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Condottiero, abile politico, eccellente stratega, Napoleone Bonaparte seppe sfruttare nella sua ascesa i grandi sconvolgimenti successivi alla Rivoluzione francese, conclusasi con la decapitazione di Luigi XVI e la proclamazione della repubblica.
Protagonista assoluto della storia francese ed europea tra Settecento e Ottocento - amato e celebrato da artisti e poeti quanto odiato come tiranno dall'ambizione smisurata - Napoleone nacque in Corsica, ad Ajaccio, nel 1769, poco dopo che l'isola era passata dalla Repubblica di Genova nelle mani di Luigi XV di Francia.
Il Bonaparte inaugurò un periodo di preponderanza francese sul palcoscenico internazionale, fatta eccezione della Gran Bretagna, forte della sua supremazia economica e navale. Già durante il lungo regno del Re Sole la Francia era divenuta la principale protagonista europea, ponendo fine al dominio spagnolo, tuttavia il sovrano non era riuscito nell'intento di fare della Francia un paese unito, alimentando la profonda distanza fra il popolo e la corte che poi porterà ai sanguinari eventi di fine secolo e alla conseguente precarietà politica.
La figura di Napoleone, da giovane vicino alle idee di Robespierre, sembrò invece mettere d'accordo sia i repubblicani che portavano avanti i principi della Rivoluzione, sia chi, di orientamento filomonarchico, desiderava la restaurazione dei Borbone.
Consapevole che per governare era più che mai necessario il consenso popolare, vorrà sempre essere chiamato "sovrano dei francesi" e non della Francia quando si farà eleggere prima re e poi imperatore, finendo però per rinnegare gli ideali rivoluzionari per cui aveva combattuto. La popolazione, stanca delle continue guerre civili, sentì nuovamente il bisogno di affidare la guida del paese ad un "uomo forte", decisione che appare appunto in contrasto con una Rivoluzione che però aveva dimostrato, nel periodo del cosiddetto Terrore, come spesso il male abbia il potere di sostituirsi ai nobili valori per cui si combatte.
Per tale motivo Napoleone viene spesso definito dagli studiosi quale "erede imperfetto" della Rivoluzione, perché se da giovane aveva sostenuto Robespierre, divenendo generale durante la Rivoluzione, una volta preso il potere assunse nella sua figura, sotto quasi tutti i punti di pista, le caratteristiche proprie del sovrano assoluto.

Napoleone sul trono imperiale - Jean-Auguste-Dominique Ingres - 1806
Dalle pagine di un piccolo pamphlet dello scrittore e politico romantico François René de Chateaubriand, redatto negli anni della restaurazione borbonica come condanna al regime napoleonico, emerge chiaramente il contesto di incertezza successivo alla rivoluzione: «Fu dunque necessario insediare un capo supremo che fosse figlio della rivoluzione, un capo nel quale la legge, corrotta fin dalle sue stesse origini, proteggesse la corruzione e se ne facesse complice. Magistrati integerrimi, fermi e coraggiosi, uomini di comando famosi per la loro probità come per i loro talenti erano emersi in mezzo alle nostre discordie; ma non fu affatto offerto loro un potere che in virtù dei loro princìpi non avrebbero mai potuto accettare. Si disperò di trovare tra i Francesi una testa che osasse portare la corona di Luigi XVI. Si presentò uno straniero: fu scelto».
Il primo grande successo di Napoleone fu la campagna d'Italia del 1796, con la quale si conquistò un'incredibile celebrità. Costretto rapidamente alla resa il Regno di Sardegna, invasa la Lombardia e i territori padani dello Stato della Chiesa, Napoleone conquistò Milano e poi Mantova, minacciando di raggiungere Vienna da Sud: l'Austria era infatti il vero obiettivo di conquista. Con il trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797 l'impero asburgico dovette riconoscere la sovranità francese sui Paesi Bassi meridionali e sulla Lombardia, ottenendo però i territori della Repubblica di Venezia, che perse così la sua secolare storia di Stato indipendente. Il primo fra i delusi fu il poeta Ugo Foscolo, che espresse tale sentimento nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo epistolare pubblicato a Milano nel 1802.
La Francia esercitava ormai un netto predominio sulla nostra penisola e l'ascesa del giovane Napoleone - descritto come un visionario dallo sguardo freddo, il viso scavato e la magra corporatura - fu sancita definitivamente.

