Canto XXXIII

La purificazione di Dante

Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire a le stelle.

Nell'ultimo del Purgatorio, come già accaduto nella cantica dell'Inferno e come sarà in quella del Paradiso, l'endecasillabo finale è rivolto alle stelle, la meta dello straordinario viaggio di Dante, disceso negli inferi insieme a Virgilio e asceso sino all'Eden, dove nel Canto XXX ha incontrato l'amata Beatrice, amorevole guida nella successiva cantica, dove sarà intermediaria fra la terra e il cielo sino a Dio. Le stelle sono costantemente presenti nel poema, a sottolinearne il significato più profondo a cui si rivolge l'anima del Poeta, che coincide con la convinzione che l'amore sia il senso ultimo dell'esistere e il sentimento che muove ogni dono del creato.
Guidato dall'amata e da Matelda, comparsa nel Canto XXVIII, ma anche da Stazio, rimasto al posto di Virgilio, Dante si ritrova con sette donne sante simbolo delle virtù cardinali e teologali, le quali intonano piangendo un salmo a seguito della visione di un'allegoria in cui è stata mostrata la corruzione di Chiesa e Impero. Beatrice pronuncia allora con tono solenne delle parole profetiche nelle quali annuncia che presto una punizione divina si riverserà contro chi ha condotto la Chiesa a tale corruzione contemporanea e un nuovo imperatore verrà per ristabilire l'ordine e la giustizia.
Verso mezzogiorno, le sette donne giungono presso la fonte da cui scaturiscono, allontanandosi in direzioni opposte, i fiumi del Letè e dell'Eunoè. Per ordine di Beatrice, Matelda guida Dante sulla riva dell'Eunoè per bere le acque cristalline che ristora la memoria del bene compiuto in vita. Incapace di restituire a parole la dolcezza dell'acqua bevuta, Dante, rinato dal bagno purificatore, è finalmente disposto a salire alle stelle.