Giovanni Bellini

Un luogo fondamentale per conoscere ed apprezzare la pittura del veneziano Giovanni Bellini, figura di primo piano del Rinascimento, è sicuramente la Pinacoteca di Brera di Milano, nella quale sono custoditi capolavori che vanno dalla giovanile e struggente Pietà sino ad una Madonna con Bambino dipinta alla soglia degli ottant'anni, passando per l'immensa Predica di San Marco ad Alessandria d'Egitto, realizzata con l'amato fratello, capace di imporsi come uno dei dipinti simbolo di Brera.

Nato intorno al 1430, Giovanni lavorò senza sosta per ben sessant'anni, rinnovando per sempre la pittura veneziana. Proveniente da una famiglia di artisti, mostrò sin da subito la propria inclinazione alle arti ed ebbe la fortuna di poter coltivare questa passione grazie al padre Iacopo, anch'egli pittore, che diede a lui e al fratello maggiore Gentile i primi preziosi insegnamenti.
Scrive Giorgio Vasari nelle Vite: "Iacopo stesso insegnò loro con ogni diligenza i principii del disegno, ma non passò molto, che l’uno e l’altro avanzò il padre di gran lunga".

Sin da subito Giovanni assunse come punto di riferimento l'opera di Mantegna, con il quale si può fare un interessante confronto in quella che è la prima sala della Pinacoteca di Brera, dove sono conservati due assoluti capolavori: la Pietà, firmata dal Bellini nel 1460 circa, e il Cristo morto del Mantegna, dipinto qualche anno dopo tra il 1475 e il 1478.
Il Bellini mostra con la sua opera di aver appreso la lezione prospettica del Mantegna, che dal 1453 divenne suo cognato, riprendendo da lui anche la capacità di conferire alle figure una bellezza scultorea.

Colpiscono immediatamente, infatti, la virilità dei corpi nudi sebbene segnati dalla sofferenza, così come il sapiente uso della prospettiva, con la scelta originalissima dello scorcio prospettico da parte del Mantegna e la capacità in entrambi di dare la sensazione di poter quasi toccare i personaggi, in particolare la mano del Cristo appoggiata ad un davanzale nella Pietà ed i suoi piedi nella tela del Mantegna.
Durante la sua carriera Bellini si allontanò pian piano dal cognato per quanto riguarda l'attenzione ai sentimenti. Il suo interesse per l'interiorità umana sarà un elemento che lo contraddistinguerà sempre ed è già ben visibile nella Pietà nel dolce abbraccio che lega Maria e Gesù, con le guance quasi congiunte, sospesi in un silenzioso dialogo tra Madre e Figlio che sembra superare la morte e dare vita ad un corpo che, alla presa di coscienza di questo dettaglio, ci appare semplicemente addormentato, come quando la Madonna lo cullava in grembo da piccolo. Di più, il Bellini sembra aver voluto dare una vera e propria anima a Gesù che quasi volge il capo verso sua Madre, come a cercare ancora una volta il calore del suo affetto. È un dettaglio poetico capace di commuovere l'osservatore così come San Giovanni, che sembra non riuscire ad osservare la scena voltandosi dall'altra parte in lacrime.

Nella stessa sala vi è anche una Madonna con Bambino realizzata in età giovanile nota come Madonna greca per la scritta in alto sul bordo del dipinto. La Vergine e il Bambino hanno lo sguardo triste e malinconico, contrariamente alle classiche sacre rappresentazioni che mostrano sì un richiamo al triste futuro di Gesù, mettendo però in evidenza la felicità e la dolcezza del momento familiare. Qui, invece, sembra quasi che Maria voglia proteggere con entrambe le mani il piccolo da qualcosa che entrambi hanno visto e di cui anche noi avvertiamo la presenza osservando i loro occhi. Si tratta con molta probabilità di un richiamo, o probabilmente anche solo il pensiero, al futuro e alla Passione come mostra il frutto che Gesù tiene nella mano sinistra.

