Saffo

Parnaso (dettaglio) - Raffaello Sanzio - 1510 circa - Città del Vaticano, Musei Vaticani

Saffo è la prima poetessa della Grecia antica, nata intorno al 630 a.C., esponente della melica monodica.
Con il termine generale di melica, ossia "lirica cantata", gli antichi designavano tutti quei generi della lirica monodica e della lirica corale la cui esecuzione, diversamente da quanto accadeva per l'elegia e per il giambo, consisteva in un vero e proprio canto melodico con accompagnamento musicale di strumenti a corda o a fiato.
I generi della melica erano molteplici e variavano a seconda delle occasioni. All'interno della pòlis assunsero un ruolo determinante le eterìe, letteralmente "compagnie" di cittadini che si formavano in base all'appartenenza sociale e al credo politico e che trovavano in questo banchetto comune, o "simposio", il loro momento di aggregazione. Se l'eterìa era un'associazione di carattere prettamente politico, i membri del tìaso, anch'essi appartenenti a famiglie aristocratiche, erano uniti da motivazioni religiose e culturali. Mentre le eterìe erano formate esclusivamente da componenti maschi, esistevano tìasi interamente femminili, come quello per le liriche della poetessa Saffo che, insieme ad Alceo, è l'autrice di cui sono rimasti più frammenti.
Entrambi appartenevano all'ambiente culturale dell'area eolica, più precisamente all'isola di Lesbo, i cui rappresentanti erano apprezzati e stimati in tutto il mondo greco, al punto che la loro presenza era ricercata e ambita nei più prestigiosi ambienti culturali.
Insieme a Saffo erano solite radunarsi, nel cosiddetto tìaso, ragazze di estrazione aristocratica e provenienza diverse che trovavano in questo momento di condivisione un clima simile a quello dell'eterìa maschile, in quella che era una vita comunitaria dall'evidente significato pedagogico.
Uno degli obiettivi principali era infatti la preparazione delle giovani donne alla vita adulta, coniugale e familiare; così una volta cresciute, le ragazze lasciavano il gruppo per unirsi in matrimonio. Il ruolo di Saffo era quello di "sacerdotessa", dedita all'insegnamento dell'arte, della musica e della poesia, tuttavia il profondo legame affettivo che spesso si instaurava tra l'insegnante e l'allieva poteva sfociare in un rapporto di tenera amicizia e di omosessualità. Fu il poeta Anacreonte, vissuto due generazioni dopo Saffo, ad accreditare per primo tale tesi.

L'esempio migliore dell'innamoramento da parte della poetessa per una delle sue allieve è descritto magnificamente in un celebre componimento noto come "ode alla gelosia", di cui tra le tante traduzioni abbiamo quella autorevole di Salvatore Quasimodo.
Saffo osserva da lontano l'amata che va a sposarsi, mostrando gelosia nei confronti dell'uomo che può averla vicino a sé. Lei resta però in disparte, perché quando la incontra la voce le viene meno e il cuore le si stringe nel petto, sentendosi morire dentro.
Questa è la prima poesia d'amore e di distacco della storia, e dunque la più bella, che ha affascinato nei secoli ogni anima sensibile sino a Giacomo Leopardi, che proprio a Saffo dedicò uno dei suoi canti più emozionanti.
Si può dunque dire che Saffo ha insegnato al mondo come si soffre per amore e come si continui sempre a sperare, anche quando tutto è finito.

Mi pare simile a un dio
l'uomo che di fronte a te
siede e mentre accanto dolcemente gli parli
ti ascolta

e amabilmente sorridi: questa scena
mi stringe il cuore in petto,
perché appena ti vedo subito la voce
mi viene meno,
la lingua mi si spezza, un sottile
fuoco subito mi scorre sotto la pelle,
mi si appanna la vista, rombano
le orecchie,
un freddo sudore mi scende addosso e un tremito
tutta mi prende, più verde di un filo d'erba
sono, che poco manchi a morire
mi sembra.

Dal testo si evince che la melica monodica ha come tema privilegiato l'interiorità più profonda, l'analisi dei sentimenti, per questo è di tipo solistico e adibita ad ambienti ristretti, come il tìaso.
La partenza di una ragazza doveva essere sempre, indipendente dalla lirica precedente, un momento decisamente triste e carico di commozione. Significava essere cresciuti e pronti ad andare incontro alla vita.
«... davvero vorrei esser morta. Lei mi lasciava piangendo molto e mi disse così: "Com'è doloroso per noi, Saffo, proprio controvoglia io ti lascio!" Ed io le rispondevo in questo modo: "Vai contenta e di me conserva memoria: sai quanto ti volevamo bene..."».

L'amore come sentimento universale, talmente nobile e alto da muovere l'universo intero, l'attesa, la passione, la disillusione, il distacco e il dolore che ne consegue, la nostalgia, l'amore dal punto di vista femminile e quello omoerotico: sono questi i tratti caratteristici della poetica saffica, opera straordinaria di un'anima dalla sensibilità estrema.

Famosi sono anche alcuni frammenti che descrivono quadri naturalistici di suggestiva bellezza, come splendidi paesaggi lunari: «Le stelle intorno alla bella luna di nuovo nascondono il loro splendido aspetto quando essa, al massimo piena, risplende sulla terra...»; «È tramontata la luna e le Pleiadi. È notte fonda, il tempo scorre e io dormo sola».

Le leggende narrano che Saffo non avesse un bell'aspetto e che, a causa dell'amore non corrisposto per il giovane e bellissimo marinaio Faone, si sarebbe tolta la vita gettandosi in mare dalla rupe di Leucade, episodio narrato anche dal Leopardi.
Si spense nel 570 a.C., celebrata già dai contemporanei per la sua grandezza; Solone, per esempio, ascoltò durante la vecchiaia un carme della poetessa e affermò di non voler più nulla se non impararlo a memoria e, poi, morire.
Più avanti, in una dedica funeraria attribuita a Platone, venne scritto di lei:

Alcuni dicono che le Muse siano nove; che distratti! Guarda qua: c'è anche Saffo di Lesbo, la decima.

Saffo a Laucade - Antoine-Jean Gros - 1801