Amedeo d'Aosta
Il Savoia Re di Spagna
Amedeo di Savoia fu una figura significativa per la dinastia che guidò il nostro paese dall'unificazione nazionale sino al 1946, anno del referendum istituzionale e dell'esilio di Umberto II, il re di maggio ultimo sovrano d'Italia che dall'esempio di Amedeo riprese soprattutto valori quali il dovere e il servizio, "Ciascuno dal posto che la Provvidenza ci ha assegnato", scrisse.
Amedeo, figlio di Vittorio Emanuele II e fratello minore di Umberto I, è importante non solo in quanto capostipite del ramo cadetto Savoia-Aosta, ma per essere stato, dal novembre 1870 al febbraio 1873, re di Spagna.
Da lui discesero quei duchi alti, affascinanti e signorili, la cui eleganza rientrava perfettamente nei canoni della
Belle Époque e del decadentismo di Gabriele d'Annunzio, destinati al ruolo di rappresentanza ma spesso protagonisti in prima persona della nostra storia, paragonati inevitabilmente ai Savoia, sovrani formali e rigidi alle regole che, al contrario degli Aosta, non riuscirono mai a sedurre l'animo degli italiani.
Ritratto di Amedeo I di Spagna datato 1872 e custodito al Museo del Prado di Madrid.
L'erede al trono d'Italia Umberto e suo fratello Amedeo avevano caratteri profondamente diversi, con il minore che sicuramente era più attraente fisicamente, tanto che la cuginetta, la futura regina Margherita di Savoia a seguito del matrimonio con Umberto, da giovane non aveva occhi che per Amedeo.
I due principi crebbero insieme, circondati dall'amore di un padre, Vittorio Emanuele, che sebbene assente a causa dei sui impegni militari prima e quelli di re poi, fu affettuoso nei loro confronti ed attento alla loro educazione. Ad unire i due fratelli fu il dolore della perdita della madre, Maria Adelaide, stremata dai numerosi parti a soli trentatré anni senza riuscire a divenire la prima regina d'Italia. Un anno dopo la scomparsa della madre, nel 1856, quando Umberto e Amedeo avevano rispettivamente dodici e undici anni, accadde un curioso episodio che sconvolse la famiglia reale. Mentre erano impegnati nei loro giochi a corte, una donna vestita con abiti colorati riuscì ad avvicinarli, catturando la loro attenzione. Era una zingara, che leggendo la mano di Amedeo gli profetizzò che lui, e dunque non Umberto, sarebbe divenuto re. La corte, considerando la profezia un cattivo presagio, fu turbata dalla superstizione, tuttavia il responso della zingara si avverò davvero anche se in un modo del tutto inaspettato.
Vittorio Emanuele II insieme ai figli Umberto, a sinistra, e Amedeo.
Quando i Savoia si trovavano a Firenze, capitale di passaggio dopo Torino e prima che Roma fosse annessa al regno, arrivò infatti in visita a palazzo Pitti una delegazione spagnola che offrì la corona ad Amedeo.
In Spagna era morto senza eredi maschi re Ferdinando VII di Borbone, che, sapendo di lasciare solo una figlia, si affrettò nell'abolire la leggi salica a favore di Isabella II, in una successione profondamente contestata. Gli spagnoli non volevano una donna sul trono, preferendo offrire il potere ad un sovrano di un altro paese, una scelta che al tempo non era poi così rara.
Si guardò così all'Italia, dato che nel Settecento Vittorio Amedeo di Savoia aveva ottenuto il diritto di succedere al trono di Spagna, e in particolare si guardò al giovane Amedeo
in quanto Umberto doveva aspettare il suo turno per regnare sull'Italia, secondo la regola che "in casa Savoia, si regna uno alla volta".
La notizia riempì di gioia il primo re d'Italia, che vedeva la propria dinastia espandersi in Europa, considerando inoltre che la primogenita Maria Pia aveva sposato Luigi I del Portogallo divenendone dunque regina.
Il "Padre della Patria" con a fianco i suoi figli ed il resto della famiglia reale.
La Spagna, all'epoca, era però un paese diviso, dilaniato dalle lotte intestine, imprigionato nella nostalgia paralizzante della sua antica potenza, soprattutto un paese impossibile da governare. Questo Amedeo lo sapeva bene, tuttavia, con un profondo senso del dovere, nonché per accontentare il padre, decise di accettare. A sostenere la sua candidatura erano anche le grandi potenze europee, su tutte Germania, Austria e Inghilterra, per timore che la Spagna potesse trasformarsi in una repubblica.
