Eugène Delacroix
Diario

1822

3 settembre
Metto in pratica il progetto fatto tante volte di scrivere un diario. Desidero soprattutto non perdere di vista che lo scrivo per me solo.

8 ottobre
Quando ho fatto un bel quadro, non ho affatto scritto un pensiero, dicono. Quanto sono superficiali! Tolgono alla pittura tutti i suoi vantaggi. Lo scrittore deve dire quasi tutto se vuol essere capito. Nella pittura si viene a formare un misterioso rapporto tra l'anima dei personaggi e quella di chi osserva il quadro. Questi vede figure appartenenti alla natura, ma nel suo intimo intende il vero pensiero che è comune a tutti gli uomini, al quale gli scrittori danno corpo scrivendo, ma alterando la sua essenza profonda. Così avviene che gli spiriti grossolani sono commossi più dall'opera degli scrittori che da quella dei musicisti e dei pittori.
L'arte del pittore è tanto più intima al cuore dell'uomo quanto più essa sembra legata alla materia: perché il pittore, come la natura, dà esattamente a ciò che è finito come a ciò che è infinito quanto gli spetta, vale a dire ciò che l'anima trova, negli oggetti che colpiscono soltanto i sensi, che la commuova intimamente.

Parigi, 12 ottobre
Rincaso dall'aver ascoltato le Nozze di Figaro di Mozart, tutto pieno di impressioni sublimi. Ho riveduto la signora H*** stamattina. Sono sempre sconvolto come un bambino. Quanto è mobile il mio spirito! Un istante, un'idea scompiglia tutto, rovescia le risoluzioni più decise...
Codesta musica mi ispira sovente delle grandi idee. Sento un gran desiderio di fare, quando l'ascolto. Quello che mi manca, è, credo, la pazienza. Sarei un altro uomo, se avessi nel lavoro la costanza di certuni che conosco: io ho troppa fretta di ottenere un risultato.

1823

9 giugno

Ci si rimprovera troppo spesso di cambiare; sono le cose che cambiano. È sconsolante. Io ho due, tre amici: ebbene, sono costretto a essere un uomo diverso con ciascuno di essi, o meglio, a mostrare a ciascuno la faccia che lui può capire. È una delle più grandi miserie non poter mai essere conosciuto e sentito tutto intero da uno stesso uomo; quando ci penso, credo che sia la più grande piaga della vita: la solitudine inevitabile alla quale è condannato il cuore. Una moglie che sia alla vostra altezza è il più grande dei beni. Io la preferirei superiore a me sotto tutti gli aspetti, piuttosto che il contrario.

23 dicembre

Sono rincasato pieno di sentimenti di benevolenza e di rassegnazione. Ho passato la sera con Pierret e sua moglie nella loro casa modesta. Ci siamo rassegnati alla nostra povertà: in realtà, quando me ne lagno, sono fuori di me e fuori dello stato che mi conviene. Ci vuole, per la ricchezza, una specie di talento che io non posseggo, e quando uno non ce l'ha ce ne vorrebbe un altro ancora per supplire a quello che manca.

Facciamo tutto con tranquillità: non commuoviamoci che davanti alle opere d'arte o alle azioni generose... Lavoriamo con calma e senza fretta. Appena la fatica incomincia a impossessarsi di me e il mio sangue a impazientirsi, in guardia: la pittura debole è la pittura di un debole.

1824

4 gennaio
Disgraziato! Che cosa si può fare di grande in mezzo alla familiarità continua con tutto ciò che è volgare? Pensare al grande Michelangelo.
Cibati delle grandi e severe bellezze che nutrono l'anima.
Sono sempre distolto dalla loro contemplazione da folli dissipazioni.
Cerca la solitudine.
In mezzo alle distrazioni mondane, quando ricordo qualche bel verso, quando ricordo qualche sublime pittura, il mio spirito si indigna e calpesta sotto i piedi le verità di cui si cibano gli altri uomini.

