Canto XXVI

Guido Guinizzelli

Quand'io odo nomar sé stesso il padre
mio e delli altri miei miglior che mai
rime d'amore usar dolci e leggiadre.

Nell'incontro con lo stilnovista Guido Guinizzelli, nella settima cornice della montagna del Purgatorio, si concludono gli incontri con gli illustri poeti che hanno caratterizzato la cantica, si pensi ai più recenti con Forese Donati nel Canto XXIII o con Bonagiunta Orbicciani nel Canto XXIV, ma anche al mantovano Sordello del Canto VI, il quale aveva abbracciato Virgilio riconoscendo in lui un celebre concittadino, ed infine a Stazio, che, a partire dal Canto XXI, accompagna Dante nella sua ascesa, conducendolo sino al Paradiso terrestre e all'incontro con Beatrice nel Canto XXX, dove Virgilio scomparirà in silenzio.
Nell'ultima cornice del monte, posta sotto la cima del monte, dove è l'Eden, sono puniti i lussuriosi, distinti in due schiere che camminano in senso opposto, vale a dire quelle di coloro che peccarono di lussuria naturale oppure contro natura, ossia i sodomiti. Nella prima schiera il Poeta riconosce il bolognese Guido Guinizzelli, che definisce suo maestro e per tutti i membri del gruppo dello stilnovo, a cui Dante aderì durante la giovinezza, ma ancor di più come il migliore nell'utilizzo di rime amorose dolci e cariche di sentimento. Principio di primaria importanza nella concezione di Guinizzelli era infatti la coincidenza assoluta fra amore e cuor gentile, stabilendo una nuova idea di nobiltà, che è solo quella dell'animo, non più derivante dunque dalla nascita o da titoli nobiliari, perché non vi è niente di più nobile di un animo innamorato. A lui si deve l'endecasillabo che si può dire essere stato il manifesto per tutti i componenti del movimento poetico fiorentino: "Al cor gentil rempaira sempre amore". Si tratta quasi si una legge, scritta nel firmamento, secondo cui l'amore torna sempre, prima o poi, a chi ha amato sinceramente, concetto che Dante riprese nei suoi componimenti giovanili e, soprattutto nel Canto V dell'Inferno, dove Francesca da Rimini dichiara: "Amor ch'a nullo amato amar perdona".
Nella poetica stilnovista e di Guinizzelli emerge poi la figura della donna angelicata, portatrice di salvezza, la cui visione spiritualizzata come tramite fra la terra e il cielo sarà fondamentale nella cantica del Paradiso.
Dante dimostra sincero affetto e riconoscenza nell'incontro con Guinizzelli, figura di primaria importanza nella sua vita, tanto che vorrebbe abbracciarlo se solo non fosse ostacolato dalle fiamme che ostacolano il cammino degli spiriti dei lussuriosi, contrappasso evidente per coloro che si lasciarono travolgere dal fuoco della passione fisica.
Guinizzelli mostra infine a Dante l'anima del poeta provenzale Arnaut Daniel, riconoscendo con umiltà la superiorità della sua opera, sebbene alcuni continuino a preferirgli Guittone d'Arezzo, rivale di Dante, il quale si serve della figura di Guinizzelli per schierarsi nelle polemiche contemporanee e delineare a noi lettori il contesto letterario del suo tempo.