Quando Vittorio Emanuele gli ordinò di accettare la corona spagnola in Italia erano trascorse appena due settimane dalla breccia di Porta Pia, con la quale la capitale del regno diveniva Roma. Amedeo era un ragazzo di ventiquattro anni dal
bell’aspetto, alto, la fronte spaziosa, lo sguardo pensieroso e gli occhi un
poco malinconici come quelli del nonno Carlo Alberto. La malinconia era sicuramente tanta quando nel Natale di quell'anno dovette salpare dal porto di La Spezia salutando i propri cari per andare incontro ad un futuro incerto e che molto lo preoccupava, come confidò al fratello Umberto sulla banchina appena prima di imbarcarsi: "Più ci penso e più sono convinto che vado a compiere una missione impossibile. In Spagna ci sono troppi partiti che si uniranno contro il re straniero e la mia lealtà non basterà a salvarmi".
Re Amedeo mentre si imbarca alla volta della Spagna.
Lealtà e coraggio saranno certamente i valori principali del suo regno, così breve e particolare se si pensa che fu un re dato in prestito ad una paese sconosciuto, del quale ignorava usi, costumi e persino la lingua.
Non appena arrivato a Madrid, nel gelido mattino del 2 gennaio 1871, la città gli appariva sommersa dalla neve, avvolta in un silenzio a dir poco surreale. Vista la situazione e dato che si vociferava sulla possibilità di attentati al nuovo monarca si era deciso di abolire la sfilata d'ingresso in città e portare il re a palazzo con una carrozza coperta e scortata dalle truppe. Il giovane Amedeo, coraggioso, si arrabbiò moltissimo nell'apprendere tale scelta, dicendo che non sarebbe mai entrato a Madrid come un clandestino. Così, dinanzi a tutto il proprio seguito, Amedeo montò a cavallo esclamando "Avanti!". Solo, in testa al corteo, la figura eretta e il portamento fiero, il re entrava nella città deserta accolto da pochi passanti, i quali ebbero modo di assistere ad uno dei momenti più drammatici della storia spagnola nonché ad uno dei gesti più spettacolari della storia di casa Savoia.
Il giovane Amedeo in compagnia di sua moglie.
Nel mese di marzo Amedeo fu raggiunto in terra spagnola dalla moglie, Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, erede di una delle più antiche e nobili famiglie italiane. Sposati nel 1867 a Torino, quello fra Amedeo e Maria Vittoria fu un matrimonio d'amore, al contrario di suo fratello Umberto la cui coniuge, Margherita, fu scelta da Vittorio Emanuele perché idonea a ricoprire il ruolo di prima regina d'Italia.
Il legame che univa il re e la regina di Spagna è ben spiegato dall'arrivo di Maria Vittoria al porto di Alicante, quando i due si riconobbero da lontano, con Amedeo che si precipitò incontro alla nave della moglie stringendola in un lungo abbraccio. Con lei vi erano anche il primogenito Emanuele Filiberto, il futuro Duca Invitto comandante della Terza Armata, protagonista della Grande Guerra, e il più piccolo Vittorio Emanuele.
La regina Maria Vittoria nel 1870.
La regina fu accolta con calore e dagli applausi di una piccola folla, rimanendone piacevolmente sorpresa, soprattutto perché a conoscenza di quello che scrivevano i giornali riguardo la situazione politica. Amedeo, vedendo i suoi entusiasmi, si limitò a sorriderle, sapendo che quel momento di festa sarebbe durato poco e che la realtà del paese era ben altra. Per la sua vita semplice a corte, l'attenzione ai più bisognosi, la profonda cultura e per il fatto di conoscere la lingua spagnola, Maria Vittoria fu comunque sempre ben voluta nella nuova patria, rimanendo a lungo nell'immaginario collettivo. Il suo destino sarà però sfortunato, spegnendosi in giovane età poco dopo la fine dell'esperienza sul trono spagnolo, segnata per tutta la vita da una salute delicata. Devota cattolica, la regina aveva sofferto molto in occasione della presa di Roma, quando le truppe di suo suocero invasero la città papale contro il volere dell'allora pontefice Pio IX. Più tardi, nei mesi che la separarono dal marito recatosi in Spagna, ma anche durante il loro regno, dovette inoltre convivere con le infedeltà di Amedeo, che come suo padre non rinunciò a farsi nuove amanti, frequentando diverse dame nella vita mondana madrilena. Nel 1873 la coppia ebbe un terzo bambino, Luigi Amedeo, nato a Madrid ma destinato a non ricordare niente della Spagna in quanto vi rimase solo pochi giorni prima del ritorno dei genitori in Italia.