12 gennaio

Martedì scorso, 6 gennaio, pranzato da Riesener, con Jacquinot e la figlia di suo fratello, il colonnello. Non è bella, ma vorrei tanto conservare a lungo l'impressione della sua fisionomia italiana e soprattutto la purezza della sua carnagione (pur non avendo precisamente una bella carnagione) e quella purezza di forme. Voglio dire quella pelle ferma e tesa, che non può essere che di una vergine.

È un ricordo prezioso per la pittura, ma sento già che svanisce.

24 gennaio
Dicevo stasera a Edouard che invece di fare come la maggioranza, che fa dei progressi nella guerra della vita con l'aiuto delle letture, a me accade di leggere solo per trovare conferma di quello che faccio io.

25 gennaio
Ho ricevuto, oggi che ho incominciato la donna trascinata dal cavallo (Il massacro di Scio), la visita di Riesener, Henri Hugues e Rouget. Sentite come hanno trattato il mio povero lavoro che hanno visto mentre è un guazzabuglio nel quale io solo posso capirne qualcosa. Come? - dicevo a Edouard - io devo lottare contro la fortuna e contro la mia pigrizia, io devo con l'entusiasmo guadagnare il pane e quei cafoni vengono fin nella mia tana ad agghiacciare le mie ispirazioni sul loro nascere e a misurarmi colle loro lenti, loro che non vorrebbero essere Rubens! Per fortuna posso ringraziare il cielo che mi dà nella mia miseria il sangue freddo necessario per tenere a rispettosa distanza gli scrupoli che le loro sciocche osservazioni sovente facevano nascere in me. Anche Pierret ha fatto qualche osservazione che non mi ha turbato, perché so in che conto tenerla. Henri non era difficile come quei signori. Quando se ne sono andati mi sono alleggerito il cuore con una sfilza di imprecazioni alla mediocrità e poi mi sono ritirato nella mia buccia.

26 gennaio

Trovo in Mme de Stäel lo svolgimento della mia idea sulla pittura. La pittura, e così la musica, sono al di sopra del pensiero. Di qui il loro vantaggio sulla letteratura, per l'indeterminatezza che comportano.

2 febbraio

Gli ignoranti e la gente comune sono ben fortunati.

Per loro tutto quadra perfettamente nella natura. Loro capiscono tutto quello che è, per la ragione che è. E in realtà non sono più ragionevoli dei sognatori i quali vanno così lontano che dubitano persino del loro pensiero? ...
27 febbraio

Mi fa piacere notare che acquisto equilibrio senza perdere l'emozione che suscita la bellezza. Non voglio illudermi, ma mi sembra di lavorare con maggior tranquillità di un tempo e di avere lo stesso amore per il mio lavoro.

Una cosa mi preoccupa e non so a che cosa attribuirla: ho bisogno di distrazioni, come riunioni fra amici, ecc.
Quanto alle seduzioni, che turbano la maggior parte degli uomini, io non me ne sono mai lasciato inquietare e ora meno che mai. Chi lo crederebbe? Ciò che esiste di più reale in me sono le illusioni che io creo con la mia pittura.
Il resto è mobile sabbia. La mia salute è cattiva, capricciosa come la mia immaginazione.
Come devo ringraziare il cielo di non fare uno di quei mestieri da ciarlatano che incutono rispetto al genere umano! Almeno io posso riderne.