Determinante fu per Bellini l'incontro con Antonello da Messina, giunto a Venezia nel 1475, con il quale instaurò un fecondo rapporto che determinò interessanti sviluppi nei loro percorsi. Giovanni gli insegnò infatti come conferire ai soggetti un carattere umano mantenendo allo stesso tempo quella monumentalità che entrambi avevano ereditato dall'ormai affermata scuola di Piero della Francesca. In cambio Antonello trasmise al veneziano la sua attenzione alla luce e la propensione naturalistica, permettendo così al Bellini di divenire il migliore pittore di paesaggio del Quattrocento.

Un primo esempio è la Madonna con Bambino dell'Accademia Carrara di Bergamo, detta anche Madonna di Alzano, piena di luce e tenerezza, dalla perfetta prospettiva e con un paesaggio davvero suggestivo che si perde nell'immensità dell'orizzonte. Bellissime sono le mani della Vergine, che richiamano quelle della celeberrima Annunciata di Antonello, ma è un dettaglio ancor più piccolo a dimostrare l'incontro con la pittura del messinese, vale a dire il foglietto di carta posto sul davanzale che delimita la parte bassa dell'opera, su cui l'autore pone firma e data. Bisogna infine esaminare la tecnica pittorica del dipinto, ossia quella dell'olio su tavola. Questo è ciò che spiega ancor meglio l'influenza ricevuta da Antonello che secondo la tradizione fu colui che ebbe il merito di portare la pittura ad olio in Italia, donando ai dipinti risultati decisamente migliori per brillantezza rispetto a quelli a tempera.

Per capire la capacità paesaggistica dell'artista bisogna però recarsi alla Galleria degli Uffizi di Firenze ed analizzare un dipinto a dir poco enigmatico, ossia l'Allegoria sacra, realizzata negli ultimi anni del XV secolo. Le figure appaiono secondarie rispetto al paesaggio, intrigante protagonista, eppure viene naturale chiedersi chi siano e soprattutto cosa stiano facendo, quali i loro significati simbolici. Non è facile però darsi una risposta in quanto il dipinto rimarrà per sempre tra i più misteriosi e sicuramente rivoluzionari della storia dell'arte.
Su una terrazza dal pregiato pavimento marmoreo che si affaccia su di un lago si scorge in trono la figura della Vergine con a fianco una donna inginocchiata che le rende omaggio. Dietro il parapetto si riconoscono i santi Paolo, con la spada del martirio, e Giuseppe, con lo sguardo rivolto al centro. Il bambino seduto sul cuscino potrebbe essere allora Gesù, circondato da putti, ricordato anche dalla croce eretta sulla destra, in uno sfondo in cui si notano man mano altre raffigurazioni umane e animali, ognuna portatrice di un complesso significato avvolto nella profondità del silenzio. Difficile capire chi siano l'uomo col turbante che pare dirigersi verso l'acqua del lago e la donna alla destra di Maria, mentre i personaggi seminudi sulla destra sono San Sebastiano, riconoscibile dalla freccia, e Giobbe.
Anche la nostra anima al cospetto di questo silenzio diviene parte del mistero e si limita solamente ad osservare facendo tesoro di ogni istante, come a non voler violare una simile perfezione. Sembra un sogno, di quelli che restano impressi negli angoli più remoti della mente ma di cui al risveglio ci si è dimenticati. Ognuno, però, può legarci il proprio significato più intimo, rivederci il ricordo più puro e segreto, senza tuttavia rivelarlo a nessuno, perché in opere come queste, in certi momenti, le parole non sono sufficienti: è il bisogno di eternità che accarezza l'anima e il divino che si manifesta in noi.

