Canto I

L'ascesa al cielo

Trasumanar significar per verba non si poria...


All'inizio della cantica Dante si trova ancora nel Paradiso terrestre, in cima alla montagna del Purgatorio, dove ha incontrato l'amata Beatrice, la quale ha preso il posto di Virgilio nel Canto XXX come guida spirituale nell'ascesa al cielo.
Il Poeta dichiara che l'argomento della cantica sarà la salita per i nove cerchi celesti sino all'Empireo e alla visione di Dio, cercando di restituire a parole almeno in parte quello che riuscirà a ricordare. I concetti teologici sono infatti alquanto complessi da esprimere, per tale motivo l'autore chiede aiuto alle Muse rivolgendo un'invocazione ad Apollo, divinità della poesia, perché lo aiuti nella parte più difficile dell'opera.
Dante si accorge che Beatrice ha lo sguardo rivolto verso il sole e cerca di imitarla, riuscendo per un po' a sostenere la sua vista, richiamo ad uno degli elementi che caratterizzerà l'intera cantica, vale a dire la luce, emblema della natura spirituale del Paradiso che si contrappone al buio dell'Inferno.
In seguito il Poeta sente realizzarsi dentro sé il fenomeno altissimo del trasumanar, una condizione vicina al sublime difficile da spiegare a parole, che significa letteralmente "andare oltre alle capacità dell'umano". Dante, superando i limiti della condizione umana, riesce così ad alzarsi in volo verso i cieli del Paradiso, dove oltre alla luce si diffonde una musica armoniosa.

Dante manifesta infine un dubbio a Beatrice, ossia come sia possibile per lui librarsi nell'aria con il corpo. La donna, con l'amorevolezza di una madre verso il figlio, spiega che il mondo è stato creato secondo un ordine armonico per il quale ogni creatura ha un fine comune, che è la felicità, quello cioè di ritornare al cielo, a Dio. L'uomo possiede però il libero arbitrio, con il quale può scegliere una direzione diversa da quella divina. Il Poeta, che si trova in Paradiso libero dal peccato, non può invece che elevarsi verso il cielo.