31 marzo
Io credo che vedere di tanto in tanto il gran mondo o anche semplicemente il mondo, sia meno da temere per il progresso e il lavoro spirituale, checché ne dicano molti pretesi artisti, che il frequentare la loro compagnia. La volgarità spunta a ogni momento nella loro conversazione; bisogna ritornare alla solitudine, ma vivere sobriamente come Platone. Come si può conservare l'entusiasmo per una cosa se uno ha sempre bisogno della compagnia degli altri. Dufresne ha ragione. I sentimenti che uno prova da solo con se stesso sono più forti e puri. Per quanto grande sia il piacere di comunicare la propria emozione a un amico, ci sono troppe sfumature da spiegare, anche se ciascuno le sente, ma a modo suo, il che indebolisce l'impressione.
4 aprile
Necessità di rinchiudermi di più nella solitudine. I più belli e più preziosi momenti della mia vita passano in mezzo a distrazioni che non mi procurano in fondo altro che noia. La possibilità o l'attesa di essere distratto, cominciano già a fiaccare la poca energia che mi lascia il tempo impiegato male. La memoria non esercitata svanisce e si indebolisce. Mi trastullo con progetti inutili, mille idee preziose si perdono per non essere state eseguite. Mi divorano, mi saccheggiano. Il nemico è... nel cuore: stende la mano dappertutto. Pensa al bene che troverai invece del vuoto che ti pone incessantemente fuori di te stesso: una soddisfazione interiore e una memoria ferma, la calma che dà la vita regolata, la salute non rovinata dalle infinite concessioni fatte al disordine passeggero a cui trascina la compagnia degli altri. Lavoro continuato e molto da fare.
7 aprile
La prima e più importante cosa in pittura sono i contorni. Il resto potrebbe essere molto trascurato, ma se ci sono i contorni la pittura è ferma e finita. Io ho bisogno più di chiunque altro di starci attento: pensarci continuamente e cominciare sempre da lì.
Raffaello deve a questo il suo finito...
- Rileggo di corsa quello che ho scritto e deploro le lacune. Mi pare di essere ancora padrone dei giorni che ho notato, anche se sono passati; ma quelli che i quaderni non ricordano, è come se non fossero mai stati.

11 aprile

Al Lussemburgo. Un Ingres bellissimo... (Ruggero libera Angelica) e poi il mio quadro che mi ha fatto molto piacere. C'è un difetto che si ritrova ancora in quello che sto facendo, specialmente nella donna attaccata al cavallo: manca di energia e di impasto. I contorni sono slavati e non decisi; tenere sempre presente questo.
Visto il Velasquez e ottenuto di copiarlo. Ne sono ossessionato. Ecco quello che cercavo da tanto tempo: questo impasto fermo e fuso nello stesso tempo.
Certo, se io prendessi la tavolozza in questo momento, e ne ho una voglia da morirne, il Velasquez che mi piace tanto mi tormenterebbe. Vorrei distendere su una tela bruna o rossa del bel colore grasso e spesso.
Ho visto stamattina da Drolling molti frammenti di figure di Michelangelo disegnate da lui. Dio, che uomo, e che bellezza. Una cosa singolare e che sarebbe molto bella sarebbe la fusione dello stile di Michelangelo e di Velasquez. Quest'idea mi è venuta subito alla vista di quel disegno che è dolce e pastoso. Le forme hanno quella morbidezza che sembra non possa essere data che da una pittura d'impasto, e nello stesso tempo i contorni sono vigorosi.
- Io sono sempre posseduto da una leggera febbre che mi dispone facilmente a una emozione viva.
- <<Lei>> mi è piaciuta molto: il cappello nero e le piccole piume.

13 aprile

Vi è sempre, in fondo alla tua anima qualcosa che ti dice: <<Mortale, tratto per poco tempo dalla vita eterna, pensa che i tuoi istanti sono preziosi. Bisogna che la tua vita porti a te solo tutto quello che gli altri mortali ricavano dalla loro>>.

25 aprile

Da Guillemardet. Louis mi sembra molto giù. Ho provato un'impressione dolorosa a vederlo così, e vi si mescolava quel sentimento solenne e funebremente poetico della debolezza umana, che è la sorgente inesauribile delle emozioni più forti.

