Leopoldo III del Belgio
Durante la Seconda guerra mondiale le principali monarchie europee dovettero decidere se schierarsi ed intervenire, quali strategie utilizzare, oppure resistere e rimanere neutrali, attraversando in ogni caso uno dei periodi più drammatici dell'età contemporanea. Inevitabilmente il potere di ogni famiglia reale fu coinvolto e messo in discussione, trasformato o addirittura abolito come nel caso della dinastia sabauda in Italia. Le monarchie che ancora oggi governano i propri paesi sono proprio quelle che uscirono vincitrici, e forse con rafforzati consensi, dal secondo grande sconvolgimento mondiale, come nel caso dell'Inghilterra di Giorgio VI, ma anche del più piccolo Belgio di un re meno noto, Leopoldo III di Sassonia-Coburgo-Gotha, eroe nazionale durante la Grande Guerra, vero e proprio principe che visse una storia d'amore tanto romantica quanto tragica, divenuto infine un sovrano controverso e incompreso la cui figura deve però essere rivalutata come simbolo di un paese resistito alla Seconda guerra mondiale.
Figlio di Alberto I e di Elisabetta del Belgio, Leopoldo nacque nel 1901 a Bruxelles e visse un'infanzia serena circondato dall'affetto dei genitori insieme ai fratelli minori Carlo Teodoro e Maria José, quest'ultima regina d'Italia nel maggio del 1946.
Maria José era stata educata ad un matrimonio reale, destinata sin da piccola al futuro Umberto II, principe ereditario figlio di Vittorio Emanuele III di Savoia e di Elena del Montenegro. Il Regno d'Italia e il Belgio erano in buoni rapporti, in quanto corone cattoliche uscite vincitrici dal primo conflitto mondiale sotto la guida di due sovrani, accomunati dal violento attacco tedesco, che si recarono personalmente al fronte, impegnati come re soldati.
I sovrani Alberto I e Vittorio Emanuele III, protagonisti della Prima guerra mondiale.
Leopoldo, duca di Brabante, fu particolarmente vicino al padre durante la Grande Guerra e, ancora giovanissimo, chiese di essere arruolato nell'esercito conquistandosi l'affetto e l'ammirazione del suo popolo. Terminate le ostilità poté riprendere gli studi dopo che nell'infanzia i genitori - una coppia unita e raffinata a livello culturale - lo avevano circondato insieme ai fratelli di moltissimi libri nonché di musicisti, pittori e scrittori che si occuparono personalmente della loro formazione, in una delle corti più prestigiose in Europa capace di conciliare l'apertura al sapere in ogni campo e l'attenzione verso il popolo grazie ad un'armonia coniugale incentrata sull'importanza del matrimonio.
Il piccolo Leopoldo intento a suonare il violino con la madre Elisabetta; seduto in ascolto suo padre il re.
Nel 1926 sposò a Stoccolma la principessa Astrid di Svezia, in un vero e proprio colpo di fulmine che presto divenne una favola per il popolo belga, destinata però a finire troppo presto. Il loro fu un matrimonio d'amore, cosa molto rara nelle famiglie reali, e sembra che alcun ragionamento politico abbia influenzato la decisione. Insieme, il principe venticinquenne e la bellissima principessa, vissero alcuni anni felici allietati da tre figli.
Leopoldo III e la principessa Astrid di Svezia nel giorno delle nozze.
All'inizio dell'anno 1930 fu la volta di un altro matrimonio tanto atteso, quello della sorella di Leopoldo, Maria José, con il principe Umberto. Anche in questo caso la favola non ebbe il suo lieto fine, con la dinastia sabauda destinata ad un lento tramonto a causa del regime totalitario di Benito Mussolini, della folle alleanza con i tedeschi e le drammatiche conseguenze della guerra. Sino a questi anni i sudditi erano però ancora liberi di sognare e di appassionarsi alle vicende dei loro sovrani e dei loro principi con tutto il fascino che contraddistingue la monarchia.
I reali d'Italia e del Belgio affacciati a palazzo del Quirinale in occasione del matrimonio di Umberto e Maria José.
Leopoldo salì al trono nel 1934 a seguito della scomparsa, a causa di un incidente in montagna, del padre Alberto I. All'alba della Seconda guerra mondiale, con il Belgio sotto la costante minaccia della vicina Germania, Leopoldo divenne re in un periodo a dir poco difficile della storia europea, distinguendosi per il modo intransigente di governare ed un carattere autocratico che solo la moglie sapeva addolcire.
