Richard Wagner

Là dove si arresta il potere delle parole, comincia la musica.

Richard Wagner nacque a Lipsia, in Germania, nel 1813.

Fu un compositore, poeta, librettista e direttore d’orchestra tra i più importanti esponenti del Romanticismo e della storia musicale.

Durante il periodo romantico la musica divenne un’arte al pari della letteratura e dell’arte. Rispetto a queste due discipline il romanticismo musicale si sviluppò più tardi, ma subito riuscì a trasmettere con facilità il sentimento e il topos dell’uomo romantico, cioè l’infinito.

Ideale del Romanticismo era quello di creare una forma d’arte assoluta che unisse arte, poesia e musica. I due paesi più rilevanti per la musica di questo movimento ottocentesco erano l’Italia e la Germania.

Altro aspetto rilevante era il cambiamento della figura del compositore, il quale non è più un artigiano che lavora su commissione della corte, ma un libero pensatore indipendente da signori e mecenati che scrive solo se ispirato e dedica tutta la vita e tutta la sua passione per la musica.

Il primo che riuscì a incarnare questa figura fu Beethoven, genio universale, ultimo esponente del classicismo viennese e precursore del movimento romantico. In precedenza già Mozart aveva sempre cercato l’indipendenza musicale senza però riuscirvi.

Nel 1843 Wagner si fece notare con l’opera l’Olandese volante la cui musica esalta tutte le sue qualità. La vicenda narra di un marinaio dannato a navigare in eterno. L’autore, seguendo l’ideale romantico, sceglie il mito in modo da avvicinarsi più rapidamente al pubblico che viene attratto dalla fantasia e si immedesima con facilità nel personaggio. Quasi tutti i titoli dell’artista tedesco saranno ispirati alla leggenda. Caratteristica importante di quest’opera è l’ouverture, impetuosa e violenta, adatta a catturare l’attenzione del pubblico.

Stesso obiettivo ha l’ouverture dell’opera del 1845 Tannhäuser, questa volta spirituale, quasi da chiesa, per estraniare l’ascoltatore dalla realtà che lo circonda. Il tema principale è l’opposizione tra amore sacro e profano, con il protagonista che è combattuto tra Venere e Santa Elisabetta.

Nell’opera Lohengrin si trova un’ouverture simile che trasporta il pubblico in un’altra realtà, quella fantastica. La fonte è un poema epico medievale che narra di Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, uno dei custodi del Sacro Graal e figlio di Parsifal. La partitura è il coronamento del romanticismo tedesco. Nella scena del matrimonio del terzo atto si può ascoltare la celebre marcia nuziale. La prima rappresentazione dell’opera si tenne a Weimar nel 1850 e fu curata da Franz Liszt, virtuoso del pianoforte, amico e sostenitore di Wagner. I due musicisti divennero parenti quando nel 1870 Wagner sposò la figlia di Liszt, Cosima.

Scriveva Wagner a Liszt su Cosima: "Tu le hai dato la vita; tu mi hai reso alla vita. Finché prodigherai intorno a te bontà e bellezza – e non sapresti agire altrimenti – questa vita rimane tua, e noi te la offriamo con tutta la nostra riconoscenza. Salute a te! Il tuo amico".

In questo periodo si trasferì in Svizzera, in una villa sul lago dei Quattro Cantoni e conobbe Friedrich Nietzsche con cui stabilì un legame d’amicizia e intellettuale molto intenso. Il filosofo, appassionato di musica, era un grande ammiratore di Wagner; entrambi amavano la filosofia di Schopenhauer e la tragedia greca. Affermava Nietzsche: “La vicinanza di Wagner è la mia consolazione. Ciò che laggiù imparo e vedo, ascolto e intendo, è indescrivibile. Schopenhauer e Goethe, Eschilo e Pindaro vivono ancora”.

L’amicizia si interruppe improvvisamente per ragioni non ancora chiare, che ebbero però ripercussioni sulla già difficile stabilità mentale del filosofo. Nietzsche era portato a vedere in Wagner l’estremo rappresentante del Romanticismo e a scorgere l’affermarsi di uno spirito di rassegnazione e di rinuncia. Il testo Umano, troppo Umano. Un libro per spiriti liberi segnò il definitivo distacco da Wagner e da Schopenhauer.

Sempre in Svizzera, Wagner concepì e mise per iscritto l’opera d’arte totale, un organismo coeso, compatto, un’idea unitaria in cui ogni elemento dell’opera doveva seguire la stessa direzione. Per fare ciò l’autore doveva realizzare tutto da solo: Wagner componeva la musica, scriveva i libretti e si occupava della messa in scena. Egli coltivò a lungo l’idea di avere a disposizione un teatro adatto a rappresentare le proprie creazioni; un teatro nuovo, diverso dalla tradizione italiana.