Re Amedeo I nel 1872.
Nel dicembre del 1872 la situazione in Spagna stava precipitando, con la gente che si era rinchiusa in casa sentendo sparare per le vie di Madrid. Lo stesso sovrano aveva subito numerosi attentati ed era profondamente turbato per la sua famiglia. A causa di tale situazione non riuscì a divenire un simbolo unitario per un paese che in soli due anni cambiò ben sette governi, finendo invece per essere considerato la causa di ogni evento drammatico, attaccato ingiustamente dai partiti e dagli uomini di potere. Non bastarono a salvarlo il suo coraggio, gli atteggiamenti democratici e l'eleganza nei modi che ne avrebbero potuto fare l'esempio virtuoso in un paese che non fosse lacerato e sconvolto dalle devastanti condizioni sociali ed economiche.
Invitato da molti ad agire con la forza, sciogliendo il Parlamento, Amedeo si dimostrò fermo nel rifiutare la prospettiva di un colpo di stato regio, educato sin da piccolo nel diventare, in caso, un re liberale in un Parlamento democratico. In questo modo mostrò di tenere al bene del paese e scongiurò ogni ipotesi di una guerra civile che avrebbe avuto esiti imprevedibili ma sicuramente devastanti per la Spagna, scelta che lo nobilita di fronte alla storia.
Decise così di farsi da parte, rinunciando alla corona e scegliendo di abdicare, nonostante le pressioni di suo padre il re d'Italia perché rimanesse al suo posto.
La rinuncia al trono costituiva infatti una sconfitta politica non solo per Amedeo ma anche per Vittorio Emanuele, che lo aveva voluto al comando della Spagna per scongiurare la proclamazione della repubblica, un pericolo che a distanza di soli due anni tornava più attuale che mai.
Per alcuni giorni da Roma non arrivarono comunicazioni ad Amedeo, un silenzio che ben esprime la reazione del re d'Italia, il quale accusò inizialmente il figlio di debolezza caratteriale e di mancanza di coraggio. Più avanti, quando Vittorio Emanuele capì veramente la situazione e i rischi corsi dal secondogenito, arrivò un telegramma distensivo: "Meglio informato approvo la tua risoluzione. Le mie braccia ansiose aspettano il figlio amato, la patria il soldato del quale potrà forse avere presto bisogno. Mando una corazzata che rimarrà a tua disposizione".
Ritratto del "Re galantuomo".
Appena prima di rientrare in Italia Amedeo scrisse a proposito dell'avventura spagnola, ufficializzandone la conclusione: "Un'ardua missione mi fu offerta. L'accettai facendo il maggiore dei sacrifici, quello della mia patria. L'accettai per ridonare alla Spagna la pace, la tranquillità. Più di due anni sono trascorsi. Più divisa, più travagliata la lascio: lo dico con dolore. Vedendo che la Spagna non poteva trovare in me la sua felicità, rinunciai alla sua Corona, dopo d'aver osservato fedelmente la costituzione che giurai. Faccio ritorno in Italia. L'Italia può essere certa che troverà in me un soldato, della cui vita essa può disporre".
Una volta rientrato in patria il principe Amedeo uscì definitivamente dalla storia, trascorrendo il resto della propria vita in una posizione assolutamente marginale rispetto all'ambiente di corte, rimanendo a fianco della moglie che verrà a mancare nel 1876. Due anni più tardi sarà la volta di suo padre Vittorio Emanuele, stroncato da una polmonite a soli cinquantanove anni, sepolto nel Pantheon a seguito di una solenne cerimonia a cui partecipò commossa una folla immensa.
Amedeo d'Aosta nell'anno 1885.
Intanto Umberto I diventava re d'Italia, con Amedeo che partecipò al suo giuramento presso palazzo Montecitorio. Nonostante fosse già stato un sovrano, Amedeo doveva ora assoluta obbedienza al fratello.