A distanza di un anno e mezzo dalla morte di Alberto I, il Belgio visse un altro triste lutto, con Leopoldo che a causa di un fatale incidente d'auto perse l'amatissima moglie Astrid rimanendo vedovo. L'episodio, che segnò profondamente il sovrano, avvenne nell'agosto del 1935 in Svizzera, nei pressi di Lucerna, dove la coppia si era recata per trascorrere un periodo di vacanza. Durante l'ultima gita prima di fare rientro a Bruxelles, Leopoldo era alla guida della sua automobile con a fianco la moglie, intenta a decifrare il percorso su una cartina. Probabilmente mentre chiese aiuto al marito, la macchina uscì di strada e finì in un rapido pendio andando a sbattere contro un albero. Leopoldo riuscì a salvarsi rimanendo solo ferito, mentre Astrid morì sul colpo.
Astrid e Leopoldo in una foto del 1934, un anno prima dell'incidente, intenti a leggere in posa sotto un ritratto di Leopoldo I, capostipite della dinastia di Sassonia-Coburgo-Gotha.
Distrutto dai sensi di colpa e senza l'amore della sua vita, per Leopoldo da quel momento nulla fu più come prima, chiudendosi in se stesso nel dolore e nel tormento dell'insonnia, con le immagini dell'incidente che continuarono a perseguitarlo. Improvvisamente si trovò solo, senza colei che era capace di comprenderlo e rasserenarlo, senza colei che fu il breve sogno di una felicità durata troppo poco. Idealizzata ancor di più dalla tragica scomparsa, Astrid rimase per sempre nei cuori della gente, che aveva conquistato con i suoi modi gentili e la sua bellezza angelicata. Lasciò tre figli ancora piccoli, spegnendosi a nemmeno trent'anni.
La regina Astrid in una foto scattata l'anno della sua morte.
Privato dei
consigli paterni e dell'amorevolezza della moglie, con una sorella lontana in Italia, paese che a breve diverrà nemico a causa dell'alleanza tedesca, Leopoldo si ritrovò con i figli da proteggere e un paese, cuore d'Europa, che stava per attraversare gli anni tremendi della guerra. Il primo giorno di settembre del 1939 la Germania di Hitler invase infatti la Polonia, dando inizio al conflitto.
Intanto nel 1936, quando già incombevano la minaccia tedesca e il presagio della guerra, il giovane sovrano aveva proclamato la necessità di assumere una posizione neutrale, rifiutando di rinnovare ogni alleanza con i paesi, Francia e Regno Unito su tutti, con i quali si era combattuta la Grande Guerra e di difendersi autonomamente. Questa decisione non impedì al Belgio di subire l'invasione tedesca dal 1940 al 1944, per tale motivo fu molto criticata, tuttavia il monarca aveva intrapreso una strada, quella di seguire una politica esclusivamente belga, che costituì una svolta nel periodo del secondo dopoguerra, rafforzando il senso di identità nazionale.
Nonostante nel corso degli anni Trenta Leopoldo avesse preparato l'esercito contro la possibile invasione, la difesa risultò insufficiente per arrestare la potenza tedesca, che a partire dai primi giorni di maggio impiegò circa tre settimane per invadere e far capitolare il piccolo ma tenace paese. L'obiettivo della Germania nazista era ovviamente la Francia, il cui governo fu spiazzato alla dichiarazione di neutralità del Belgio, con il quale avrebbe voluto collaborare per fermare l'avanzata tedesca. Bisogna riconoscere, però, che la resistenza belga permise all'esercito britannico inviato in Belgio di organizzarsi per intervenire contro i tedeschi.
Solamente verso la fine del mese di maggio re Leopoldo dovette avvisare Giorgio VI d'Inghilterra con un telegramma nel quale comunicava la prossima resa se non fossero arrivati ulteriori rinforzi militari.
Re Giorgio VI negli anni della guerra.
Intanto, nella corrispondenza con i propri ministri, Leopoldo dichiarava la ferma volontà di rimanere in Belgio a qualsiasi costo, sebbene l'occupazione nemica, seguendo il destino del suo esercito. Contrario a questa scelta era il primo ministro, il quale temeva la nascita di un governo retto solo formalmente dal sovrano ma sottomesso all'autorità tedesca.
Firmata la resa il 28 maggio 1940, Leopoldo consegnò le forze belghe ai tedeschi per evitare ulteriori spargimenti di sangue, rifiutandosi di seguire il governo in esilio, prima a Parigi e poi a Londra, e rimanendo in patria. Fu così catturato e fatto prigioniero dai tedeschi nel suo castello di Laeken.
L'Italia, allo scoppio del conflitto, aveva optato inizialmente per una posizione di neutralità, tuttavia il governo Mussolini era fortemente legato al Patto d'Acciaio sottoscritto coi tedeschi, cui si opponevano Vittorio Emanuele e l'allora pontefice Pio XII Pacelli. Il sovrano italiano appariva però ormai sfiduciato e succube del regime, a cui non era mai riuscito ad opporsi sin dai tempi della Marcia su Roma, così erano in molti a guardare con maggior ottimismo al principe ereditario Umberto, che non aveva mai nutrito entusiasmo per il fascismo, ma anche alla principessa Maria José, di cui erano noti l'attivismo politico e il sentimento antigermanico.
