Hubert Robert

Nel corso del XVIII secolo ottenne particolare successo il genere del Vedutismo, molto richiesto dai visitatori stranieri che si recavano nelle principali città d'arte italiane per il "Grand Tour", un viaggio di studio in voga nel Settecento finalizzato allo studio delle opere degli antichi e dei moderni. Celeberrime sono le incisioni romane di Giovanni Battista Piranesi, formatosi a sua volta presso la bottega di Giuseppe Vasi, ma anche i dipinti di Giovanni Paolo Pannini o quelli veneziani del Canaletto.
La bellezza delle illustrazioni piranesiane risiede nel fatto che quanto osserviamo è esattamente quello che potevano ammirare i grandi viaggiatori come Goethe o Stendhal, rimasti incantanti dalla città eterna, ma anche gli artisti e i committenti di quegli anni, in un percorso che arriva sino al Gabriele d'Annunzio del romanzo Il piacere e ancor di più sino ai giorni nostri.
Quanto ci mostra il Piranesi si unisce in perfetta armonia con quanto vediamo oggi a Roma, spiegandoci concretamente un'idea tanto astratta come l'eternità, dandoci diretta testimonianza del passaggio inesorabile del tempo, incapace, però, di contaminare la Bellezza, che sopravvive in tutta la sua "Magnificenza", un termine che bene perfettamente la sensazione che si prova visitando Roma e che fu scelto come titolo dal Vasi per la raccolta delle proprie incisioni. La Magnificenza è qualcosa di più della Bellezza, paragonabile al concetto di Sublime tanto caro ai romantici, vera e propria sensazione di grandezza e di stupore dinanzi ad essa, che ci sgomenta ma allo stesso tempo ci accarezza dolcemente, portando il nostro stato d'animo ad una sottile malinconia sino a lasciarci senza fiato dinanzi ai monumenti, alle rovine e agli edifici religiosi che rendono Roma la città più bella del mondo.

Il colonnato di piazza San Pietro, opera di Gian Lorenzo Bernini, raffigurato da Hubert Robert durante il conclave del 1769.

Tale è la sensazione che si prova accostandosi alla pittura di Hubert Robert, fra i pittori che lavorarono al fianco del genio di Piranesi, riuscendo a capirne e ad assimilare fino in fondo le capacità di interpretare l'antico.
Nato a Parigi l'anno 1733, Robert giunse a Roma intorno alla metà del secolo, appena ventenne, assumendo subito lo sguardo piranesiano nelle sue vedute di antichità e coniugando perfettamente, attraverso l'imitazione del Pannini, l'altro suo grande modello, l'antico con il moderno, imponendosi in poco tempo tra le personalità maggiormente influenzate dallo stile di Piranesi.
La Roma settecentesca era una città nella quale pittori, scultori e architetti di ogni nazionalità disegnavano per le strade, discutendo fra loro, incoraggiati dalla fitta committenza. In tale contesto si diffusero particolarmente la pitture di vedute e l'arte incisoria, capaci di rappresentare con fedeltà quasi fotografica gli edifici e gli scorci cittadini, come nella raccolta fortunatissima Vedute di Roma Moderna del Piranesi.
Robert si distinse per il genere del "capriccio", nel quale si era soliti disporre liberamente le rovine di Roma antica o rappresentare nella stessa composizione elementi reali tratti da luoghi differenti. Un esempio ne è Il porto di Ripetta, datato intorno al 1766, una veduta ideale in cui Robert inserisce il piccolo porto sul Tevere, all'epoca uno scalo per trasportare sino in città legname, carbone e alimenti, accanto al maestoso Pantheon, monumento ricorrente nella propria produzione, che fa da sfondo alla scena. Si tratta ovviamente di una fantasia, di un capriccio appunto, nel quale l'artista inserisce il tempio in una collocazione nella quale non lo troviamo realmente.
Osservando un quadro come questo capiamo quello che dovette rappresentare Roma, in tutto il suo fascino, per l'autore stesso, che visse questo lungo soggiorno, durato circa dal 1754 al 1765, come una vera e propria avventura personale. Allo stesso tempo la grandiosa e smisurata città doveva apparirgli come un luogo familiare se poniamo l'attenzione, qui come in quella del colonnato berniniano, ai personaggi che popolano la composizione, ognuno indaffarato nella sua quotidianità. Il fine di Robert non era infatti quello che avrebbe potuto avere un archeologo, impegnato nel riportare con precisione quanto osservato, bensì quello di lasciarsi ispirare dalla bellezza e da quello che lo circondava, spesso ritraendosi egli stesso in un angolo impegnato a disegnare sul proprio cartone preparatorio.

Un'altra suggestiva fantasia pittorica si trova nel dipinto Il ritrovamento del Laocoonte, realizzato nel 1773, ispirato all'episodio avvenuto a Roma nel gennaio dell'anno 1506, regnando sul soglio petrino papa Giulio II della Rovere, quando sul Colle Esquilino uno scavo archeologico riportò alla luce un'enorme scultura di marmo raffigurante il Gruppo del Laocoonte, al cui vigore anatomico di muscoli e potenza espressiva si ispirarono infiniti artisti, fra cui Michelangelo Buonarroti, presente il giorno del ritrovamento.
Il pontefice, non appena compreso il valore di quella sensazionale scoperta, decise di trasferire la scultura in Vaticano ed oggi si può osservare al Museo Pio-Clementino.
Robert sembra mostrarci proprio il momento del trasferimento, con diversi uomini impegnati nell'immane fatica. Altri osservano stupiti l'impresa, discutendo fra loro all'interno di una gigantesca architettura che, per solennità e ampiezza, ricorda la basilica di San Pietro, scorgendo nell'infinito gioco prospettico, sul fondo illuminato della navata, la struttura del baldacchino berniniano, che però non poteva essere realmente in loco nell'anno del ritrovamento del Laocoonte, gioco di finzione che solo il genere del capriccio può concedersi.

Pur rimanendo in qualche modo romano nel cuore, segnato nell'animo da una città senza la quale non sarebbe divenuto il pittore che conosciamo e che fu molto apprezzato dai contemporanei, Robert fu anche testimone degli eventi che segnarono la sua Parigi. Esempi ne sono L'incendio dell'Opéra, del 1781, custodito al Louvre di Parigi, ma anche l'incendio notturno che colpì l'Ospedale Maggiore, osservato dal pittore dalla propria finestra per poi precipitarsi in strada al fine di cogliere lo spettacolo della strada, in particolare i colori che il fuoco conferiva alla Senna, ma anche i suoi riflessi sulle torri campanarie della cattedrale di Notre-Dame, avvolta dalle fiamme, visione che nella sua drammaticità ci porta sino ai nostri giorni.

Arrestato quale elemento sospetto nel 1793 durante la Rivoluzione francese, Robert fu liberato l'anno seguente e si spense a Parigi nel 1808 a seguito di una vita dedicata alla pittura.

Bibliografia

  • I maestri del colore. Hubert Robert - Testi di Jean Cailleux - Fratelli Fabbri Editori
  • Piranesi - Orietta Rossi Pinelli - Giunti
  • Arte in primo piano. Manierismo, Barocco, Rococò - Giuseppe Nifosì - Editori Laterza