Non fu facile per Umberto prendere il posto di suo padre, un personaggio entrato di diritto nella storia e nell'immaginario collettivo per aver creato l'Italia unita. Considerando i debiti lasciati dal primo re d'Italia, l'emergere dei primi disordini sociali, nonché l'ostilità della Chiesa, si può dire che la posizione del trono e della dinastia non era del tutto sicura. Per gli italiani la devozione nei confronti di Vittorio Emanuele era infatti qualcosa di completamente diverso dal sentimento di totale adesione alla dinastia. L'Italia non si poteva dire unita del tutto nel nome dei Savoia, per questo Umberto e sua moglie Margherita decisero di recarsi in ogni città del regno al fine di rafforzare il senso unitario.
Se in meridione i Savoia erano sovrani quasi sconosciuti, allo stesso tempo nei vecchi domini sabaudi, dove la fedeltà alla dinastia non era in discussione, l'unità italiana non era stata però ancora accettata da tutti, basti pensare alla città di Torino, inizialmente capitale del regno e poi declassata a discapito di Roma, delusa anche dalla scelta di seppellire il "Padre della Patria" al Pantheon e non nella Cripta Reale della basilica di Superga, dove oggi riposa invece Amedeo.
Umberto durante il suo giuramento.
Alla morte di Vittorio Emanuele, data la situazione di incertezza del paese, tra le varie ipotesi che si fecero vi fu anche quella di dividere il regno in tre parti assegnate rispettivamente ad Amedeo, al quale sarebbe andata l'Italia Settentrionale, Tommaso di Genova, fratello della regina Margherita, che avrebbe ottenuto quella centrale, infine solamente quella meridionale ad Umberto. Alla fine il primogenito salì al trono assumendosi ogni responsabilità, dando subito un segnale di cambiamento nella scelta di chiamarsi Umberto I re d'Italia e non Umberto IV, seguendo la numerazione dinastica che nei secoli aveva contato tre esponenti sabaudi con quel nome, andando in tal modo contro la volontà di suo padre che aveva stabilito che l'unità nazionale non avrebbe alterato la tradizione nominale di casa Savoia. In tal modo Umberto voleva evidenziare che la dinastia aveva ormai assunto la guida dell'intero paese e non solo del Piemonte o della Sardegna con annesso il resto della penisola. Il futuro a cui andava incontro il "Re buono" era però alquanto incerto e doloroso, conclusosi con l'attentato a Monza nel quale trovò la morte il 29 luglio 1900.
Amedeo non fu più fortunato, spegnendosi a soli quarantacinque anni a causa di una polmonite. Nel 1889, quando l'Italia venne colpita da una epidemia d'influenza, il duca d'Aosta, seppur febbricitante, aveva voluto partecipare comunque ai funerali del marito di sua sorella, Luigi I di Portogallo. Tornato in patria appariva stanco e segnato dalla sofferenza, di certo non aiutato dal rigido clima torinese di gennaio.
In poco tempo Amedeo peggiorò sino a sembrare un cadavere. Da quel viaggio si portava la morte dentro. Una volta avvertito, re Umberto si precipitò da Roma a Torino in treno per l'ultimo saluto all'amato fratello. Le condizioni si aggravavano però sempre di più e i medici non poterono che cercare di tenerlo in vita almeno qualche ora in più nell'attesa dell'arrivo del sovrano. Umberto riuscì ad arrivare in tempo e Amedeo, il cui più grande desiderio era quello di rivederlo, si spense tra le sue braccia pochi istanti dopo. Umberto, non facile alla commozione, in quel momento pianse sinceramente, e mentre vedeva Amedeo morire gli sussurrò: "Tu sei la persona che amo di più al mondo". Era il tardo pomeriggio di sabato 18 gennaio 1890.
Amedeo, con la voce debolissima, appena prima di spegnersi era riuscito ad esclamare ad alta voce un'ultima parola, "Avanti!", senza che nessuno capì a cosa si riferisse. Chiudendo gli occhi riviveva l'ingresso a Madrid, da solo a cavallo nel silenzio della città innevata, in un gesto coraggioso con cui rimarrà nella storia il principe cadetto divenuto re di Spagna.
Bibliografia
- Amedeo d'Aosta. Re di Spagna - Gigi Speroni - Rusconi
- Duchi d'Aosta. I Savoia che non diventarono re d'Italia - Gianni Oliva - Mondadori
- La regina Margherita - Carlo Casalegno - il Mulino
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