Antonio Planelli

La Napoli del Settecento ricoprì un ruolo di primaria importanza in ambito musicale, ergendosi con i suoi quattro conservatori e numerosi compositori che vi lavorarono quale centro operistico e culturale in grado di influenzare l'intera Europa. Da Domenico Sarro e Leonardo Vinci, passando per il tedesco Johann Adolf Hasse e alla breve parabola di Giovanni Battista Pergolesi, Napoli conobbe una moltitudine di illustri musicisti, in concomitanza con la grande produzione del librettista Pietro Metastasio, indiscusso protagonista di questi anni.
Ogni autore fu determinante nel portare il dramma serio per musica ai vertici espressivi, occupandosi però, grazie al diffondersi degli intermezzi, anche del genere comico finalizzato ad allietare il pubblico in sala. Il teatro settecentesco era infatti caratterizzato da un doppio spettacolo, vale a dire il melodramma e gli intermezzi, dunque dal dramma per musica interrotto nelle pause da un breve spettacolo comico di cui l'esempio più noto è La serva padrona di Pergolesi.
L'intero Settecento, secolo dell'Illuminismo, fu attraversato anche dal crescente dibattito sul teatro musicale e dal diffondersi di una considerevole trattatistica a riguardo, basti pensare all'ampia sezione musicale, di cui si occupò il filosofo Jean-Jacques Rousseau, contenuta nell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert.
Il cavalier Antonio Planelli fu uno dei primi musicologi italiani, anch'egli, al pari di musicisti quali Sarro, Leonardo Leo, Niccolò Piccinni e per ultimo Giovanni Paisiello, proveniente dalla Puglia ed affermatosi nel capoluogo campano. Al Planelli, nato nell'anno 1737 da nobile e antica famiglia, si deve l'unico testo teorico sul melodramma edito a Napoli, elemento singolare considerando la ricchissima tradizione scenica partenopea.
Avviato alla carriera ecclesiastica, nel 1755, una volta rimasto orfano, Planelli si stabilì a Napoli sotto tutela di uno zio materno. A livello politico la città era già passata dalla dominazione austriaca a quella borbonica, con Ferdinando IV che ereditò il trono da suo padre Carlo di Borbone, a cui è dedicato il teatro San Carlo inaugurato proprio l'anno di nascita del Planelli.

Come appariva il teatro San Carlo nel periodo della sua inaugurazione.

In questo contesto il Planelli decise di rinunciare alla strada religiosa per occuparsi dei suoi molteplici interessi in ogni campo del sapere, in particolare la letteratura e la musica. Descritto come un uomo dall'amabile conversazione, elegante nei modi e dal talento poliedrico, Planelli divenne uno dei migliori esempi di intellettuale della seconda metà del Settecento, perfettamente inserito nella Napoli del lungo regno di Ferdinando IV, città che dopo Parigi si impose come una di quelle che meglio rappresentava il "secolo dei lumi".

Re Ferdinando intorno al 1772.

Risale al 1772 la pubblicazione del saggio Dell'opera in musica di Planelli, il titolo più rilevante della sua produzione ma anche uno dei testi più originali, complessi e influenti a proposito del melodramma settecentesco, capace di imporsi in un decennio come opera di riferimento.
Nella prefazione Planelli dichiara che gli spettacoli sono «oggetti tenuissimi agli occhi del volgo, che non discerne in essi che il divertimento e 'l sollazzo», ma rappresentano «agli occhi d’un filosofo vasti e importantissimi soggetti; perché gli guarda come una delle più possenti cagioni della perfezione o della decadenza delle belle arti, della formazione o del corrompimento del pubblico costume».
L'intero trattato si pone come obiettivo quello di «dimostrare quanta dipendenza abbiano dagli spettacoli, e massimamente da quello dell’opera in musica, il gusto delle arti e ‘l costume delle nazioni». Per Planelli il melodramma, e dunque il teatro, aveva una fondamentale funzione educativa e di insegnamento morale e civile. In questo senso i testi del Metastasio, con le gesta e i valori dei suoi eroi disposti a sacrificarsi in silenzio in nome della patria o degli affetti, con l'evidente contrasto fra passioni opposte, divennero i modelli più alti, perché la tragedia consiste proprio nel mostrare il male come sprono alla buona condotta, ma anche nella partecipazione emotiva con il protagonista e la volontà di emularlo. Planelli pone infatti l'attenzione anche sul potere dell'illusione prodotta nel pubblico dall'opera in musica. Il teatro viene proposto dunque come vero e proprio strumento di propaganda in grado di influenzare la morale, i costumi e il comportamento della società.
La centralità del teatro nella vita culturale e nelle tendenze sociali partiva dal presupposto, secondo il musicologo, che in quegli anni poche persone erano solite leggere libri, ma che invece molti si dilettavano nel frequentare i teatri delle loro città, momento di riflessione durante la rappresentazione del dramma per musica, ma anche di svago con gli intermezzi, proprio per la duplicità dello spettacolo in questo periodo, nonché di incontro mondano grazie ai palchi, veri e propri salotti per la buona società.
Vasto era dunque l'uditorio cui il teatro si rivolgeva, per tale motivo particolare rilevanza assumeva il testo drammatico, con la poesia che doveva essere la guida per tutte le arti sorelle. Lo spettacolo, dichiara Planelli, è infatti la perfetta sintesi di tutte le discipline che compongono il melodramma, ossia, oltre al testo, la musica, la recitazione, la scenografia e la danza. Il saggio analizza anche il rapporto che si crea fra testo e musica, quest'ultima intesa non solo come accompagnamento ma come strumento per esprimere i rapporti e le passioni dei personaggi sulla scena.
Planelli auspica infine la creazione della figura di un direttore del teatro lirico che limitasse la libertà degli impresari governando con sapienza la macchina teatrale, ruolo che forse immaginava per sé.

Nel 1790 Planelli fu nominato Maestro, ovvero direttore, della Zecca; le monete del regno riportarono dunque da quel momento le sue iniziali.
Un ultimo contributo alla vita culturale del regno è legato all'incarico, ricevuto dal sovrano, di organizzare e dirigere il Real Museo Mineralogico di Napoli, testimonianza della pluralità di conoscenze di un intellettuale appassionato e protagonista, sebbene poco noto, del XVIII secolo.

Bibliografia

  • Il racconto della musica europea - Raffaele Mellace - Carocci editore
  • Raffaele Mellace, PLANELLI, Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 84, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015.
  • R. Mellace, Antonio Planelli, un intellettuale illuminista nella Napoli di Ferdinando IV, in «Rivista Storica Italiana», CXXXII, 2020, 1, pp. 6-25.7.