Paradiso

La terza delle tre cantiche della Divina Commedia è stata composta negli ultimi anni di vita di Dante, tra il 1315 e il 1321, quando si trovava prima a Verona e poi a Ravenna. Con la stesura del Paradiso e dell'intera opera, l'Alighieri sperava di poter fare ritorno nella sua città, Firenze, venendo accolto con onore grazie ai suoi meriti poetici.
Rispetto alle due cantiche precedenti il linguaggio aumenta chiaramente a livello di complessità, con la ricerca dell'assoluta perfezione linguistica al fine di riuscire ad esprimere concetti teologici di altissimo significato. La lettura diviene così più impegnativa e di difficile interpretazione, ricca di metafore, con una diminuzione per quanto riguarda gli incontri con le anime per lasciare spazio alle spiegazioni morali e religiose di Beatrice, la donna amata emblema della Teologia.

La struttura del Paradiso dantesco si basa sulla teoria geocentrica del cosmo, il cosiddetto sistema tolemaico, che pone la Terra al centro dell'Universo. Intorno ad essa ruotano nove sfere concentriche, i nove cieli del Paradiso. I primi sette prendono i loro nomi dai pianeti che orbitano intorno alla Terra, da quello più vicino a quello più lontano. Nell'ordine troviamo così il cielo della Luna, il cielo di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove e di Saturno. L'ottavo cielo è quello delle Stelle Fisse, mentre il nono, la sfera più estesa, è il Primo Mobile o Cristallino, che imprime il moto a tutti gli altri cieli sottostanti.
Oltre a questi cieli vi è l'Empireo, un decimo cielo a parte rispetto alle nove sfere celesti, che è la sede di Dio, luogo di luce e di Amore dove eternamente "colui che tutto move" governa l'Universo intero.
I nove cieli del Paradiso sono connotati da una gerarchia di perfezione che parte da quello della Luna, il più lontano da Dio e dunque quello con il moto più lento, per salire sino al Primo Mobile, quello più vicino a Dio, ampio e con il moto più veloce.
Il Poeta, ascendendo di cielo in cielo con Beatrice, incontra le anime dei beati schierate secondo una scala di perfezione e beatitudine, giungendo sino all'Empireo, nella "rosa dei beati". In questo anfiteatro celeste Dante rivedrà tutte le anime incontrate, poste nella loro sede eterna; i santi e i beati sono infatti scesi nelle altre sfere solo per il tempo della durata del viaggio dantesco.

L'assoluta protagonista della cantica è Beatrice, vero e proprio tramite fra la terra e il cielo, scala per giungere sino a Dio, in una concezione dell'Amore dantesco che trova qui il suo compimento, rendendo la "gentilissima" la figura cruciale di tutto il viaggio del Poeta nonché l'elemento deciso per comprendere nel profondo la totalità del poema. Ella prende il posto di Virgilio come guida già nel Canto XXX del Purgatorio, facendosi intermediaria fra i beati e il poeta nei cieli del Paradiso ed affidando Dante a San Bernardo per la visione ultima di Dio. Pur conservando alcuni tratti tipicamente stilnovisti come il sorriso e lo sguardo, diviene nel Paradiso il simbolo della Teologia, della Grazia e della Verità rivelata.