Théodore Géricault

Théodore Géricault fu un esponente dell'arte romantica francese.

Nato nel 1791, proveniva da un'agiata famiglia borghese e si formò in un contesto accademico.

Spinto da un temperamento irrequieto e da una sensibilità acuta, decise di seguire l'ultimo insegnamento di Jacques-Louis David e di cercare i suoi soggetti nell'ambito della storia contemporanea.

I primi quadri, di argomento militare, aspiravano a presentarsi come testimonianze visive delle guerre napoleoniche. Questa scelta era abbastanza consueta, ma Géricault mostrava di non interessarsi realmente agli episodi bellici, ai grandi trionfi dei celebri personaggi, al contrario, egli voleva concedere spazio e dignità ai protagonisti minori, ossia gli ufficiali sconosciuti, i soldati, senza i quali non vi sarebbero stati i medesimi esiti. Il pittore dipinse questi soggetti con regolarità, inserendoli in opere di grandi dimensioni, normalmente riservate ai quadri di storia.

Un esempio è la sua prima grande opera intitolata Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale alla carica, datata 1812, che simboleggia la marcia vittoriosa delle truppe napoleoniche. L'ufficiale a cavallo emerge in primo piano, distaccandosi da uno sfondo indistinto, dove l'alternanza di colori chiari e scuri suggerisce la presenza di un incendio. La ricchezza cromatica di questo spazio immaginario conferisce un senso di gioiosa energia che annuncia gloriosi successi bellici.

Al dipinto si contrappone il Corazziere ferito che lascia il fuoco, realizzato due anni più tardi, che testimonia la tragica disfatta dell'esercito francese. Nel primo dipinto è raffigurata la trionfante vittoria, mentre nel secondo il peso opprimente della sconfitta. Questa sostanziale differenza sta nella postura dei due soggetti: il primo va all'assalto del destino con un'azione che va da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso, a simboleggiare una vittoriosa ascensione, nel secondo il corazziere, ripiega invece in una triste ritirata in cui l'azione è rivolta verso il basso. Ad accentuare il contrasto tra le due opere sono anche i colori, caldi nel primo e scuri nel secondo.

Determinante per Géricault fu il viaggio in Italia nel 1816, dove si recò spinto dal desiderio di studiare i capolavori degli affreschi e delle sculture di Michelangelo Buonarroti, delle pitture di Raffaello Sanzio e dell'opera di Caravaggio.

Tornato in Francia nel 1817 diede vita al suo capolavoro, La zattera della Medusa, una tela immensa, le cui dimensioni mai prima di allora erano state destinate a soggetti privi di rilievo storico. Il dipinto, uno dei più celebri della pittura romantica, fu ispirato da un tragico episodio di cronaca contemporanea, cioè il naufragio della nave Medusa, avvenuto nel 1816.

Lavorò all'opera per due anni, cercando di evidenziare sempre più la drammaticità delle figure nei volti e nei movimenti così reali e attraverso l'uso di colori cupi. Si notano i corpi realizzati seguendo lo stile michelangiolesco del Giudizio Universale e la luce del tramonto, carica di valori simbolici, che richiama quella di Caravaggio. Dopo numerosi studi decise di raffigurare il tragico momento in cui i naufraghi avvistano in lontananza una nave, senza però riuscire a farsi notare. La speranza improvvisa ricadrà quindi presto nello sconforto più totale, di cui simbolo è un uomo anziano che siede tra i corpi dei morti.

La scena è costruita su un sistema di varie diagonali che convergono verso due apici, uno rappresentato dall'albero della zattera e l'altro dalla camicia agitata da un naufrago.

Esposta al Salon del 1819, venne aspramente criticata, ma presto assunse un valore emblematico per i pittori romantici grazie alla grandezza di trasformare un episodio di cronaca in un dramma universale in cui il destino di sofferenza e di morte dell'umanità viene incarnato dalla tragedia di questa zattera.

Uno dei primi pittori che rese omaggio all'opera fu l'amico Eugène Delacroix con La barca di Dante del 1822. Egli considerò sempre Géricault come un maestro, nonostante fossero quasi coetanei, proseguendone l'eredità artistica.

Scriveva a proposito del dipinto: "Géricault mi permise di vedere La zattera della Medusa quando ancora ci stava lavorando. Fece una tremenda impressione su di me tanto che quando uscii dal suo studio cominciai a correre come un pazzo e non mi fermai finché non raggiunsi la mia stanza".

L'influenza del capolavoro di Géricault si estese anche al di fuori della Francia; per esempio l'inglese William Turner, uno dei più grandi pittori romantici, si ispirò al tema del disastro in mare. Inoltre l'uso di una tela di grandi dimensioni per dipingere gente comune si pose alla base di una corrente artistica successiva, quella del Realismo, che vide nel connazionale Gustave Courbet il massimo esponente.

Géricault fu proprio un precursore del movimento del Realismo, prediligendo soggetti di cronaca, celebrando la figura dell'antieroe e arrivando a dipingere l'estremo degrado dell'individuo, ridotto a cadavere o in preda alla follia. Fece infatti richiesta in un ospedale parigino di osservare e disegnare dei cadaveri in dipinti come Frammenti anatomici e Teste di giustiziati che presentano arti e altre parti anatomiche ammucchiate, come lugubri nature morte.

La follia fu un tema che lo attrasse molto, in quanto artista romantico, arrivando a realizzare dieci ritratti di alienati tra il 1822 e il 1823. I quadri, dipinti per il dottor Jean Georget, a cui l'artista si rivolse in un periodo di profonda depressione e con il quale nacque un rapporto di reciproca stima, sono caratterizzati da una straordinaria espressività dei soggetti. Gli sguardi, così veri, sono colti con una precisione eccezionale nella loro drammaticità, tanto da rendere possibile la diagnosi. Questi ritratti presentano degli individui con monomania, cioè un'idea ossessiva, una fissazione per qualcosa, soffermandosi sull'aspetto umano della malattia, a causa della quale queste persone sono costrette ad una vita di isolamento e di esclusione dalla società.

Alienata con monomania del gioco - Parigi, Museo del Louvre

Nel 1822 una caduta da cavallo procurò al pittore una lesione del midollo spinale che lo condusse alla paralisi. Morì nel 1824, a soli trentatré anni, dopo una lunga agonia. Nello stesso anno il Louvre acquistò il suo capolavoro La Zattera della Medusa, portandogli tardivamente quella fama vanamente cercata per tutta la vita.

Leggi anche: