Pio XII

Il papa nel silenzio
Sembrava proprio un angelo con gli occhiali...


Pontefice in uno dei periodi più drammatici dell'universale storia dell'umanità, Pio XII salì al soglio pontificio quando il nazismo e il comunismo minacciavano la stabilità del mondo intero, eletto nel marzo del 1939, quando il regime di Benito Mussolini stava per assistere al tramonto dei suoi vent'anni di governo nella folle alleanza fatale con la Germania di Adolf Hitler, che proprio nel settembre del '39, invadendo la Polonia, causerà lo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Dagli atteggiamenti ascetici e principeschi, papa Pacelli appariva sereno e autoritario, quasi distaccato, privo di ogni dubbio o paura, ma la propria fragilità fu intima e privata, conosciuta solamente dalle persone a lui vicine, finendo per essere ricordato più per le sue reticenze che per gli aiuti in favore degli ebrei, interventi che fece concretamente, salvando migliaia di perseguitati - come testimonieranno gli elogi e i ringraziamenti delle più alte autorità del mondo ebraico - ma che per molti non avvennero davvero o quantomeno non furono sufficienti. Condannato e accusato ingiustamente, Eugenio Pacelli fu il papa del Novecento, l'ultimo sovrano pontefice con un ruolo effettivamente politico di primaria importanza i cui silenzi e ripiegamenti nell'interiorità della preghiera avevano origine dalla propria convinzione che la Chiesa doveva anzitutto occuparsi del bene delle anime. L'anima di papa Pacelli - il suo cuore che visse la piena solitudine quando decise di rimanere al suo posto in Vaticano quando Hitler stesso voleva deportarlo - è quanto meno si conosce della sua persona, così importante per capire i tragici accaduti della nostra storia recente e il cui insegnamento può ancora oggi rivelarsi estremamente prezioso.

Il demonio ha invaso la terra con l'odio: fate rivivere, prepotente, l'amore...

Magrissimo, elegante nei modi, austero, per comprendere Pio XII bisogna ripercorrere le fasi principali della nostra storia negli anni appena successivi all'unificazione nazionale, per arrivare a quel 1939, quando dalla loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro, centinaia di fedeli osservavano pieni di timore, ma con fiducia, quelle braccia spalancate del nuovo pontefice, che sembravano un abbraccio in un periodo in cui presagi nefasti aleggiavano in ogni dove, in un paese stanco di soffrire e di rischiare di di rivivere una nuova e terribile guerra.

