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Celeberrima poesia di Giosuè Carducci datata al 1883 che appare come il frammento di un'immagine che ha accarezzato l'animo dell'autore, una sorta di quadretto autunnale impressionista volto ad omaggio di quella semplicità agreste già descritta in numerosi componimenti, come per esempio Idillio maremmano. Il motivo funebre che avvicina in questi anni il Carducci allo stile del suo allievo Giovanni Pascoli è accantonato per un attimo, per lasciare spazio ad un moto di spensieratezza che coglie un cacciatore riscaldato dal vino e da un focolare. In quest'armonia, così diversa dall'illusoria felicità di Novembre descritta dal Pascoli, i pensieri malinconici che giungono nel momento del tramonto si allontanano come stormi di uccelli che tendono ad un altrove sconfinato.
La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

L'albero dei corvi - Caspar David Friedrich - 1822
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