26 aprile

Dal momento che scrivo ho incominciato a sentire venti cose che non riconosco più quando sono espresse. Il pensiero mi sfugge. La pigrizia del mio spirito o piuttosto la sua debolezza mi tradisce più che la lentezza della pena e l'insufficienza della lingua. È un supplizio sentire o immaginare molto, mentre la memoria lascia svaporare man mano.
Come vorrei essere poeta! Tutto sarebbe per me ispirazione. Cercare di lottare contro la memoria ribelle non sarebbe un mezzo per fare poesia?
Non occorrono degli anni per distruggere l'innocente godimento che il caso continuamente fa nascere in una viva immaginazione. Ogni istante che passa lo distrugge e lo snatura.

27 aprile
Discussione interessante in casa di Leblond sul genio e sugli uomini eccezionali. Dimier diceva che sono le grandi passioni la fonte del genio. Io penso che sia la fantasia sola o meglio, il che vale lo stesso, quella delicatezza della sensibilità che fa vedere dove gli altri non vedono e che fa vedere in modo diverso. Io dicevo anche che le grandi passioni congiunte all'immaginazione conducono quasi sempre a una dissipazione spirituale, e Dufresne dice una cosa molto giusta: che ciò che fa l'uomo d'eccezione è sostanzialmente una maniera tutta personale di vedere le cose. Egli si riferiva anche ai grandi capitani e ai grandi spiriti di tutti i tempi e di tutti i generi. Dunque, niente regola per le grandi anime; le regole sono per gli uomini che hanno soltanto il talento che si può acquisire. Prova ne è che questa facoltà non si trasmette. <<Quante riflessioni, diceva, per fare una bella testa espressiva! Cento volte di più che per risolvere un problema, eppure non si tratta, in fondo, che di istinto, perché non ci si può render conto di ciò che lo determina>>.
Io noto ora che il mio spirito non è mai tanto eccitato a produrre, come quando vede un'opera mediocre su un soggetto che mi interessa.

29 aprile
Per me la gloria non è una vana parola. Il frastuono delle lodi m'inebria di una felicità reale: la natura ha posto nel cuore di tutti questo sentimento. Quelli che rinunciano alla gloria o che non possono arrivarci fanno bene a mostrare per quel fumo, quell'ambrosia delle grandi anime uno sdegno che essi chiamano filosofico.
Queste persone guardano come una cosa da cui devono soprattutto trarre vanità, questa rinuncia volontaria ai doni sublimi che non sono alla loro portata.

9 maggio
Devo sforzarmi di non interrompermi che per finire il Velasquez.
La natura umana è ben strana. Io avrei accettato di lavorarci appollaiato su un campanile: adesso non posso pensare a finirlo che come a una seccatura. Tutto perché non me ne occupo da un pezzo. Lo stesso succede per il mio quadro e per tutti i lavori possibili. Si deve rompere una spessa crosta prima che io mi metta d'impegno, qualcosa come un terreno ribelle che respinge il vomere e la zappa. Ma dopo un po' d'ostinazione quella durezza si scioglie: diviene prodiga di fiori e di frutti, non si riesce a raccogliere tutto.
- L'usignolo. Stasera ritornando ho sentito l'usignolo. Lo sento anche adesso, in lontananza. Il suo gorgheggio è veramente unico, più per le emozioni che fa nascere che in se stesso. Buffon si estasia da naturalista sulla flessibilità della gola e sulle note variate del melanconico cantore della primavera. Io gli trovo quella monotonia che è l'incanto indefinibile di tutto ciò che fa una grande impressione. Come a chi guarda l'immensità del mare: si aspetta sempre ancora un'onda prima di allontanarsi dalla sua contemplazione, non ci se ne può staccare. Come odio tutti quei rimaioli con le loro rime, le loro glorie, le loro vittorie, i loro usignoli, le loro praterie! Quanti ce ne sono che abbiano veramente descritto quello che l'usignolo fa provare? Eppure i loro versi non sono pieni che di quello. Ma se ne parla Dante, è nuovo come la natura. Tutto è artificiale, abbellito, fatto di testa... Con Dante si prova un brivido, come davanti alla cosa; superiore in questo a Michelangelo o meglio diverso, perché è sublime in un altro modo, ma non per la verità. Come colombe adunate alle pasture, ecc. come si sta a gracidar la rana, ecc. come il villanello, ecc. È quello che ho sempre sognato senza saperlo precisare, proprio quello. Non vi è che una strada.
- Quando una cosa ti annoia, non farla. Non correre dietro una vana perfezione. Ci sono certi difetti per l'uomo volgare che sovente danno la vita.
- Il mio quadro acquista una torsione, un movimento energico che devo assolutamente portare a termine. Ci vuole del buon nero, di quello sporco che fa bene. Bisogna riempire: se è meno naturale, sarà più fecondo e più bello. Confesso che ho lavorato con passione. Io non ne voglio sapere della pittura ragionevole; il mio spirito inquieto si agiti, disfaccia, cerchi in cento maniere prima di arrivare al punto che voglio raggiungere e che mi tormenta in tutte le cose.
Io, o sono agitato come un serpente nella mano d'una pitonessa, o sono freddo: devo riconoscerlo e sottomettermi, ed è una fortuna. Tutto quello che ho fatto di buono, è stato fatto così.