Romano di famiglia aristocratica, Eugenio Pacelli nacque nell'anno 1876, quando sul soglio petrino vi era Pio IX, il pontefice che regnò più a lungo nella storia della Chiesa e che aveva vissuto nel 1870 la Presa di Roma come una vera e propria invasione, dichiarandosi prigioniero in Vaticano e proclamando il Non éxpedit, con il quale vietava a tutti i cattolici di partecipare alla vita politica italiana. Sul trono del Regno d'Italia sedeva ancora Vittorio Emanuele II, il "Padre della Patria", il quale aveva posto fine al potere temporale del papato. Il papa e il sovrano moriranno nel 1878 a poca distanza l'uno dall'altro, protagonisti di una pagina di storia che si concludeva, vale a dire quella risorgimentale.
I rapporti tra Stato e Chiesa non migliorarono sotto il regno di Umberto I e il pontificato di Leone XIII, il quale continuava a non riconoscere il Regno d'Italia. Intanto Pacelli cresceva mostrando ottimi risultati scolastici, ma una salute alquanto precaria.
Scegliendo la strada ecclesiastica, il giovane Pacelli seguì le orme del nonno Marcantonio, che si era distinto a servizio di Pio IX, fondando tra l'altro L'Osservatore romano, quotidiano in difesa della cristianità.
Con il nuovo secolo, a seguito dell'attentato monzese al re Umberto il potere passò al figlio appena trentenne Vittorio Emanuele III, mentre nel 1903 divenne papa Pio X che, spegnendosi all'alba della Grande Guerra, ne aveva previsto il tragico avvento. Proseguendo la carriera in Vaticano, Pacelli ottenne nel 1910 il primo incarico ufficiale, quello di rappresentare il papa durante l'incoronazione di re Giorgio V d'Inghilterra.
Pontefice durante la Prima guerra mondiale sarà Benedetto XV, la cui figura solo apparentemente debole e dimessa si rivelerà determinante per la crescita di Pacelli.
Benedetto XV si distinguerà per la sua posizione neutrale, prima impensabile per un papato che godeva del potere temporale, fermo nella convinzione dell'inutilità della guerra, definitiva "un'inutile strage", ed impegnandosi con straordinaria dedizione per la causa della pace. Il suo sarà un esempio decisivo per il futuro Pio XII, che diverrà papa in un contesto del tutto analogo, proprio pochi istanti prima dello scoppio di una guerra, quando il mondo intero viveva minacce ancora più spaventose come le politiche totalitarie e la follia dei suoi dittatori. Benedetto XV sceglierà Pacelli come stretto collaboratore, inviandolo come diplomatico in Austria, dall'imperatore Francesco Giuseppe, ma soprattutto in Germania, dal Kaiser Guglielmo II, un'esperienza, quest'ultima, di notevole importanza per Pacelli - che ricoprì per un lungo periodo questo incarico come nunzio apostolico - e in qualche modo legata al proprio destino. Nel 1917 era stato nominato vescovo da Benedetto XV, lo stesso giorno della prima apparizione di Fatima.
A conclusione del primo grande conflitto mondiale, Pacelli visse gli anni tremendi della Germania, afflitta dalla sconfitta e dal comunismo, eventi dai quali - fomentando l'odio come fece Mussolini in Italia dopo la "vittoria mutilata" - Hitler sfrutterà il momento per prendere il potere. Si tratta di episodi tragici che si riverseranno nel suo pontificato.
L'anno 1922 si aprì con la morte di Benedetto XV e culminerà con la mussoliniana Marcia su Roma, che segnò l'inizio del ventennio fascista. Il nuovo capo del governo, per portare dalla propria parte i fedeli cristiani, lavorerà per firmare con la Chiesa i Patti lateranensi nel 1929, che ancora oggi regolano i rapporti tra lo Stato e la Santa Sede. I papi tornavano ad avere il potere temporale, sebbene notevolmente limitato all'interno della sola Città del Vaticano, tuttavia sembrava ricucita finalmente la ferita risorgimentale del 1870. Il nuovo pontefice, Pio XI, sembrò inizialmente favorevole a Mussolini, ammirandone l'impegno nel lavoro, ma presto gli eventi precipiteranno. L'accordo migliorò anche i rapporti fra il papato e la corona sabauda, con Vittorio Emanuele che si recò in visita da Pio XI in segno di una pace raggiunta seguito delle lunghe divergenze fra la sua famiglia e i precedenti pontefici.
La crescente intesa fra l'Italia fascista e la dittatura nazista di Hitler preoccupò notevolmente Pio XI, che non si capacitava del perché il nostro paese avesse avuto bisogno di imitare e allearsi con la Germania, ma il pontefice lombardo morirà improvvisamente proprio quando avrebbe dovuto pronunciare un discorso di ferma condanna contro Hitler e Mussolini, il quale temeva addirittura di poter essere scomunicato. Pio XI stava inoltre preparando un'enciclica contro il nazismo, per questo alcuni ipotizzarono che la morte del papa non avvenne per un attacco cardiaco.

Papa Pio XI in una fotografia scattata pochi giorni prima della morte.

Fu un conclave brevissimo quello del 1939 che portò all'elezione di Eugenio Pacelli a vicario di Cristo, il cui nome fu però sostenuto maggiormente dai cardinali stranieri, probabilmente per il proprio impegno come diplomatico e come nunzio. Un conclave così rapido, durato solo un giorno, non si verificava dai tempi di Paolo III Farnese, papa di Michelangelo Buonarroti e del Giudizio universale della Cappella Sistina, un affresco che incombeva in quegli anni, come a un tempo, sul mondo intero. Proprio nella Sistina, il cardinale Pacelli accettava il suo ruolo con tutto il timore e l'angoscia di un periodo così precario, rispondendo "accetto come una croce" e scegliendo il nome del predecessore in segno di continuità, presentandosi alla loggia della basilica vaticana dinanzi ad una folla tanto entusiasta quanto intimorita, ma come rasserenata nel vedere le braccia spalancate di quell'uomo altissimo e vestito di bianco, che impartiva la benedizione levando gli occhi al cielo in un gesto solenne e ascetico, come fosse una croce, appunto, venuta per farsi carico delle pene umane.
La Germania di Hitler, all'inizio del settembre dello stesso anno, invase la Polonia scatenando la guerra, alla quale l'Italia rimase inizialmente in una posizione neutrale sempre più minacciata dall'alleanza con i tedeschi a seguito del Patto d'Acciaio firmato dal ministro degli esteri Galeazzo Ciano.
Di estrema importanza per scongiurare il folle ingresso nel conflitto, sembrò essere l'incontro del pontefice con il sovrano d'Italia negli ultimi giorni del '39 in Vaticano - entrambi uniti dal vincolo della pace - visita che il papa ricambiò pochi giorni dopo, trascorso il Natale, al Quirinale. Ospite di Vittorio Emanuele e della regina Elena del Montenegro, l'incontro sanciva un momento storico in quanto era dal 1870 che un papa non tornava al Quirinale, per un incontro che tutti credevano avrebbe cambiato il corso degli eventi della storia. Improvvisamente, a seguito dell'infatuazione per Mussolini e per la sua retorica roboante, gli italiani, stanchi e provati da un'altra possibile guerra, si ricordarono del loro re e guardarono fiduciosi al nuovo pontefice. Il capo dello Stato ed il capo della Chiesa, pur sotto dittatura, avevano ancora un ruolo decisivo, ma probabilmente si mossero troppo tardi o con troppa prudenza. L'incontro, di fatto, non porterà a nulla e non cambiò il tragico destino del nostro paese, trasformandosi in un nulla di fatto.

