Calandrino e l'elitropia

Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone vanno cercando di trovar l'elitropia e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia e egli turbato la batte, e a' suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui.

Il tema dell'ottava giornata è la beffa, elemento tipico della civiltà fiorentina. I personaggi principali sono tre pittori realmente esistiti: Calandrino, il quale crede di essere furbo e di prendersi gioco degli altri, finendo però per essere ingannato; Bruno e Buffalmacco, quest'ultimo presente anche nelle Vite celebre biografo Giorgio Vasari, autori della beffa nei confronti del protagonista. La narratrice è Elissa.
Calandrino è descritto come un uomo semplice ed ingenuo a cui in molti si divertono a fare scherzi. Egli non è però in grado di mutare atteggiamento imparando dalle lezioni ricevute, quindi non è un personaggio virtuoso.
Ad aiutare Bruno e Buffalmacco è Maso del Saggio, altra figura storica, noto per la sua passione per gli scherzi. Questi inizia a raccontare dell'esistenza di una pietra magica la cui proprietà sarebbe quella di rendere invisibile chi la possiede, ossia l'elitropia. Essa si troverebbe sulle rive del fiume Mugnone, affluente dell'Arno che scorre nelle vicinanze della città di Firenze.
Calandrino, profondamente colpito dal racconto, non resistendo all'idea di potersi arricchire in modo illecito, propone a Bruno e Buffalmacco di organizzare una spedizione alla ricerca della pietra.
I due amici accettano, già divertiti al pensiero di poter burlare Calandrino, così una domenica mattina i tre pittori si recano al fiume.
Una volta arrivati Calandrino si getta su tutte le pietre che vede e se ne riempe le tasche. Improvvisamente gli amici iniziano a fingere di non vederlo, anzi, approfittando della sua ingenuità, cominciano a tirargli contro delle pietre. Calandrino è sempre più convinto di non essere visto e di aver quindi trovato la famosa pietra, così se ne torna a casa tutto contento.
Appena entrato a casa, però, la moglie lo rimprovera per aver fatto tardi; Calandrino, in preda all'ira per essere stato scoperto, convinto che la donna sia colpevole di aver spezzato l'incantesimo, la picchia furioso.
Fuori di sé corre allora a raccontare l'accaduto a Bruno e Buffalmacco, i quali, trattenendo a stento le risate, gli spiegano che è prerogativa tipica femminile quella di far perdere le virtù alle cose. Gli dicono quindi di non prendersela più con la povera donna. Alla fine Calandrino torna nella sua dimora tra le mille pietre raccolte, beffato per l'ennesima volta.

Nella prima parte della novella emerge l'abilità di parola di Maso del Saggio, personaggio che può essere paragonato a Frate Cipolla per la capacità di far credere ai più semplici le realtà più assurde.
La seconda parte sviluppa invece il tema centrale, vale a dire quello della beffa, nella quale trionfa la virtù dell'umana industria che, al contrario della novella di Frate Cipolla, appare qui come un puro esercizio fine a sé stesso dell'intelligenza, non finalizzato ad un determinato vantaggio. Il beffatore è dunque un artista che semplicemente si compiace della sua arte.
La terza, infine, mostra un aspetto negativo e inaspettato del protagonista, il quale non è più solo un credulone innocuo, bensì un violento dal carattere maligno. Egli, infatti, si accanisce contro la moglie per un suo pregiudizio misogino, aspetto oscuro del suo carattere che si poteva però già sospettare nel momento in cui, convinto di possedere la pietra, si era guardato bene dal rivelarlo agli amici con l'intenzione di tenerla tutta per sé.
Il Decameron, opera dedicata a tutte le donne, non può dunque che condannare il comportamento del protagonista, violento nei confronti della moglie, come l'antieroe per eccellenza del poema.