L'equivoco della bellezza

Riflessioni di estetica

Il concetto di bellezza viene quasi automaticamente associato all'estetica, tuttavia non è così centrale in tale disciplina, anzi è un valore sostanzialmente extra-estetico.
Il termine "bello" è più che mai ambiguo ed ha una doppia natura. Per un verso, se uso questo aggettivo per un'opera d'arte intendo dire che è riuscita, che suscita la mia approvazione, ma non affermo nulla sul suo aspetto, sui suoi caratteri, come per esempio il genere d'arte a cui appartiene. "Bello" è già di per sé sinonimo di opera d'arte, perché le opere d'arte brutte semplicemente non sono considerate tali.
Se uso invece la parola "sublime", che è un predicato estetico, riconosco il valore caratteristico dell'opera d'arte, si pensi al Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich, ossia quello di essere maestosa, travolgente, in grado di suscitare in me sentimenti contrastanti come lo sgomento e la felicità, esperienza tipica del sublime nel senso romantico del termine.
Lo stesso vale se dico che qualcosa è "comico" o "epico", riconoscendo le caratteristiche proprie di una determinata opera. Come detto, invece, "bello" è qualcosa di ambiguo, in quanto si può utilizzare per definire, per esempio, la Danae del Correggio, dalle magnifiche fattezze, dalla morbidezza delle forme, ma non la Vecchia di Giorgione che guarda l'osservatore con il suo volto rugoso, tenendo in mano un cartiglio con la scritta "col tempo", amara riflessione sullo scorrere inesorabile degli anni.

Danae - Correggio - 1532 circa - Roma, Galleria Borghese

Eppure ci si trova in entrambi i casi dinanzi ad un'opera d'arte; dunque il termine "bello" ha solamente un significato descrittivo volto a sottolineare le caratteristiche di piacevolezza e amabilità. Analogo esempio si potrebbe fare a livello musicale, definendo bello un Notturno di Fryderyk Chopin, ma certamente non Un sopravvissuto di Varsavia di Arnold Schönberg. Ovviamente non si può nemmeno usare il contrario di bello, ossia "brutto", in quanto si tratta di opere universalmente conosciute come arte.
Anche durante il Barocco gli artisti si concentrarono su questa estetica del brutto, Gian Lorenzo Bernini, infatti, "soleva dire che nell'imitazione è tutto il diletto de' sensi nostri, e davane per esempio il gran gusto che apporta il vedere ben dipinta una rancida e schifosa vecchia, che viva e vera ci apporterebbe nausea e ci offenderebbe".

Vecchia - Giorgione - 1506 circa - Venezia, Gallerie dell'Accademia

Ancor più complesso è il fatto che ci possa piacere un'opera che raffigura qualcosa di spiacevole, come per esempio La zattera della Medusa di Théodore Géricault, con il suo carico di cadaveri e di moribondi in balia dell'oceano, nella quale troviamo però dei concetti affascinanti che possono essere accostati all'universale dramma della condizione umana, alla ricerca di un senso, con la perdita di ogni certezza e della speranza.
Per questo la bellezza è intesa come valore extra-estetico, i cui canoni tradizionali, le regole, spesso possono essere trasgredite.

La Zattera della Medusa - Théodore Géricault - 1819 - Parigi, Museo del Louvre

L'arte ha sempre fatto posto alla rappresentazione del brutto e del deforme, nonostante già la scultura greca avesse fissato le regole della bellezza in un vero e proprio trionfo di corpi dalle perfette proporzioni.
Lo stesso vale per la letteratura, sin dalle origini, che a partire dai poemi di Omero ha posto l'attenzione, accanto agli eroi, ai personaggi goffi o deformi, così come nel teatro greco il genere principale era quello tragico. La tragedia era il campo del dolore e della sofferenza, arrivando sino alla descrizione di castighi ripugnanti, come la piaga che affligge Filottete nell'opera di Sofocle. La commedia, infine, è il regno del goffo e del brutto, con i personaggi comici che non sono mai belli al fine di divertire gli spettatori.
Più avanti Dante fece dell'Inferno la cantica più affascinante, toccando l'apice delle vette espressive, così come il francese François Rabelais diede voce, nel suo romanzo Gargantua e Pantagruel, alla cultura comica popolare nei suoi elementi più corporei e grotteschi. In architettura le cattedrali gotiche si riempirono di mostri e figure fantastiche come i gargoyle che dominano su Notre-Dame. In ambito musicale Giuseppe Verdi riprese l'idea di brutto come categoria estetica, come mezzo per esaltare il bello. Nella cosiddetta "trilogia popolare", costituita da Rigoletto, Il trovatore e La traviata, i protagonisti seguono infatti un percorso che, inizialmente negativo, diviene qualcosa di positivo, addirittura emblema stesso della bellezza. Per questo la Francesca da Rimini dantesca del Canto V o la Violetta verdiana le sentiamo tanto vicine, anime capaci di mostrarci le loro debolezze più intime e che hanno conosciuto il dolore.

Nella Poetica Aristotele aveva intuito che "anche di ciò che ci dà pena vedere nella realtà godiamo a contemplare la perfetta riproduzione". Con il classicismo rinascimentale si ottenne però l'unione tra arte e bellezza, tanto che l'espressione "belle arti", seppur contraddittoria, è valida ancora oggi. L'estetica ha impiegato molto tempo a separarsi dal concetto di bellezza e a capire perché ci affascinano gli elementi "bassi" danteschi, di linguaggio e immagine, i personaggi comici, ciò che provoca spavento.
Anche la nostra esperienza estetica al cospetto della natura non può essere riassunta solo con la nozione di bellezza. Se da sempre esiste infatti l'idea che tutto in natura sia bello, e nonostante un pittore come John Constable abbia affermato di non aver mai visto qualcosa di brutto in natura, noi possiamo essere attratti da paesaggi inospitali e pericolosi, da ghiacciai o vulcani, i quali rivelano la potenza distruttrice della natura e il nostro essere infinitamente piccoli dinanzi ad essa; esattamente quel tipo di paesaggi per i quali l'estetica, ed in particolare il filosofo Immanuel Kant, ha teorizzato nel Settecento la nozione di sublime.
Per fare infine un esempio ancor più semplice e concreto un film dell'orrore ci può far saltare dalla sedia e morire di paura, eppure, se ben fatto, alla fine della visione si esce soddisfatti dal cinema e persino contenti di aver pagato il biglietto.

Bibliografia

  • Estetica - Paolo D'Angelo - Editori Laterza
  • Poetica - Aristotele - Editori Laterza
  • Con moltissima passione. Ritratto di Giuseppe Verdi - Raffaele Mellace - Carocci editore
  • Il Barocco - Tomaso Montanari - Einaudi