11 maggio
Io sento quelle cose come la pittura le comporta.

15 maggio
Ciò che fa gli uomini di genio o meglio ciò che gli uomini di genio fanno, non sono le idee nuove, ma l'idea, da cui sono posseduti, che ciò che è stato detto non è stato ancora detto abbastanza.
Come l'uomo nell'indebolimento della vecchiaia crede che la natura degeneri, così gli uomini dall'animo volgare e che non hanno niente da dire su quanto è già stato detto, pensano che la natura ha permesso a qualcuno e soltanto nei primordi, di dire cose nuove e originali. Quello che vi era da dire al tempo di quegli uomini immortali cadeva pure sotto gli sguardi dei loro contemporanei, eppure non furono molti a tentare di carpire il nuovo, di affrettarsi a mettersi in lizza per trafugare ai posteri la messe da raccogliere.
La novità è nello spirito che crea, e non nella natura che è dipinta.
... Tu che sai che c'è sempre del nuovo, mostralo loro dove essi non l'hanno riconosciuto... Fa' loro credere che non avevano mai sentito parlare dell'usignuolo e dello spettacolo del vasto mare, e di tutto quello che i loro organi grossolani non arrivano a sentire se non quando qualcuno si è preso la briga di sentire per loro. L'espressione non ti deve impacciare; se tu coltivi la tua anima, essa troverà la strada per mostrarsi: si farà essa stessa un linguaggio che varrà bene gli emistichi di quel tale o la prosa di quell'altro.
Come! Voi dite di essere originale e il vostro estro non si accende che alla lettura di Byron e di Dante, ecc...!
Questa febbre voi la prendete per potenza creatrice e non è che bisogno di imitare... Eh! no. Nemmeno loro hanno detto la centesima parte di quello che c'era da dire.

6 giugno
Quelli che lavorano freddamente, stiano zitti... Ma tu sai che cos'è lavorare in stato d'ispirazione? Quanti timori e quale angoscia svegliare il leone che dorme, i cui ruggiti scuotono tutto il nostro essere. Ma per venirne a capo bisogna essere preciso, semplice e vero.

13 giugno
Fintanto che l'ispirazione non viene, io mi annoio.

19 giugno
Visto i Constable.
Constable mi fa un gran bene.

20 luglio
L'importante è evitare l'infernale facilità della pennellata. Rendere piuttosto la materia difficile da lavorare come il marmo, sarebbe una cosa nuova... Rendere la materia ribelle per vincerla con la pazienza.