Pio XII in Quirinale insieme a Vittorio Emanuele III e la regina Elena; in ginocchio a cospetto del pontefice la principessa Maria José del Belgio.

Vittorio Emanuele e papa Pacelli, così distanti nelle fattezze fisiche e nei modi, vivranno un medesimo destino, entrambi considerati come silenziosi complici del regime e responsabili delle catastrofi della guerra con il loro atteggiamento di superiorità e di distacco, aristocratico, come se il loro ruolo non potesse essere toccato dalle bassezze terrene, uno perché emblema del potere legittimo e di un'antica tradizione dinastica, l'altro perché investito direttamente da Dio. La storia ed il destino, tuttavia, si riveleranno per loro più che mai amari: Pio XII sarà accusato di essere rimasto chiuso nel proprio silenzio, senza aver mai difeso concretamente gli ebrei; Vittorio Emanuele verrà indicato come corresponsabile di ogni sciagura insieme al duce e trascorrerà i suoi ultimi anni in esilio, lontano dalla patria.
Un ultimo momento che li vide protagonisti, al culmine ormai del conflitto - e che spiega bene i sentimenti degli italiani nei loro riguardi - fu il 19 luglio del 1943, quando il pontefice si recò nel quartiere di San Lorenzo a seguito del drammatico bombardamento. Come un angelo vestito di bianco, Pacelli abbracciò il popolo ferito recitando il salmo De Profundis in mezzo alla folla in una scena che rimase celeberrima ai posteri e impressa nei cuori di ognuno dei presenti.

Anche il re, che il 25 luglio farà arrestare Mussolini, si era recato a San Lorenzo per visitare i superstiti, ma il clima che trovò nei suoi riguardi fu gelido, sicuramente per la sua scarsa empatia e testimonianza di un presagio nefasto per le sorti della monarchia. Ben accolta fu, al contrario, la nuora Maria José, moglie del principe Umberto, nota per le sue posizioni antifasciste e antitedesche, la quale riuscì a portare conforto e speranza.

Erano in molti, durante la guerra, a guardare con maggiore fiducia ai principi ereditari Umberto e Maria José, che apparivano scettici sull'alleanza con la Germania, tuttavia Vittorio Emanuele, ormai anziano e sfiduciato - quasi invidioso della popolarità del figlio - rimase fermo nella convinzione che "in casa Savoia, si regna uno alla volta", non sopportando nemmeno l'attivismo politico della nuora, donna di cultura in contatto con diversi intellettuali antifascisti.
Il pontefice incontrò personalmente i principi di Piemonte quando la Germania invase simultaneamente Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, in un colloquio di lunga durata in cui Maria José mostrò tutta la sua preoccupazione per l'invasione del proprio paese nativo ed il rapimento del fratello, re Leopoldo III. Il Belgio si era infatti appellato ai legami dinastici che intercorrevano con l'Italia a seguito del matrimonio fra la principessa Maria José e l'erede sabaudo.
Umberto - consapevole della necessità di rimanere neutrali a causa delle condizioni dell'esercito - aveva intanto scelto Galeazzo Ciano come corrispondente privilegiato dopo che il ministro aveva mostrato sempre più distanza dal regime in merito all'intesa con la Germania. In tal senso si mossero anche il re ed il pontefice, uno insignendolo del Collare della Santissima Annunziata, la più alta onorificenza regia, l'altro con l'onorificenza a Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'oro, un riconoscimento per l'opera svolta a favore della causa della pace.

I novelli sposi Umberto II e la principessa Maria José del Belgio affacciati al balcone del Quirinale.

Nessuno di questi flebili tentativi dei reali e del pontefice riuscì a scongiurare, il 10 giugno 1940, l'ingresso del paese in guerra a fianco dei tedeschi. Fu la fine di tutto per il regime di Mussolini e la corona sabauda. Anche per la Santa Sede, però, le critiche non mancarono, nonostante il papa cercò di alleviare le sofferenze di poveri e oppressi, offrendo asilo politico ad esponenti politici e antifascisti tra cui il futuro Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ed il socialista Pietro Nenni. Furono però soprattutto gli apparentemente vani e inefficaci discorsi radiofonici di Pio XII - che mai parlò direttamente degli Ebrei e delle deportazioni, di Hitler e del nazismo - a finire nel mirino di feroci critiche per il fatto di rimanere in essi sempre in una posizione neutrale che lo condannerà a silenzioso complice degli orrori vissuti. Quasi rassegnato che una pubblica denuncia avrebbe peggiorato la situazione e generato conseguenze più atroci per gli Ebrei dichiarerà, in una frase rimasta nella storia: «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra». Vi è qui racchiusa tutta l'impotenza del papato al cospetto di fatti tanto grandi.
Per il Natale del 1941, in un radiomessaggio, disse: «Noi amiamo, Ce n'è testimonio Dio, con uguale affetto tutti i popoli senza alcuna eccezione; e per evitare anche solo l'apparenza di essere mossi da spirito di parte, Ci siamo imposti finora il massimo riserbo; ma le disposizioni contro la Chiesa e gli scopi, che esse perseguano, sono tali da sentirci obbligati in nome della verità a pronunziare una parola, anche perché non ne nasca, per disavventura, smarrimento tra i fedeli». Sono parole di un uomo formatosi nel ruolo di diplomatico, che appaiono tanto forti e minacciose ai nemici tedeschi, ma allo stesso tempo troppo deboli da un popolo che lo aveva investito del ruolo di garante della pace.
Hitler, che additava la Chiesa come l'istituzione che più di tutte aveva perseguitato gli Ebrei nel corso dei secoli, elaborò un piano per rapire e deportare il pontefice, al punto che Pio XII, pur essendo deciso a rimanere al suo posto, aveva provveduto, in una lettera di dimissioni, alla propria eventuale sostituzione con un cardinale in modo che ad essere rapito non sarebbe stato il sommo pontefice, bensì un semplice cardinale.
L'essere rimasto al proprio posto, rinchiuso tra i confini del Vaticano in difesa della città eterna, alla fine premiò Pio XII, che nella solitudine seguì l'arresto di Mussolini da parte del re e l'armistizio firmato con gli Alleati l'8 settembre del '43. Nel giugno del '44, a seguito della liberazione di Roma dall'invasione tedesca, fu acclamato da un'immensa folla che aveva raggiunto piazza San Pietro, in attesa che il pontefice si affacciasse alla loggia centrale della basilica. Fu l'unica autorità a non lasciare la città nonostante il pericolo dell'occupazione nazista.
A guerra conclusa, Pio XII divenne il papa dei grandi raduni romani - come quello in occasione dell'Anno Santo nel 1950 - e della televisione, ma tutte le scene che riprendono il pontefice tra le folle nel dopoguerra non testimoniano il suo carattere solitario, quasi di incompreso ed emarginato, chiudendosi in un maestoso isolamento che era diretta testimonianza di una Chiesa che si lasciava ormai alle spalle una pagina di storia per entrare nella contemporaneità, con tutte le difficoltà e le incomprensioni che ne sarebbero derivate.
Rimasto neutrale nel referendum istituzionale tra monarchia e repubblica, nelle elezioni del '48 sostenne la Democrazia Cristiana, che ottenne una netta vittoria, ma in questi anni che sancivano l'inizio della guerra fredda la sua preoccupazione principale fu quella di arginare il pericolo dell'avanzare del comunismo. Significativo fu in tal senso la beatificazione di papa Innocenzo XI, che nel Seicento era stato l'ultimo difensore della cristianità contro il pericolo turco, assimilabile in qualche modo alla minaccia comunista.
Lavoratore instancabile totalmente assorto nel suo altissimo ruolo, negli ultimi anni il pontefice non nascose le proprie profonde preoccupazioni per il futuro del paese e del mondo, ma con la propria figura severa e nobile, capace di suscitare una naturale soggezione, il "Principe di Dio" Pacelli seppe unire attorno alla sua persona il popolo cristiano, superando, sebbene le tante accuse, il periodo più buio della storia recente.
Si spense nell'ottobre del 1959 a seguito di una straziante agonia e fu sepolto nelle Grotte Vaticane, in una tra le posizioni più eminenti perché prossima alla tomba di Pietro, a seguito di una lunga esposizione del corpo nella navata principale della basilica vaticana e di un maestoso corteo funebre ripreso dalle telecamere della televisione.
La Chiesa, di cui lui aveva intuito la crisi in un mondo frenetico che aveva perso la spiritualità, sarebbe entrata nella modernità sotto il pontificato del suo successore, il "papa buono" Giovanni XXIII e quello di Paolo VI Montini, stretto collaboratore di Pacelli.

Bibliografia

  • Pio XII. L'ultimo papa - Antonio Spinosa - Mondadori
  • Pio XII. Il Papa degli Ebrei - Andrea Tornielli - Piemme
  • I papi. Storia e segreti - Claudio Rendina - Newton Compton Editori

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