Il principe Umberto di Savoia nel 1938.
Curiosa la posizione di Maria José, proveniente da un Belgio da sempre nemico della Germania, ma ora consorte del figlio del re d'Italia, un paese che si era schierato a fianco dei tedeschi. Ricevuta la notizia che suo fratello era stato imprigionato, la principessa chiese con insistenza l'autorizzazione al governo italiano di recarsi a Bruxelles. Leopoldo scrisse allora a Vittorio Emanuele III affinché la sorella lo raggiungesse. Maria José arrivò alla fine di settembre, rendendosi conto di persona della terribile situazione del suo paese. Leopoldo le aveva voluto parlare anche per chiederle un sacrificio, ossia quello di recarsi da Hitler a Berghof, il covo del Fuhrer, dove Maria José giunse segretamente in ottobre per tentare di ottenere il rimpatrio dei prigionieri e di consentire un minimo di rifornimenti alla popolazione affamata. Nessuna delle richieste fu però accolta dall'inflessibile dittatore.
Maria José in posa come regina d'Italia.
A Novembre re Leopoldo riuscì a parlare personalmente con Hitler, discutendo a proposito del futuro del Belgio. Il capo tedesco non poteva però tollerare l'indipendenza del paese. Il Fuhrer decise alla fine del colloquio di renderne pubblici i contenuti, all'insaputa del sovrano, il quale, a guerra conclusa, fu almeno libero dalle accuse di chi lo credeva un alleato tedesco.
Mentre era prigioniero, Leopoldo sposò segretamente nel 1941 Lilian Baels, donna borghese che da diversi anni frequentava la famiglia reale belga. Fu probabilmente la regina madre Elisabetta, una delle poche presenti alla cerimonia, che spinse il figlio verso il secondo matrimonio, preoccupata per la malinconia che affliggeva il figlio. Sarà tuttavia una scelta sbagliata che non fece che dividere ulteriormente Leopoldo dal suo popolo, ancora legato alla regina Astrid. Quello fra Leopoldo e Lilian fu ovviamente un matrimonio morganatico, che escluse i loro figli dalla successione al trono.
Considerato un personaggio scomodo, nel 1944 Leopoldo fu deportato in Germania dove rimase sino alla fine delle ostilità in condizioni precarie e sorvegliato costantemente.
A causa delle accuse rivolte nei suoi confronti, l'anno seguente non poté fare rientro in patria, così si recò in Svizzera, nei pressi di Ginevra, dove rimase in esilio sino al 1950.
In questi anni fu istituita una reggenza a capo della quale fu messo il principe Carlo Teodoro, fratello minore di Leopoldo, sino a quando nel 1950 si decise, in modo simile a quanto accaduto in Italia nel 1946, di chiamare i cittadini a votare in un referendum, non su un possibile cambiamento della forma di governo, bensì sul rientro di Leopoldo in Belgio in qualità di sovrano. La nazione scelse con il 58% dei voti per il ritorno del re, richiamato sul trono, tuttavia erano state non poche le rivolte popolari.
Saggiamente, per placare l'agitazione politica e i disordini civili, assicurando però la successione della dinastia, il 16 luglio del 1951 Leopoldo decise di abdicare in favore del figlio ventenne Baldovino, uomo profondamente credente e orientato a una politica europea, che regnerà sino al 1993.
Leopoldo presenta suo figlio, il nuovo re, al balcone del palazzo Reale di Bruxelles.
Leopoldo trascorse gli ultimi anni continuando a seguire il giovane figlio, ma ritirandosi a vita privata insieme alla moglie nel castello di Argenteuil in Francia, dove si dedicò a numerosi studi.
Si spense l'anno 1983 e fu sepolto nella chiesa di Nostra Signora di Laeken, nella cui cripta riposano tutti i re del Belgio, a fianco della regina Astrid.
Figura centrale nel secondo grande conflitto mondiale e forse da riscoprire, personaggio ambiguo per il suo popolo di fronte alla resa ai tedeschi, ma fermo nelle proprie decisioni e nella volontà di conferire una chiara identità al paese, di re Leopoldo rimane la capacità di abdicare in favore del figlio nel momento opportuno, riuscendo a comprendere i sentimenti della nazione, sensibilità non da poco che in Italia non ebbe Vittorio Emanuele nei confronti di Umberto, genero di Leopoldo, vedendo sfumare il sogno regale a seguito del referendum istituzionale. Grazie alla scelta di re Leopoldo e alla figura di suo figlio la monarchia rimane invece ancora oggi alla guida e a rappresentanza del Belgio, un paese che sicuramente di Leopoldo non dimenticherà mai la storia d'amore con Astrid, regina amata ed entrata nel mito di questa piccola dinastia così centrale per la storia d'Europa.