Il gelsomino notturno

Composta da Giovanni Pascoli in occasione delle nozze di un amico, la poesia vorrebbe celebrare la serenità e l'armonia dell'amore coniugale nella prima notte di nozze. Emerge tuttavia un richiamo alla sessualità che assume in chiave simbolista l'immagine di un elemento della natura, il gelsomino, così come in L'assiuolo il verso dell'animale richiamava la morte e la precarietà dell'esistenza.
Nelle due quartine conclusive l'autore mostra una lampada nella casa, avvolta nell'oscurità della sera, che si sposta al piano superiore della casa. Improvvisamente il lume si spegne: è il momento in cui i due sposi si uniscono. All'alba i petali dei gelsomini si chiudono un po' sgualciti al sopraggiungere dei primi raggi del sole, emblema della fecondazione. Il poeta nei versi precedenti si era immedesimato in un'ape tardiva che non trova più spazio nell'alveare; è l'intimo senso di esclusione che prova il suo animo e che ritorna nuovamente nell'ultimo verso quando afferma di non conoscere questa felicità, ossia di non essere amato.

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
     Sono apparse in mezzo ai viburni
     le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
     Sotto l’ali dormono i nidi,
     come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
     Splende un lume là nella sala.
     Nasce l’erba sopra le fosse.

Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
     La Chioccetta per l’aia azzurra
     va col suo pigolio di stelle.


Per tutta la notte s’esala
l’odore che passa col vento.
     Passa il lume su per la scala;
     brilla al primo piano: s’è spento...

È l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
     dentro l’urna molle e segreta,
     non so che felicità nuova.