Napoleone comandante dell'Armata d'Italia.
Il generale formò in Italia due repubbliche sul modello di quella francese, la Cispadana, che adottò come simbolo il tricolore italiano derivato da quello francese, e poi la più grande Cisalpina, con capitale Milano.
Una volta in mano l'Italia e sconfitto l'impero, solo la Gran Bretagna resisteva ancora all'egemonia francese. Bonaparte fu incaricato allora di guidare una spedizione militare in Egitto al fine di minacciare i commerci inglesi con India ed Estremo Oriente. Sconfitto l'esercito egiziano nella battaglia delle Piramidi del 1798, la Francia venne però annientata in una battaglia navale dall'Inghilterra, la cui flotta era guidata dal leggendario ammiraglio Horatio Nelson.
Si può capire già da queste prime operazioni belliche il significato del celebre verso "Dall'Alpi alle Piramidi" contenuto ne Il cinque maggio di Alessandro Manzoni a lui dedicato.
Napoleone fu costretto a fare ritorno in patria, dove nel frattempo avevano vinto le elezioni i monarchici. Un colpo di stato annullò però i risultati al fine di non tornare all'Ancien régime dopo gli sforzi rivoluzionari.
Non sorprende dunque che alla fine si decise di nominare Napoleone "primo console", godendo egli della fiducia dell'esercito in un periodo in cui era forte, come già in passato, la coalizione antifrancese.

Napoleone come primo console di Antoine-Jean Gros.
Il nuovo capo dello Stato cercò subito di contrastare i rivali, che minacciavano di porre fine al dominio francese sull'Italia, così sconfisse gli austriaci a Marengo, il 14 giugno del 1800. Ne scaturì nel 1801 la pace di Lunéville con l'impero e l'anno seguente quella di Amiens con la Gran Bretagna.

Bonaparte al Gran San Bernardo - Jacques-Louis David - 1800
Intanto nel 1801 il generale aveva anche ottenuto un importante successo, firmando un concordato con la Santa Sede, per il quale l'allora pontefice Pio VII riconosceva la Repubblica francese, ottenendo in cambio il riconoscimento del cattolicesimo come religione della Francia. Il papato tornò così ad avere il controllo della Chiesa francese, al contrario dei tempi della monarchia.

Pio VII in un ritratto di David datato 1805 e custodito al Museo del Louvre.
Nel 1802 Napoleone fu proclamato primo console a vita, col diritto di nominare il proprio successore, primo passo per divenire un vero e proprio monarca e per la futura proclamazione dell'Impero francese.
La Francia passò così da repubblica a impero, scelta benedetta da Pio VII, che il 2 dicembre 1804, in una solenne cerimonia tenutasi presso la cattedrale di Notre Dame, consacrò Napoleone imperatore.
Fu però il Bonaparte ad autoincoronarsi, come mostra questo sontuoso dipinto di David, di sei metri per nove, conservato al Louvre di Parigi. L'artista, presente alla celebrazione, ritrae fedelmente più di duecento personaggi, come in una fotografia, catturando l'attimo in cui Napoleone porge la corona alla moglie Giuseppina, mentre il pontefice è seduto alle sue spalle.

L'incoronazione di Napoleone - Jacques-Louis David - 1806
Il passaggio da repubblica a impero riguardò anche gli stati satelliti della Francia, così, il 26 maggio 1805, Napoleone fu incoronato re d'Italia nel Duomo di Milano.
Per l'occasione fu completata la realizzazione della facciata della cattedrale, che in questi anni doveva apparire come in questa stampa di fine Settecento.

Un ruolo fondamentale ebbe Napoleone anche nella creazione della galleria d'arte più bella della città, la Pinacoteca di Brera, fondata nel 1776 da Maria Teresa d'Austria e immaginata dal generale come il "Louvre d'Italia". All'ingresso del percorso museale è proprio un maestoso monumento di Antonio Canova, dedicato a Napoleone come Marte pacificatore, ad accogliere i visitatori.

Il Bonaparte fu il primo a costituire un regime in Europa basato, oltre che sul pieno controllo dell'esercito, sul consenso popolare, consapevole di quanto fosse determinante avere dalla propria parte la maggioranza della popolazione. Questo stile di governo, da molti imitato in futuro, fu definito dagli storici "cesarismo", in riferimento a Giulio Cesare, che nel 48 a.C. aveva posto fine all'esperienza repubblicana. Ancora una volta si nota il contrasto con le idee della Rivoluzione.

Napoleone come re d'Italia in un ritratto di Andrea Appiani custodito alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
Il governo napoleonico prendeva però le distanze dal regno dei Borbone per quanto riguarda una maggiore uguaglianza fra i sudditi, avvicinandosi dunque alle teorie dell'Illuminismo.
Per colmare le distanze sociali riformò il sistema dell'istruzione superiore e universitario, ponendo l'attenzione ai licei, che divennero statali, scuole impegnative e riservate ai giovani di buona famiglia o di talento. Ognuno poteva così aspirare ad una carriera al servizio dello Stato. Nel 1806 venne introdotto anche il monopolio statale dell'istruzione universitaria. Minore attenzione fu invece riservata all'educazione primaria, ancora in mano alla Chiesa cattolica.
Un altro punto a cui tenne molto Napoleone fu il concetto di matrimonio, in quanto sono le buone famiglie a costituire una società di valore, una buona patria. Il marito aveva il ruolo di capofamiglia, mentre le donne avevano ancora minori diritti.
L'ascesa napoleonica continuava a preoccupare l'Europa intera; nel 1805 la Gran Bretagna promosse un'ulteriore coalizione antifrancese a cui parteciparono l'impero austriaco, la Russia, la Svezia e il Regno di Napoli.
La flotta inglese, guidata sempre da Nelson, ebbe la meglio sui francesi a Trafalgar, in Spagna, nei pressi di Cadice, rimarcando la propria superiorità nelle battaglie per mare. Sul continente, però, la "Grande Armée" di Napoleone non aveva rivali: l'esercito austro - russo subì una disastrosa sconfitta ad Austerlitz, oggi in Repubblica Ceca, che costrinse l'Austria a cedere al Regno d'Italia, quindi alla Francia, Veneto, Dalmazia e Istria.

La battaglia di Austerlitz - François Gérard - 1810
Napoleone ridisegnava intanto la cartina europea, ponendo i propri congiunti al governo dei suoi possedimenti, esercitando un dominio che ormai, fatta eccezione della Gran Bretagna, si estendeva ovunque. Il regno d'Olanda fu così affidato al fratello Luigi Bonaparte, mentre il regno di Napoli al fratello Giuseppe. In Germania era Napoleone stesso il "protettore", dopo che era stata proclamata la fine del Sacro romano impero. In ogni territorio il generale vietò qualunque traffico con l'Inghilterra, in una politica chiamata "blocco continentale", al fine di indebolirla nei commerci, l'altro grande ambito, oltre a quello navale, in cui gli inglesi rappresentavano una vera e propria eccellenza.
Napoleone decise nel 1809 di occupare anche lo Stato pontificio, con il papa, che scomunicò l'imperatore, dapprima portato in Francia e poi a Savona.
Una disputa dinastica legata al trono di Spagna permise al Bonaparte di spodestare l'allora sovrano spagnolo Carlo IV Borbone e insediare al potere il fratello Giuseppe, che era stato re di Napoli. La corona di Napoli venne così assegnata a Gioacchino Murat, valido maresciallo dell'Impero francese e marito di Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone.

