle spalle una carriera rilevante, quella di pianista virtuoso Liszt e quella compositiva Wagner, che aveva già realizzato sei opere. Furono inoltre insaziabili ricercatori di nuove ispirazioni, in costante rinnovamento stilistico, tanto che definirono il loro progetto musicale, il loro sodalizio artistico, come musica dell'avvenire, distaccandosi dunque dal passato per creare qualcosa innovativo e moderno. Così Liszt, ormai celeberrimo concertista, divenne uno dei primi sostenitori dell'opera d'arte totale wagneriana.
Affermava così Wagner, brindando al compimento del suo più grande e ambizioso lavoro, L’anello del Nibelungo: Questo, è per un uomo che ha creduto nella mia musica quando nessuno voleva saperne di me. Senza di lui, non credo che voi avreste sentito stasera ciò che avete sentito. Parlo del mio carissimo amico Franz Liszt”.

Liszt fu uno dei maggiori autori di poemi sinfonici, composizioni per orchestra che prendono ispirazione dalla letteratura. Un esempio è la meravigliosa Dante-Symphonie composta fra il 1855 e il 1856 e ispirata alla lettura della Divina Commedia.
Nel 1850, appena dopo la morte dell'amico Chopin, di cui fu biografo, aveva invece dato vita al Sogno d'amore (Liebestraum), tre composizioni per pianoforte in cui l'ultima, fra i più celebri ed eseguiti del suo repertorio, è un notturno molto vicino per tema e dolcezza stilistica, a quelli del polacco. L'ascolto ci trasmette la bellezza e l'armonia del sentimento amoroso, ma allo stesso tempo sembra invitarci ad amare finché si ha tempo, perché la vita fugge inesorabile e il sogno può dissolversi nel sopraggiungere di un tramonto, come fu per Chopin.

La grandezza di Liszt, oltre che nel suo stile altissimo e complesso, stava nella capacità di far confluire in un unico componimento diverse forme d'arte: la musica, la poesia e la stessa pittura. È il suo capolavoro pianistico Anni di pellegrinaggio, il cui titolo prende ispirazione da Goethe, una sorta di diario spirituale i cui pezzi per pianoforte solista rievocano la contemplazione di opere d’arte e splendidi paesaggi ammirati nei suoi viaggi attraverso l’Italia e la Svizzera.
Il suo rapporto col nostro paese fu decisivo nella sua produzione, affascinato a livello poetico da un autore come Francesco Petrarca, del quale mise in musica ben tre sonetti, i quali gli permisero di tradurre in musica sentimenti e stati d'animo profondi.

Il sonetto 47, ossia Benedetto sia 'l giorno, è di tipo amoroso, volto a celebrare l'anno, il mese, il giorno, il luogo e l'esatto istante in cui il poeta incontrò per la prima volta l'amata Laura. Il tono è dunque delicato e dal grande effetto emotivo.

Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno,
e la stagione, e ’l tempo, e l’ora, e ’l punto,
e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’hanno;

e benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l’arco, e le saette ond’i' fui punto,
e le piaghe che ’nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia donna ho sparte,
e i sospiri, e le lagrime, e ’l desio;

e benedette sian tutte le carte
ov’io fama l’acquisto, e ’l pensier mio,
ch’è sol di lei, sì ch’altra non v’ha parte.

Il sonetto 104, vale a dire Pace non trovo, et non ò da far guerra, riesce invece, attraverso l'andamento agitato e il consueto virtuosismo di Liszt, ad esprimere nella sua totalità il celebre dissidio petrarchesco.
Il sonetto 123 infine, I’ vidi in terra angelici costumi, è di nuovo di tipo amoroso e di straordinaria finezza, introdotto da una dolcissima melodia.

Il compositore non trasse ispirazione solo dalla lettura dei nostri grandi poeti, ma anche dalla contemplazione di alcune meravigliose opere d'arte, come per esempio la statua di Lorenzo duca di Urbino, opera di Michelangelo Buonarroti che veglia sulle tombe medicee nella Sagrestia Nuova della basilica di San Lorenzo a Firenze. Intitolato Il pensieroso per l'atteggiamento con cui la scultura veglia sui sepolcri, il pezzo ripete in continuazione un tema di marcia funebre adeguandosi al contesto e probabilmente agli stessi versi dello scultore:

Caro m'è 'l sonno, e più l'esser di sasso,
mentre che 'l danno e la vergogna dura;
non veder, non sentir m'è gran ventura;
però non mi destar, deh, parla basso.

Il capolavoro di questi Anni di pellegrinaggio è però lo Sposalizio, ispirato alla visita milanese presso la Pinacoteca di Brera e alla vista del magnifico dipinto di Raffaello Sanzio, lo Sposalizio della Vergine, dal quale il musicista fu folgorato.
In questa composizione Liszt riesce letteralmente a calare l'ascoltatore nel dipinto, come rapito fuori dal tempo in un'armonia celeste che rispecchia la perfezione del tempio, delle proporzioni e del paesaggio raffaellesco.

Lo spartito è uno dei più dolci del compositore, volto a celebrare la solenne cerimonia che si sta svolgendo in primo piano, per poi lasciarsi andare nel finale nel consueto stile virtuoso di Liszt, impossibile da riprodurre con precisione. È lo scambio degli anelli, quando finalmente i due coniugi uniscono i loro cuori in un'anima sola. Il componimento si conclude con il ritorno di una perfetta sinfonia che sancisce la fine della cerimonia ed il sopraggiungere della quotidianità, dell'intimità domestica.

Ammalatosi gravemente di polmonite, morì nel 1886 nella Bayreuth wagneriana.

"Quando Liszt è entrato [Teatro di Dresda], è stato accolto dal pubblico con una manifestazione commovente. Il demone non ha rivelato subito tutte le sue forze. Dapprima ha giocato con leggerezza coi suoi ascoltatori. Ma, col passare dei minuti, la sua arte magistrale diveniva più profonda e infine ha soggiogato il pubblico. La forza misteriosa con la quale riesce a commuoverci, oltre a Liszt, la possiede solamente Paganini".

Robert Schumann

Leggi anche: