Il Sommo Poeta

DI MARCO CATANIA

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Giovan Francesco Penni

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marco.catania@ilsommopoeta.it

Giovan Francesco Penni in un ritratto di Giulio Romano.

Il 6 aprile dell'anno 1520 si spense giovanissimo Raffaello Sanzio, salutato per l'ultima volta dall'intera corte pontificia e da tutti i suoi allievi, i quali costituivano la bottega più prestigiosa dell'epoca nella Roma di inizio Cinquecento, il maggior centro artistico del mondo.
Ad ereditarla, per volontà dell'Urbinate, furono Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, i migliori allievi, amati dal Sanzio come fossero suoi figli, scrive nelle pagine delle Vite l'aretino Giorgio Vasari.

Nato a Firenze nel 1488 da una famiglia di tessitori, Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, arrivò presto a Roma nella bottega di Raffaello, ricevendo questo soprannome in quanto cominciò come semplice garzone. In seguito poté collaborare alle Stanze e alle Logge Vaticane, entrando in contatto, oltre che con Giulio Romano, con altri rilevanti pittori quali Giovanni da Udine e Perin del Vaga. Il suo intervento si può vedere nella Sala di Costantino, i cui affreschi furono realizzati su disegni del Sanzio a seguito della sua morte, ed in particolare nell'episodio del Battesimo di Costantino, opera che colpisce per l'armoniosa struttura architettonica semicircolare che pone in risalto la scena in primo piano.

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Lavorò in seguito alla decorazione della Loggia di Psiche presso la splendida villa sul Tevere del banchiere senese Agostino Chigi, la Farnesina. L'edificio doveva essere diretta emanazione del suo potere e delle sue ricchezze e le decorazioni un omaggio all'amata Francesca Ordeaschi, per questo il banchiere decise di affidare il progetto all'amico architetto Baldassarre Peruzzi, suo concittadino, e i dipinti alla bottega del Sanzio. Il Chigi fu l'unico nel riuscire a distogliere Raffaello dai numerosi impegni presi in Vaticano con papa Leone X Medici, tra i quali il ruolo di primo architetto della Basilica di San Pietro a seguito della morte di Donato Bramante.

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Giovanni da Udine si occupò dei festoni carichi di frutti e vegetazione che fanno da contorno alle figure, uno dei primi esempi del genere della natura morta, che troverà ampio spazio nel Seicento. Gran parte delle figure sono di Giulio Romano, mentre altre di Giovan Francesco, come Venere e Giove, e Raffaellino del Colle.

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Afferma il Vasari: "venuto a morte Raffaello, Giulio Romano e Giovan Francesco, stati suoi discepoli, stettono molto tempo insieme e finirono di compagnia l’opere che di Raffaello erano rimase imperfette".
Un esempio è l'Incoronazione della Vergine della Pinacoteca Vaticana, nota come Madonna di Monteluce, commissionata al giovane Raffaello e mai portata a termine. Del maestro restavano solo alcuni disegni preparatori, così i due allievi decisero di completarla, concludendola nel 1525 circa.
Divisa in due registri come tipico della scuola di Pietro Perugino, mostra chiaramente lo stile di Giulio Romano nella parte superiore, mentre la parte inferiore dovrebbe essere interamente di Giovan Francesco.

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In questo periodo Perin del Vaga si sposò con la sorella di Giovan Francesco, a testimonianza della sincera amicizia che legava gli allievi del Sanzio.
Tuttavia nel 1526, quando Giulio Romano fu chiamato a Mantova ed il Penni decise di seguirlo, questi non fu accolto calorosamente, così presto ripartì, girando la Lombardia, tornando a Roma e dirigendosi infine a Napoli.
Qui si spense nel 1528, all'età di appena quarant'anni, in un destino sfortunato che lo accomuna al suo maestro.

Scritto in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello (1520-2020).

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