Ritratto di Gioacchino Murat del 1808 circa.
Alla fine del 1809 Napoleone decise di divorziare dalla moglie Giuseppina, sposando l'anno seguente la figlia dell'imperatore d'Austria, Maria Luisa, la cui prozia era Maria Antonietta, la moglie di Luigi XVI decapitata durante la Rivoluzione. Questo creò non poche polemiche in Francia. Dalla loro unione nacque l'erede al trono francese, Napoleone Francesco, che morì però poco più che ventenne.
Nel 1810 la Russia decise di riprendere i commerci con la Gran Bretagna, andando contro al "blocco continentale", decisione la cui conseguenza fu l'invasione due anni più tardi della Russia da parte di un esercito di 700.000 uomini guidati dal generale Bonaparte, che riuscì ad occupare Mosca. La città aveva però un aspetto spettrale a causa dell'imminente inverno e poiché abbandonata e data alle fiamme dai russi. Presagio nefasto per l'imperatore. Lo zar di Russia, in una tattica attendista, non chiese infatti un colloquio di pace con Napoleone. Temendo il gelo, con l'esercito privo di rifornimenti, il Bonaparte decise per la ritirata, ma sulla via del ritorno i russi attaccarono ripetutamente i francesi, stremati dal freddo e dalla fame, che una volta in patria si ritrovarono solamente in 50.000 superstiti.
Fu la prima vera grande sconfitta napoleonica, che motivò nel 1813 ad organizzare un'altra coalizione antifrancese, la sesta, fra le maggiori potenze europee.

Nell'ottobre 1813 Napoleone fu battuto a Lipsia dalla coalizione, che poi occupò la città di Parigi. Abbandonato da molti esponenti del suo stesso regime e dall'esercito, Napoleone fu costretto ad abdicare e in Francia venne restaurata la monarchia con il ritorno al trono di Luigi XVIII Borbone.
Furono in molti, però, a manifestare il proprio dissenso per tale decisione, mentre Napoleone fu esiliato all'isola d'Elba.
Sfruttando i malumori per la restaurazione borbonica a seguito dei lunghi sforzi rivoluzionari, il Bonaparte riuscì a fuggire ed entrare trionfalmente a Parigi.
Le potenze alleate organizzarono allora una settima, ed ultima, coalizione antifrancese, che segnerà il tramonto malinconico dell'egemonia di Napoleone, sconfitto nella celeberrima e disastrosa battaglia di Waterloo, in Belgio, il 18 giugno del 1815.
Luigi XVIII era nuovamente il re di Francia, mentre Napoleone ancora in esilio, questa volta nella sperduta isola di Sant'Elena, nell'Oceano Atlantico, dove troverà la morte il 5 maggio 1821 all'età di cinquantuno anni: si conclusero così una vita straordinaria ed un'ascesa militare fulminea, ancora una volta su un'isola, come il suo luogo di nascita da dove tutto era cominciato. La storia lasciava spazio così alla celebrazione del mito di Napoleone, assunto a riferimento nel Romanticismo quale eroe sconfitto e predestinato al triste epilogo, a cui era preclusa la vittoria, ma anche modello immortale per molti uomini di potere, che guardarono a lui come esempio di grandezza e coraggio. Gli stessi francesi - prima delusi dalla politica assolutista di Carlo X, dalla conseguente monarchia costituzionale di Luigi Filippo d'Orléans e infine dal Secondo Impero di Napoleone III - cominciarono presto a manifestare un sentimento di diffusa nostalgia per una nazione che sotto il Bonaparte era padrona del mondo.
La notizia della morte di Napoleone scosse profondamente il Manzoni, che si mise subito a comporre l'ode dedicata all'imperatore, Il cinque maggio, ultimandola nel giro di pochi giorni.
Prima di allora il poeta non aveva mai scritto a proposito del grande condottiero; non si conosceva dunque la propria opinione. La morte improvvisa e le voci sulla conversione cristiana in punto di morte indussero l'autore a tracciarne un bilancio sostanzialmente positivo, tuttavia è a noi che Manzoni lascia l'ultima parola, il definitivo e complesso giudizio, per un personaggio dalle mille sfaccettature che ancora oggi affascina e non smette di essere scoperto.
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.

Note
La fotografia della statua di Napoleone come Marte pacificatore è stata scattata durante la mia visita alla Pinacoteca di Brera nell'ottobre 2020.
Bibliografia
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