Marcantonio Raimondi

Oltre ai numerosi e raffinatissimi pittori di cui si circondò Raffaello Sanzio nella sua prestigiosa bottega, bisogna ricordare anche alcuni validi collaboratori che contribuirono a diffondere la sua arte. È il caso del bolognese Marcantonio Raimondi, nato intorno al 1480, il più rilevante incisore del Rinascimento.
Raffaello fu il primo artista a comprendere la fondamentale importanza di quest'arte, che troverà notevole fortuna nei secoli successivi, ossia quella di far conoscere le proprie opere tramite i disegni, alimentandone l'approvazione e la fama non solo nei confini della città di Roma, ma in tutta Italia e, ancor di più, in Europa.
Così egli faceva incidere le sue pitture ancor prima di portarle a termine, consapevole del moderno concetto per cui la riproduzione in diverse copie avrebbe diffuso in modo estremamente veloce la sua arte.
Fece allora esercitare moltissimo il Raimondi in questa tecnica, scrive Giorgio Vasari, per questo egli si può considerare sia allievo che collaboratore del maestro, il quale fu un vero e proprio imprenditore artistico.
Raffaello spinse inoltre il Raimondi a vendere le proprie riproduzioni a prezzi accessibili, per una platea ben più amplia rispetto ai pochi ricchissimi committenti che potevano permettersi le opere originali.

Un esempio è la lunetta del Parnaso, affresco custodito nella Sala della Segnatura, a fianco della bellissima Scuola di Atene, inciso ancor prima di iniziare l'opera, come mostra la differente collocazione di alcune figure o l'assenza di altre. Ciò permette oggi di osservare la prima idea dell'artista e di confrontarla con quella definitiva; al tempo, invece, l'incisione permetteva anche a chi non si poteva recare a Roma di immaginare visivamente lo splendore degli appartamenti papali e dell'arte dell'Urbinate.

A seguito della scomparsa di Raffaello, il Raimondi continuò a collaborare con Giulio Romano, ereditario della bottega, e con lo scultore Baccio Bandinelli.
Non furono tuttavia anni facili quelli romani, a causa della collaborazione con Giulio Romano nell'incisione di alcuni suoi disegni raffiguranti immagini dai contenuti erotici espliciti, anche se riferiti a noti episodi della mitologia. Pubblicati per la prima volta nel 1524, vennero intitolati "Modi" ed ottennero un grande successo, ma presto provocarono l'ira di papa Clemente VII. Già partito alla volta di Mantova, il Romano evitò la punizione, mentre il povero Raimondi conobbe la dura esperienza del carcere.
Nel 1527 tornò a Bologna a causa del Sacco di Roma, dove si spense nel 1534.


Scritto in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello (1520-2020).