Arnold Böcklin
Pittore svizzero nato a Basilea nel 1827, Arnold Böcklin è stato uno dei principali esponenti del Simbolismo che recuperò l'eredità del Romanticismo tedesco e di Caspar David Friedrich in particolare.
Il Simbolismo fu un movimento letterario, artistico e musicale che caratterizzò gli ultimi due decenni dell'Ottocento. Tutti gli aderenti a questo movimento non erano accomunati dalle stesse basi stilistiche, bensì da medesime posizioni filosofiche, da Arthur Schopenhauer a Friedrich Nietzsche, e in particolare quelle di Henri Bergson che sosteneva come l’intuizione fosse l’unico mezzo per raggiungere la vera realtà delle cose. L’intuizione è la percezione delle cose non filtrata dalla logica.
Questa è la differenza tra Realismo e Simbolismo: se
il pittore realista aveva deciso di scegliere come soggetto della propria
indagine il mondo oggettivo, quello simbolista indagò la realtà ma solo per
andare oltre le sue apparenze.
Si è soliti far coincidere la data di nascita del movimento simbolista con la pubblicazione di Corrispondenze, un sonetto del poeta Charles Baudelaire considerato il manifesto del Simbolismo.
È la Natura un tempio dove a volte viventi
colonne oscuri murmuri si lasciano sfuggire:
tu, smarrito entro selve di simboli, seguire
da mille familiari segreti occhi ti senti.
Come echi lontani e lunghi, che un profondo
e misterioso accordo all’unisono induce,
coro grandioso come la tenebra e la luce,
suoni, colori e odori l’un l’altro si rispondono
Conosco odori freschi come parvole gote,
teneri come òboi, verdi come giardini;
altri, corrotti e ricchi, attingono remote
espansioni, al di là degli umani confini…
E sono il belzoino, l’ambra, il muschio, l’incenso,
che cantano le estasi dell’anima
e del senso.
Nel componimento l'autore esprime la propria concezione della poesia e del reale. La Natura nasconde invisibili legami tra le cose, è ciò che più ci avvicina al divino, e il poeta è colui che grazie alla sua sensibilità è capace di riconoscere questa foresta di simboli, segno di una realtà più profonda e autentica, e rivelarla agli uomini.
Böcklin sviluppò un simbolismo colto e carico di riferimenti letterari che gli avrebbe garantito un successo internazionale. Attivo tra la Germania e l'Italia, decisivo fu un soggiorno a Parigi dove fu colpito dall'opera di Eugène Delacroix e dalla pittura di paesaggio di Jean-Baptiste-Camille Corot.
Tuttavia la vastità della capitale francese e la conseguente solitudine a cui vi si poteva andare incontro, ben espressa da Baudelaire, segnò l'animo di Böcklin in modo indelebile.
Rientrato a Basilea si legò in amicizia con Jacob Burckhardt, storico del Rinascimento italiano che convinse il pittore a recarsi in Italia per studiare la pittura rinascimentale. Così, nel 1850, Böcklin si trovava a Roma, una città che gli darà un'ispirazione costante per tutta la sua carriera.
Nei suoi quadri troviamo immagini oscillanti tra sogno e realtà con paesaggi immaginari animati da figure mitiche. Uno dei suoi dipinti più celebri, Autoritratto con la Morte che suona il violino, datato 1872, raffigura l'autore stesso impegnato a dipingere, interrotto improvvisamente da una melodia lontana verso cui porge l'orecchio, capace di sedurlo ed estraniarlo dalla realtà. Il soggetto della morte che suona uno strumento si riconduce a una tradizione tipica della cultura nordica e rimanda all'iconografia medievale della danza macabra. Il pittore fu ossessionato da questo tema a causa della perdita dei suoi figli e una fragile salute per cui rischiò più volte di morire per malattia.
L'isola dei morti, capolavoro realizzato in più versioni tra il 1880 e il 1886, mostra con evidenza il legame con la pittura di Friedrich per il tema e il paesaggio raffigurato. In un mare inquietante, scuro e calmo, poco prima del tramonto, mentre il cielo appare scuro e minaccioso, una piccola imbarcazione è spinta a remi da un nocchiero, che richiama il personaggio dantesco di Caronte, e sulla prua si scorge una bara coperta da un telo. Una figura in piedi e vista di spalle, coperta da un sudario, si può identificare come l'anima che accompagna il corpo all'ultima dimora e diviene il simbolo del trapasso, del viaggio dell'anima nell'aldilà. L'isola verso cui la barca si sta dirigendo è disabitata, silenziosa, con alti cipressi al centro e immense rocce impossibili da scalare, aperte da profonde cavità che sono identificabili come tombe.
L'opera fu ispirata da un tragico evento personale: la perdita della figlia Beatrice, sepolta nel monumentale Cimitero degli Inglesi di Firenze, sul quale si affacciava lo studio dell'artista.
Personalità rilevanti furono affascinati dal dipinto, tra le quali Sigmund Freud e Gabriele d'Annunzio; nel 1909 il musicista Sergej Rachmaninov si ispirò per l'omonimo poema sinfonico.