Jean-François Millet

"Come potete capire dai titoli, non ci sono donne nude o soggetti mitologici. Voglio cimentarmi con temi diversi da questi, che sento non essermi vietati, ma che non vorrei essere costretto a fare […] e questo perché è il lato umano, schiettamente umano, quello che in arte mi tocca di più; e, se potrò fare ciò che voglio, o almeno provarci, non farò nulla che non sia il risultato di impressioni ricevute dall'aspetto della natura, sia essa paesaggio o figure. E non è mai il lato gioioso quello che mi appare; non so dove sia e non l'ho mai visto. Ciò che di più allegro conosco è questa calma, questo silenzio di cui si gioisce così intimamente all'interno del bosco o sui campi arati. Mi direte che questo discorso è molto da sognatore, di un sogno triste, anche se certo dolcissimo [...] ma è lì, secondo me, che si trova la vera umanità, la grande poesia".


Nato nel 1814 da una famiglia di contadini, Jean-François Millet è considerato uno dei maggiori esponenti del Realismo.

Una volta deciso di dedicarsi esclusivamente alla pittura si stabilì a Barbizon, dove iniziò a frequentare i componenti della Scuola, senza tuttavia farne parte.

Sensibile all'influenza realista di Gustave Courbet, si dedicò alla rappresentazione della vita quotidiana dei contadini, non dimenticando le sue origini.

A differenza di Courbet, Millet non credeva alla possibilità di riforme o di conquiste da parte della classe dei lavoratori; i suoi contadini sono legati alla terra in una condizione immutabile che accettano umilmente, quasi religiosamente.

Ciò è evidente nel suo capolavoro L'Angelus, datato 1858-1859 e conservato al Museo del Louvre.

I due soggetti raffigurati sono colti nel momento di preghiera che intervalla la giornata lavorativa. L'Angelus è infatti una preghiera rivolta alla Madonna che viene recitata al mattino, a mezzogiorno e alla sera dopo il suono delle campane. Sullo sfondo si può infatti notare il campanile i cui rintocchi hanno richiamato la pausa dal lavoro.

"L'Angelus è un quadro che ho fatto pensando a quando, lavorando nei campi, mia nonna non mancava, sentendo suonare la campana, di farci fermare il lavoro per dire l'angelus per i poveri morti, molto devotamente e con il cappello in mano".

L'opera venne ammirata con interesse dal grande Vincent Van Gogh che nel 1880 ne realizzò una copia.

Nei suoi dipinti i gesti dei lavoratori sono ricordi della memoria che vengono resi eterni nel tempo. Le spigolatrici, datato 1848, ritrae tre donne curve nel lavoro della spigolatura, ossia la raccolta delle spighe rimaste disperse sul campo dopo la mietitura.

Quest'attività era svolta solitamente dalle povere donne sole, come le vedove e le orfane.

Le donne sono rese in termini quasi scultorei, viste come nell'atto di un rituale lento e nobile. Alle loro spalle si vedono degli enormi covoni di grano, frutto di un abbondante raccolto. La giornata è molto calda, come si capisce dalla straordinaria luminosità e dal cielo terso.

La fatica dell'umile lavoro è resa magistralmente; le mani sono deformate e i loro corpi sembrano abituati alla posizione china, quasi da non potersi più rialzare.

Più di ogni altro dipinto Millet riesce ad esaltare l'eterna grandezza del lavoro umano.

Il noto fotografo francese Félix Nadar ha varie volte lasciato un ritratto caratteriale di Millet che degli amici descrivono con le seguenti righe, coincidenti a ciò che possiamo vedere grazie alla fotografia scattata da Nadar.

"Egli era di statura superiore alla media; corpulento, con un collo taurino e mani da coltivatore. I capelli scuri e buttati all'indietro scoprivano una fronte sottile e volitiva, resa più interessante ed espressiva da sopracciglia corrugate, occhi di un blu molto scuro e socchiusi [...]. Il suo iniziale riserbo corrispondeva alla sua conversazione misurata e dai toni un po' dottorali".

Millet si spense a Barbizon nel 1875.