Il carro da fieno - John Constable - 1821 - Londra, National Gallery

1830

14 maggio
Ogni piano, nell'ombra o piuttosto nella mezzatinta, deve avere il suo riflesso particolare. Per esempio, tutti i piani che guardano il cielo, bluastri; quelli che sono rivolti verso la terra, caldi, ecc..., e cambiare a misura che girano.
I piani laterali hanno riflessi verdi o grigi. Nel Veronese, i bianchi freddi nell'ombra, caldi nella luce.
Burnet dice che Rubens circonda ordinariamente d'ombra la massa di luce e non usa spessori nei chiari che per legare. La sua luce è composta di tinte fresche, delicate, ecc. Invece nelle ombre usa tinte molto calde che hanno il tono del riflesso e contribuiscono all'effetto del chiaroscuro. Soprattutto non ci mette nero.
Mettere nell'ombra toni foglia secca (Van Dyck), bruni, contrapposti al rosso.

È molto utile comporre sempre gli stessi toni sia per ritoccare che per riprendere ciò che si è fatto.
Vi è ancora molta accademia in Rubens, soprattutto nell'esecuzione, soprattutto nelle sue ombre sistematicamente prive di impasto e molto segnate sull'orlo.
Tiziano è molto più semplice per questo rispetto, e anche Murillo.

1832

VIAGGIO AL MAROCCO

Tangeri, 26 gennaio
Dal Pascià.
Ingresso al castello: il corpo di guardia nel cortile, la facciata, il vicolo fra due muri. In fondo, sotto una specie di volta, uomini seduti che risaltano in bruno su un po' di cielo.
Arrivo sul terrazzo: tre finestre con balaustre di legno, da un lato una porta moresca da dove entravano soldati e domestici.
Davanti, la sfilata dei soldati, sotto la pergola: caffetano giallo, varietà di acconciature. Berretto a punta senza turbante, soprattutto in alto sul terrazzo.
L'uomo bello dalle maniche verdi.
Lo schiavo mulatto che versava il tè. Caffetano giallo e burnús attaccato dietro, turbante. Il vecchio che ha offerto una rosa, con haijck e caffetano turchino cupo.

29 gennaio
Vista incantevole, scendendo lungo i bastioni, poi il mare. Enormi cactus e aloe. Recinti di canne; macchie brune d'erba sulla sabbia.
Al ritorno, contrasto delle canne gialle e secche col verde. Le montagne più vicine di un verde bruno, macchie nerastre di arbusti nani. Capanne.
La scena dei cavalli che combattono fra loro. Dapprima si drizzarono e presero a battersi con un accanimento che mi faceva tremare per i cavalieri, ma pittoricamente meraviglioso. Ho visto, ne sono certo, tutto quello che Gros e Rubens hanno potuto immaginare di più fantastico e di più leggero. Poi il cavallo grigio passò la testa sul collo dell'altro. Per un tempo interminabile impossibile fargli lasciare la presa. Mornay [ambasciatore francese in Marocco] riuscì a scendere da cavallo. Mentre lo teneva per la briglia, il nero si avventò furiosamente. L'altro lo mordeva sempre di dietro con accanimento. Nel mezzo della battaglia, il Console cade. Poi, tutti e due vanno senza staccarsi sul bordo del fiume, cadono tutti e due dentro, continuano a combattere e nello stesso tempo cercano di uscire; le gambe incespicano nel fango e sul bordo dell'acqua, tutti imbrattati e luccicanti, le criniere inzuppate. A forza di colpi, il grigio lascia la preda e va nel mezzo dell'acqua, il nero esce fuori... Dall'altro lato un soldato tenta di rimboccarsi per tirar fuori anche l'altro. Disputa del soldato con lo staffiere. Bellissimo col suo mucchio di panni addosso, ha l'aria di una vecchia e però anche qualcosa di marziale.
Al ritorno, paesaggi bellissimi a destra, le montagne della Spagna di un tono soavissimo, il mare verde turchino cupo come un fico, le siepi gialle in alto tra le canne, verdi in basso per gli aloe.
Il cavallo bianco impastoiato che voleva saltare su uno dei nostri.

2 febbraio
Teste di mori di Rubens, narici e labbra un po' grosse, occhi audaci.
Il vecchio ebreo nella sua bottega (Gérard Dou).

