Giovan Battista Gaulli

Autoritratto - 1667 circa - Firenze, Galleria degli Uffizi

Protagonista della pittura barocca romana, il genovese Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio fu allievo di Gian Lorenzo Bernini, di cui divenne uno dei più fidati e apprezzati collaboratori. Testimonianza ne è un ritratto che il pittore realizzò intorno al 1675 per il suo maestro, per noi assai prezioso al fine di conoscere l'aspetto del geniale artista giunto ormai al tramonto della propria straordinaria esistenza. Di lui si conoscono infatti maggiormente gli autoritratti giovanili custoditi presso la Galleria Borghese.

Formatosi a Genova osservando Rubens e Van Dyck, studiando anche le opere rinascimentali di Federico Barocci e Perin del Vaga, il Baciccio si trasferì a Roma per sfuggire alla peste del 1657, dove finalmente ebbe modo di conoscere i capolavori di Raffaello Sanzio, Annibale Carracci e Guido Reni, i suoi pittori di riferimento, entrando poi nella prestigiosa cerchia del Bernini. Un viaggio a Parma nel 1669 fu inoltre di estrema importanza per contemplare le suggestive cupole del Correggio.
Decise così di imitarlo nella sua prima grande commissione romana, vale a dire la decorazione della volta della navata principale della Chiesa del Gesù, dove il suo Trionfo del nome di Gesù, a cui si dedicò per tre anni dal 1676 al 1679, lascia senza fiato i visitatori dando la meravigliosa impressione di uno scorcio di cielo, un angolo di paradiso che si apre come d'incanto non appena entrati in chiesa.

Il Gaulli, che qui diede vita a quello che viene considerato il parallelo pittorico dell'Altare della Cattedra di Bernini, l'opera sublime che adorna l'abside della basilica di San Pietro, fu in grado di annullare i confini fra la pittura e la decorazione a stucco, realizzata precedentemente da un altro allievo del Bernini, lo scultore Antonio Raggi. Si tratta dei demoni che precipitano dall'alto, invadendo lo spazio della navata, mentre i beati dipinti dal Baciccio, sostenuti dalle nuvole, si librano verso Gesù e quella luce divina che allude alla grazia, alla salvezza, richiamando appunto quella della colomba dello Spirito Santo nel finestrone dell'abside berniniano.
Per maturazione artistica e complessità di soggetto la volta del Gaulli è considerata il suo capolavoro, nel quale confluiscono tutte le esperienze maturate durante la sua carriera, a partire dalla formazione genovese, una città di primaria importanza per lo stile barocco, passando per la collaborazione con il Bernini e lo studio degli schemi di Pietro da Cortona, uno dei massimi ispiratori del Baciccio, basti fare un confronto con il Trionfo della Divina Provvidenza della volta di Palazzo Barberini.

Qualche anno dopo poté ripetersi nella volta della basilica dei Santi Apostoli, nei pressi del Vittoriano, dove realizzò il Trionfo dell'Ordine Francescano, concluso nel 1707, due anni prima di spegnersi settantenne nella città eterna, dove veniva ormai considerato come uno dei suoi artisti più autorevoli, l'unico in grado di tradurre in pittura l'estetica architettonica e la genialità teatrale del Bernini.

Un'altra opera significativa è la tela raffigurante la Madonna col Bambino e Sant'Anna, custodita presso la chiesa di San Francesco a Ripa e divenuta lo sfondo della scena scultorea dell'Estasi della beata Ludovica Albertoni, ultimo capolavoro berniniano datato tra il 1671 e il 1674. Bernini, come già aveva fatto nella cappella Cornaro, donò un incredibile senso di profondità alla composizione nonostante il piccolo spazio, ponendo l'attenzione sul contrasto tra la scultura e il dipinto. Il candore del marmo risalta infatti sui colori più cupi della tela, raffigurante un dolce momento di vita familiare tra la Vergine ed il piccolo Gesù, soggetto che a sua volta risalta sul movimento concitato delle vesti della beata, quasi la pittura fosse la visione stessa della protagonista.
La scelta del Bernini di inserire il dipinto dell'allievo nella sua opera riprende quella sua idea di "teatro nel teatro", di "bel composto", termine coniato dal biografo Filippo Baldinucci nel 1682 per definire un'opera d'arte totale capace di coniugare scultura, pittura, architettura e scenografia.