Giovanni divenne sin da subito, come afferma anche il Vasari, più celebre del fratello Gentile, conosciuto più per la pittura narrativa di telero, mentre Giovanni preferiva le tematiche religiose. Il telero era una pittura, tipicamente veneziana, che utilizzava tele di grandi dimensioni dipinte ad olio applicandole direttamente sulla parete in sostituzione dell'affresco, che deteriorava più velocemente per la grande umidità presente nella città. Un esempio è la Processione in piazza San Marco di Gentile Bellini, datata 1486 e custodita alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, che ci riporta con precisione quasi fotografica un episodio avvenuto nel cuore della Serenissima in data 25 aprile 1544, quando durante la processione per la festa della Santa Croce avvenne il miracolo della guarigione del figlio di un mercante che aveva pregato il Signore dinanzi la reliquia. Lo si può riconoscere tra la moltitudine di figure essendo l'unico inginocchiato, appena dietro il baldacchino, vestito con un abito rosso.
Lo sfondo, con la bellissima basilica e sulla destra il Palazzo Ducale, che si vede bene per la scelta del pittore di arretrare il Campanile, costituisce una preziosa testimonianza di come appariva una delle piazze italiane più importanti nel pieno del Rinascimento.

Tornando a Brera si incontra un'opera dipinta qualche anno dopo ma di analoga impostazione e dalle medesime dimensioni, per una lunghezza di quasi otto metri. È la Predica di San Marco ad Alessandria d'Egitto, un vero e proprio tesoro della pinacoteca, paragonabile allo Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio o a Il bacio di Francesco Hayez in quanto è per il visitatore una di quelle opere, magari meno conosciuta, che non passa inosservata e costringe inevitabilmente a fermarsi in contemplazione dinanzi ad essa, rapiti dal luogo rappresentato, dalla cura dei dettagli e dalle incredibili dimensioni che fanno di questo capolavoro il più grande di Brera.
Gentile Bellini vi lavorò sino al 1507, anno della sua morte, lasciandola però incompiuta; a portarla a termine fu il fratello Giovanni in quello che appare come un omaggio.
L'immenso telero mostra una predica di San Marco, in piedi su un piccolo palco, in un contesto che è una ricostruzione immaginaria della piazza principale di Alessandria d'Egitto, dove sullo sfondo si innalza una basilica che per certi versi ricorda la San Marco veneziana nonostante gli elementi orientali, ma anche la cattedrale di Santa Sofia in Costantinopoli, città nella quale Gentile si era recato per ritrarre il sultano. Sulla sinistra si nota un obelisco, sotto il quale vi è un dromedario, mentre a destra altri animali esotici come una giraffa ed un cammello, rarissimi da trovare in dipinti di questo periodo. Alle spalle del santo si notano alcuni veneziani, dipinti da Giovanni, i cui abiti contrastano con gli uomini del luogo, sulla destra, caratterizzati dal turbante. Ciò allude ai rapporti commerciali che Venezia intratteneva con l'Oriente. Al centro vi sono invece sedute delle donne arabe velate di bianco. Curioso è infine trovare nel gruppo di destra anche Dante Alighieri, nato più di mille anni dopo San Marco, che può essere divertente cercare tra la folla. La sua figura, riconoscibile dalla corona d'alloro, è qui raffigurata per la conquista veneziana di quegli anni di alcune città romagnole tra cui Ravenna, dove il Poeta riposa.

L'ultimo dipinto di Giovanni Bellini, datato 1510 e custodito sempre a Brera, mostra un'altra Madonna con Bambino in un paesaggio collinare ancora una volta carico di mistero nel quale gli studiosi hanno cercato di trovarvi diversi significati simbolici. Probabilmente vi sono delle allegorie alla Passione, ma forse il tutto, come nell'Allegoria sacra degli Uffizi, è già chiaro così com'è nella serena compostezza della Vergine e del Bambino benedicente. Vi sono un pastore con le sue pecore, un uomo a cavallo, infine anche una scimmia su un basamento dove vi è posta l'ultima firma dell'artista, venuto a mancare nel mese di novembre dell'anno 1516.