Lisabetta da Messina

I fratelli d'Ellisabetta uccidono l'amante di lei: egli l'apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterato; ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico, e quivi sù piagnendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, e ella se ne muore di dolor poco appresso.

La quinta novella della quarta giornata è dedicata, come Tancredi e Ghismunda, ad un amore che va incontro a una fine infelice. L'ambiente sociale è questa volta più modesto, non principesco bensì mercantile. La narratrice è Filomena. Protagonista del racconto è la giovane Lisabetta che vive nella città di Messina insieme ai suoi tre fratelli, mercanti arricchitesi grazie alla loro professione e all'eredità lasciata dal padre defunto.
Nel loro magazzino lavora un ragazzo pisano di nome Lorenzo, di cui Lisabetta si innamora perdutamente. Il loro sentimento corrisposto sarà però contrastato dai fratelli che considerano Lorenzo inadeguato per la sorella in quanto appartenente ad un ceto sociale inferiore.
Una notte il fratello maggiore scopre insieme i due amanti e riferito agli altri quello che ha visto decidono di portare fuori città Lorenzo per ucciderlo. A Messina spargono poi la voce di aver mandato il ragazzo in giro per degli affari.
Angosciata nel non veder più tornare l'amato, Lisabetta comincia a chiedere di lui con insistenza, mentre i suoi fratelli si mostrano sorpresi nel vederla tanto preoccupata.
Distrutta dal dolore e in preda alla solitudine una sera la donna, dopo aver a lungo pianto l'amato, si addormenta e lo vede in sogno. Lorenzo le annuncia che non potrà più tornare da lei tra i vivi perché è stato ucciso dai suoi fratelli, indicandole il luogo dove è stato seppellito.
Destatasi dal sonno, la mattina stessa la giovane chiede ai fratelli il permesso per allontanarsi dalla città al fine di svagarsi. Accompagnata da una serva, nonché intima confidente, Lisabetta raggiunge il luogo indicatole da Lorenzo. Trovato il corpo si fa forza e non si abbandona alla disperazione, pensando di portare con sé l'amato per dargli degna sepoltura. Capendo di non riuscirci decide di prendere almeno la testa e portarla a casa per ricordare il loro amore.
Una volta tornata pone il cranio di Lorenzo, avvolto in un drappo, all'interno di un vaso solitamente usato per il basilico o le piante aromatiche. Ricoperta la testa con la terra, vi pianta del basilico, come a voler far rivivere in qualche modo l'amato scomparso e comincia a trascorrere gran parte del tempo vicino ad esso. Vi è qui una sorta di culto della reliquia dell'amante che accomuna Lisabetta a Ghismunda e che risale alla tradizione cortese. Boccaccio ci dice che la piantina non aveva bisogno di essere innaffiata poiché erano le lacrime della povera ragazza a nutrirla. I fratelli cominciano a insospettirsi per lo strano comportamento di Lisabetta e le rubano il vaso di nascosto. Interessante è che, contrariamente alle altre protagoniste femminili del Decameron, Lisabetta non prende mai la parola, in un silenzio volto ad evidenziare chiaramente la sua condizione di vittima, accettando tra le lacrime, quasi rassegnata, il proprio destino.
La giovane comincia a domandare della sua piantina come aveva fatto in precedenza per l'innamorato. Quando i tre fratelli trovano la testa di Lorenzo decidono di lasciare Messina per recarsi a Napoli, spaventati che l'omicidio possa essere scoperto. Lisabetta, che ha perso per due volte il suo amore, muore piangendo e invocando il suo vaso.

Isabella - John Everett Millais - 1849

Il dipinto

Pittore e poeta, Millais, appartenente alla corrente dei Preraffaelliti, prese ispirazione dalla novella boccaccesca raffigurando una scena di banchetto, assente nel racconto, che tuttavia gli permette di mettere a confronto i diversi caratteri e i sentimenti dei protagonisti della tragedia. Si vedono così Lisabetta e Lorenzo dividersi con amore un'arancia, mentre uno dei fratelli, in primo piano, sferra un calcio contro il cane che si rifugia nella carezza affettuosa e consolatoria della ragazza. Il gesto scomposto mostra tutta la ferocia con cui i fratelli si oppongono ad un legame puro e sincero.