4 febbraio
Visto passando nel quartiere ebraico interni notevoli.
Un'ebrea che spiccava vivamente: calotta rossa, drappeggi bianchi, vestito nero.

Donne di Algeri nelle loro stanze - 1834 - Parigi, Museo del Louvre

12 febbraio
Disegnato la giovane ebrea Dititia in costume algerino.
Poi nel giardino del console di Danemark. La strada bellissima. Le tombe in mezzo agli aloe e ai giaggioli. La purezza dell'aria. Mornay è colpito come me dalla bellezza di questa natura.
Le tende bianche su tutti gli oggetti scuri. I mandorli in fiore. I lillà di Persia. Un grande albero. Il bel cavallo bianco sotto gli aranci. Interno nel cortile della piccola casa.
Uscendo, gli aranci neri e gialli attraverso la porta della piccola corte. Mentre ce ne andiamo la piccola casa bianca nell'ombra in mezzo agli aranci cupi. Il cavallo fra gli alberi.

21 febbraio
Nozze ebraiche. Mori ed ebrei sull'ingresso. I due musicanti. Il violinista, il pollice sollevato, il palmo dell'altra mano molto in ombra, dietro chiaro, lo haijk in testa, trasparente a tratti; maniche bianche, l'ombra sul fondo. Il violinista seduto sui talloni e la gelabia. Nero in mezzo ai due in basso. Il fodero della chitarra sulle ginocchia del suonatore; molto scuro verso la cintola, giubbetto rosso, ornamenti bruni, turchino dietro il collo. Ombra portata del braccio sinistro che viene avanti, sullo haijck sul ginocchio. Maniche di camicia rimboccate in modo da lasciar vedere fino ai bicipiti. Parete di legno verniciata di verde.
Accanto al violinista, una donna ebrea bella. Farsetto, maniche oro e amaranto. Spicca per metà sulla porta, per metà sul muro. Più avanti, una donna più vecchia con molto bianco che la nasconde quasi completamente. Le ombre con molti riflessi; del bianco nelle ombre.
Un pilastro risalta in scuro sul davanti. Le donne a sinistra disposte a gradinata come vasi di fiori. Dominano il bianco e l'oro e i loro fazzoletti gialli. Bambini per terra davanti.
A fianco del suonatore di chitarra, l'ebreo che suona il tamburello a sonagli. La sua faccia spicca in ombra e nasconde una parte della mano del suonatore di chitarra. Il basso della testa spicca sul muro. Davanti a lui, con le gambe incrociate, il giovane ebreo che reca un piatto. Vestito di grigio. Appoggiato alla sua spalla un bambino ebreo di circa dieci anni. Contro la porta della scala, Prisciada; fazzoletto violaceo in testa e al collo. Ebrei seduti sui gradini; visti per metà contro la porta, illuminati vivamente sul naso, uno in piedi sulla scala. Ombra portata riflessa, che spicca sul muro, riflesso giallo chiaro.
In alto, ebree che si sporgono. Una a sinistra, a capo scoperto, molto bruna, spicca sul muro illuminato dal sole. Nell'angolo, il vecchio moro dalla barba di traverso: haijck peloso, turbante basso sulla fronte, barba grigia sullo haijck bianco. L'altro moro, il naso più corto, molto maschio, turbante sporgente. Un piede fuori della pantofola, farsetto da marinaio e maniche idem.
Per terra, davanti, il vecchio ebreo che suona il tamburello, con un vecchio fazzoletto in testa: si vede la calotta nera. Gelabia strappata: si vede il vestito strappato verso il collo.
Le donne nell'ombra vicino alla porta: molti riflessi.

Festa di nozze ebraiche in Marocco - 1841 circa - Parigi, Museo del Louvre

Bibliografia

Eugène Delacroix, Diario (1822-1863), a cura di Lalla Romano, Torino, Einaudi, 1994.