Cisti fornaio

Cisti fornaio con una sola parola fa raveder messer Geri Spina d'una sua trascutata domanda.

La seconda novella della sesta giornata ha per tema l'uso sapiente della parola che è in grado di avvicinare classi sociali lontane tra loro. A fronteggiarsi sono infatti il fornaio fiorentino Cisti e l'aristocratico banchiere Ruggieri Spina, personaggio storico vicino a papa Bonifacio VIII, l'acerrimo nemico di Dante. La narratrice è Pampinea.
Il protagonista è presentato come un uomo semplice e di animo nobile, capace di raggiungere un'agiata condizione grazie alla sua grande onestà.
La narratrice introduce la novella con un discorso riguardante la natura, che spesso gioca brutti scherzi agli uomini come donargli intelligenza ma di un corpo sgraziato, oppure di un animo nobile ma di un mestiere umile, come nel caso di Cisti, uomo astuto e generoso, ma nella vita semplice fornaio. Spesso, dunque, la fortuna e la natura nascondono le doti migliori all'ombra di quelle che sono considerate le professioni meno nobili, in modo che quando si manifestano appaia più chiaro il loro splendore.
Con il suo onesto lavoro Cisti ha guadagnato abbastanza denaro per potersi permettere un vino pregiato che vorrebbe far assaggiare a messer Geri Spina e ai due ambasciatori papali giunti a Firenze per sedare i conflitti tra guelfi bianchi e neri.
La vicenda storica passa presto in secondo piano lasciando spazio all'invenzione narrativa.
Cisti non osa invitare i nobiluomini a provare il suo vino a causa dell'inferiore condizione sociale, ma fa in modo che sia lo stesso messer Geri ad invitarsi.
Notando che sono soliti passare dinanzi alla sua bottega alla stessa ora, Cisti, non appena li vede arrivare, si siede ogni giorno a gustare il suo vino, cercando di rapire la loro attenzione. Dato il caldo, Geri Spina è attratto dal modo in cui il fornaio sorseggia quel fresco vino bianco e così si avvicina per chiedergli quanto fosse buono. Cisti rispose che non si poteva descrivere a parole tanto era squisito.
Allora messer Geri decise di fermarsi con gli ambasciatori invitandoli a gustare il vino di quell'onesto cittadino. Il fornaio portò subito una panca e fece accomodare gli ospiti che tornarono ogni mattina per quella degustazione.
Quando le trattative si conclusero, una volta giunto il momento della partenza degli ambasciatori, messer Geri decise di organizzare un banchetto tra i nobili della città a cui venne invitato anche Cisti, il quale fu però irremovibile nella decisione di non andare.

È da notare che per l'intera novella Cisti non esce mai dalla sua bottega, non invadendo, dunque, lo spazio di Geri; semmai è il signore che si degna di entrare nello spazio di Cisti. Il gentiluomo può infatti permettersi di abbassarsi sino alla condizione di fornaio, ma il fornaio sa di non potersi elevare al livello del gentiluomo, così è sin da subito accorto nel non violare tali convenienze sociali.

Per il banchetto Geri ordinò ad uno dei suoi servitori di recarsi da Cisti a prendere un fiasco di vino così da poterne offrire mezzo bicchiere a tutti gli ospiti durante l'antipasto.
Il servo, che non aveva mai assaggiato quel vino prelibato e ne voleva un po' per sé, si recò allora da Cisti con una damigiana.
Il fornaio si rifiutò di dare al servo il suo vino, in quanto, disse, con un fiasco del genere poteva attingere l'acqua dall'Arno, non chiedere un vino così prezioso. Cisti capì che non poteva essere stato un galantuomo a mandare il servo con quella damigiana. Geri, infatti, intendeva offrire solo un calice a ciascuno dei suoi ospiti al fine che potessero degustarlo.
Dopo aver rimproverato il servo, Geri lo mandò nuovamente dal fornaio con un fiasco di piccole dimensioni che Cisti riempì con gentilezza.
Nella conclusione il protagonista spiega al nobile di aver dato tale risposta in quanto il suo vino non è degno di esser bevuto in grandi quantità dai servi, infine regala un po' del suo buon vino a Geri: da allora i due rimasero sempre in amicizia stimandosi reciprocamente.