Il Sommo Poeta

DI MARCO CATANIA

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Alla Regina d'Italia

A seguito della scomparsa di Vittorio Emanuele II, il "Padre della Patria", il trono passò al figlio Umberto I, che insieme alla moglie Margherita di Savoia, prima regina d'Italia,  si recò in diverse città italiane al fine di legare il popolo alla dinastia sabauda e rafforzare il sentimento di unità nazionale.
Nel novembre del 1878 la coppia giunse a Bologna, una città notoriamente poco devota alla monarchia che tuttavia accolse con calore i reali, recatesi all'Università per incontrare Giosuè Carducci. Fieramente repubblicano, il poeta rimase affascinato dalla figura di Margherita, tanto da comporre per l'occasione questo componimento, che egli stesso descrive: «Nell'ode nulla vi è di dinastico e di adulatorio; l'effetto che fa quella donna, non importa che sia la regina, è preso dal vero: quelle cose che ho messo in versi le ho vedute e sentite io stesso. Non ho altro a dire. Per essere repubblicano, non posso mostrarmi gentile a una signora, che, se anche non fosse la regina, sarebbe una delle più graziose, delle più buone, delle più culte donne italiane, a una signora che volle mostrare tanta stima per me?». Nei versi, di estrema bellezza, sono celebrate le virtù della regina, nella quale rivivono le dolci fattezze delle Vergini di Raffaello Sanzio e il canto armonioso del Petrarca. Simbolo materno dell'unità nazionale da poco raggiunta, Margherita seppe conquistare i sudditi col suo garbo e la sua eleganza, divenendo la vera protagonista dell'età umbertina e rimanendo tale anche nel ruolo di regina madre.

Onde venisti? Quali a noi secoli
sí mite e bella ti tramandarono?
fra i canti de’ sacri poeti
dove un giorno, o regina, ti vidi?

Ne le ardue ròcche, quando tingeasi
a i latin soli la fulva e cerula
Germania, e cozzavan nel verso
nuovo l’armi tra lampi d’amore?


Seguíano il cupo ritmo monotono
trascolorando le bionde vergini,
e al ciel co’ neri umidi occhi
impetravan mercé per la forza.


O ver ne i brevi dí che l’Italia
fu tutta un maggio, che tutto il popolo
era cavaliere? Il trionfo
d’Amor gía tra le case merlate

in su le piazze liete di candidi
marmi, di fiori, di sole; e - O nuvola
che in ombra d’amore trapassi, -
l’Alighieri cantava - sorridi! -

Come la bianca stella di Venere
ne l’april novo surge da’ vertici
de l’alpi, ed il placido raggio
su le nevi dorate frangendo

ride a la sola capanna povera,
ride a le valli d’ubertà floride,
e a l’ombra de’ pioppi risveglia
li usignoli e i colloqui d’amore:

fulgida e bionda ne l’adamàntina
luce del serto tu passi, e il popolo
superbo di te si compiace
qual di figlia che vada a l’altare;

con un sorriso misto di lacrime
la verginetta ti guarda, e trepida
le braccia porgendo ti dice
come a suora maggior: - Margherita! -.


E a te volando la strofe alcaica,
nata ne’ fieri tumulti libera,
tre volte ti gira la chioma
con la penna che sa le tempeste:

e, Salve, dice cantando, o inclita
a cui le Grazie corona cinsero,
a cui sí soave favella
la pietà ne la voce gentile!

Salve, o tu buona, sin che i fantasimi
di Raffaello ne’ puri vesperi
trasvolin d’Italia e tra’ lauri
la canzon del Petrarca sospiri!

marco.catania@ilsommopoeta.it

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