Nelle sue opere l’orchestra aveva un ruolo fondamentale: suonava la melodia infinita, dove la musica non si interrompeva mai, esprimendo ciò che è aldilà delle parole, evocando ricordi, sentimenti, presagi che costituiscono motivi ricorrenti: i Leitmotive, incisi essenziali caratterizzati da un particolare ritmo o un’armonia che diviene il simbolo di un determinato personaggio. L’orchestra venne collocata dall’artista in un luogo preciso, il golfo mistico, posto sotto il pubblico. In questo modo gli ascoltatori sentivano provenire la musica da lontano e, senza vedere i musicisti, venivano estraniati dalla realtà e portati in un’altra dimensione grazie anche al buio della sala previsto dall’idea di teatro wagneriana.

Il sogno si realizzò quando, nel 1876, venne inaugurato il suo teatro a Bayreuth, una piccola cittadina della Baviera.

L’opera che avrebbe inaugurato il teatro era il più grande progetto di Wagner, a cui lavorava da venticinque anni: L’anello del Nibelungo. Era il più vasto ciclo della storia della musica, una tetralogia di quattro drammi musicali: un prologo, L’oro del Reno, e tre giornate, La Valchiria, Sigfrido e Il crepuscolo degli dei. Aveva iniziato a concepire l’opera nel 1853, anno fondamentale per il Romanticismo, mentre Giuseppe Verdi metteva in scena Il trovatore e La traviata, che insieme al Rigoletto formano la cosiddetta trilogia popolare.

“Non più dubbi né ostacoli, l'immenso genio di Wagner ha avuto ragione di tutto. La sua opera, L'Anello del Nibelungo, riluce sul mondo. I ciechi non impediscono affatto la luce, né i sordi la musica”. Franz Liszt

Mentre componeva L’anello del Nibelungo, Wagner scrisse altre tre importanti opere. Nel 1859 terminava Tristano e Isotta, rappresentato per la prima volta solo nel 1865. Capolavoro del romanticismo tedesco, tratta il tema di amore e morte, narrando di un amore infelice, perché impossibile, che trova la sua realizzazione nella morte. Decisivo per la stesura del dramma fu il sentimento di Wagner per Mathilde Wesendonck. L’artista era amico della famiglia della donna che, amante della poesia, sembrava perfetta per lui, come compagna di vita con cui condividere i propri interessi. L’amore fu però destinato a rimanere inappagato. Nonostante ciò i due vissero una passione travolgente e momenti d’intimità.

“Un anno fa, oggi, terminai il poema del Tristano e ti portai l'ultimo atto. Tu mi abbracciasti e mi dicesti: ora non ho più desideri! In quel momento, io rinacqui una seconda volta. Mi ero andato sempre più staccando dal mondo con dolore. Tutto in me era diventato negazione, rifiuto e desiderio di opporre un'affermazione. Una donna dolce si è gettata in un mare di sofferenze per offrirmi quell'istante adorabile e per dirmi che mi ama”...

Tra il 1862 e il 1867 compose I maestri cantori di Norimberga, unica opera comica dell’autore che, così come per il Tristano, utilizzò un’orchestra di dimensioni enormi.

L’ultima opera di Wagner fu il Parsifal, scritta due anni prima della morte, avvenuta a Venezia nel 1883.

La scena dei suoi funerali è narrata da Gabriele d'Annunzio nel romanzo Il fuoco, pubblicato nel 1900. Il suo alter ego letterario è uno dei portatori della bara del musicista, ma nella realtà il giovane poeta non si trovava a Venezia, la scena è dunque solo un'immaginazione con cui d'Annunzio rende un ultimo omaggio al grande compositore.

Poco prima della morte Wagner conobbe il pittore francese Pierre-Auguste Renoir che lo omaggiò con un ritratto, scrivendo egli stesso dell'episodio.

"È stato molto allegro ma molto teso [...]. Per farla breve, io ho, credo, impiegato bene il mio tempo, 35 minuti che in fondo non sono un gran che, ma se io mi fossi fermato prima, sarebbe stato meglio. Il mio modello, infatti, stava perdendo un po' della sua spontaneità e diventava impacciato. Da parte mia, ho raffigurato scrupolosamente queste cambiamenti. [...] Alla fine Wagner ha chiesto di vedere il ritratto e, esclamando, ha detto di assomigliare ad un prete protestante, il che è vero. In fin dei conti, ero molto felice di non aver del tutto fallito: conservo un piccolo ricordo di questo straordinario genio".

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