Nevicata

Datata all'anno 1881, quando Giosuè Carducci perse l'amata Lidia, sua musa ispiratrice, la poesia è la suggestione di un ricordo, un'immagine lontana di un istante indelebile nel libro della memoria, come se la lontananza divenisse percepibile nel paesaggio remoto e silenzioso, elemento ricorrente dell'autore, basti pensare a Idillio maremmano. Qualcosa di recondito, diverso per ciascuno ma comune nel suo essere nostalgico e prezioso - che non vorremmo mai dimenticare - riaffiora nella mente come una persona cara si manifesta in noi nei gesti quotidiani. Il graduale moto introspettivo dell'io poetico, «fortemente scandito e quasi ossessivo», sancisce il bisogno di abbandonarsi alla malinconia, lasciando che la tacita natura circostante diventi strumento di corrispondenza con chi abbiamo perduto e che desideriamo raggiungere per via di un insanabile anelito d'eternità insito nel nostro "indomito cuore".


Lenta fiocca la neve pe ’l cielo cinerëo: gridi,
suoni di vita piú non salgon da la città,

non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro,
non d’amor la canzon ilare e di gioventú.

Da la torre di piazza roche per l’aere le ore
gemon, come sospir d’un mondo lungi dal dí.

Picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati: gli amici
spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.

In breve, o cari, in breve — tu càlmati, indomito cuore —
giú al silenzio verrò, ne l’ombra riposerò.

La gazza - Claude Monet - 1869