Caravaggio

La formazione lombarda

Un ruolo di primaria importanza per la futura carriera di Caravaggio e del suo successo romano ebbe la formazione lombarda di fine Cinquecento, in un clima di controriforma che sarebbe incomprensibile senza tenere presente la virtuosa figura di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1565 al 1584, che tanto influenzò anche l'esperienza artistica locale, caratterizzata da un realismo vicino alla realtà e dunque lontano dal manierismo più accademico e lezioso.

Le notizie sulle origini di Michelangelo Merisi sono state a lungo confuse e poco documentate. Si credeva fosse nato nel paesino bergamasco di Caravaggio, di cui era originaria la famiglia, tuttavia di recente è stato scoperto il suo atto di battesimo presso la basilica di Santo Stefano Maggiore a Milano, conosciuta anche come Santo Stefano in Brolo, in data 30 settembre 1571, situata nel cuore della città, a pochi passi dal Duomo.

Caravaggio era il primogenito di Fermo Merisi e Lucia Aratori, i cui nomi ci ricordano la prima edizione del romanzo I promessi sposi di Alessandro Manzoni, il quale scelse poi il meno insolito Renzo per il protagonista maschile.
«Era egli di color fosco, ed aveva foschi gli occhi, nere le ciglia ed i capelli; e tale riuscì ancora naturalmente nel suo dipingere. La prima maniera dolce e pura di colorire fu la megliore, essendosi avanzato in essa al supremo merito e mostratosi con gran lode ottimo coloritore lombardo. Ma egli trascorse poi nell'altra oscura, tiratovi dal proprio temperamento». Così lo descriverà Giovan Pietro Bellori, il suo biografo più celebre, accostando il proprio aspetto fisico alla sua pittura, giudicata degna di lode durante la propria formazione, ma poi segnata da una svolta, da un radicale cambiamento verso l'oscurità.

Caravaggio in un ritratto di Ottavio Leoni datato 1621.

Appena tredicenne il Merisi si accostò alla nobile professione della pittura presso la bottega di Simone Peterzano, artista in buona considerazione a quei tempi, con il quale aveva stipulato un contratto quadriennale di apprendistato, impegnandosi a vivere presso di lui.
Un'opera che dovette affascinare molto il giovane Caravaggio fu sicuramente la Deposizione del suo maestro, custodita nella bellissima chiesa di San Fedele, a due passi dal Teatro alla Scala. L'attenzione alla resa della luce e ai profondi sentimenti rappresentati nei volti dei personaggi rimasero ben impressi nell'allievo, ergendosi a punti di riferimento che saranno ricorrenti nella sua produzione futura, basti pensare all'omonima composizione della Pinacoteca Vaticana.

Prima di trasferirsi a Roma, Caravaggio ebbe modo di osservare anche la realtà quotidiana e la religiosità priva di enfasi che caratterizzavano la produzione di pittori lombardi come Savoldo, Moretto e Moroni, senza dimenticare le pale d'altare del più celebre Lorenzo Lotto.
L'esperienza borromaica esercitò un ruolo decisivo anche nei dipinti dei fratelli Campi, Antonio e Vincenzo, anche loro ispiratori del Merisi per quanto riguarda gli effetti luministici e cromatici. Suggestiva in tal senso è la tela di notevoli dimensioni raffigurante Santa Caterina visitata in carcere dall'imperatrice Faustina, dipinta da Antonio Campi per la chiesa di Sant'Angelo a Milano, scena che riprende chiaramente il Raffaello delle Stanze e che a sua volta influenzò la successiva produzione di una certa tipologia di notturni, in particolare i contrasti fra luce ed ombra tipici del Caravaggio, il quale vi farà riferimento sia nella Vocazione di San Matteo della prima grande commissione romana che nella più tarda Decollazione di San Giovanni Battista di Malta.

Fra questo ricco catalogo di modelli e di esperienze artistiche del Cinquecento lombardo vi fu però un'opera che più di ogni altra cambiò per sempre lo stile e l'anima di Caravaggio, lasciandolo senza fiato quando entrò nel refettorio di Santa Maria delle Grazie: il Cenacolo di Leonardo.
Osservando da solo, in silenzio, il capolavoro, in Caravaggio cresceva dentro sé la consapevolezza di non poter fare nient'altro nella vita se non il pittore, per riuscire a catturare l'anima nel volto umano e fermare il mistero di un istante in eterno.

La tavola imbandita dell'Ultima Cena, uno dei primi esempi di natura morta nell'arte italiana, ispirò il primo capolavoro di Caravaggio, la celebre Canestra di frutta realizzata tra il 1594 e il 1598 e conservata nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano essendo stata donata al cugino di Carlo Borromeo, quel cardinal Federico tanto caro al capolavoro manzoniano.
Il dipinto anticipa quello che diventerà un genere autonomo, ossia quello della natura morta. La straordinarietà di quest'opera, apparentemente semplice, risiede nel realismo con cui è raffigurata la frutta, ma anche nel significato che custodisce.
Uva, mele, fichi e pere vengono disposti dall'artista dentro un cesto da cui escono dei rami secchi che hanno ancora qualche foglia accartocciata o ripiegata su se stessa. L'imperfezione di questi rami, ma ancor di più il fatto che un verme abbia contaminato la freschezza della frutta è il dettaglio poetico su cui bisogna focalizzare l'attenzione. L'opera vuole infatti alludere allo scorrere inesorabile del tempo e forse alla caducità dell'esistenza umana, come se già nel principio vi fosse il presagio della morte, come se tutto fosse già contaminato.
Per la prima volta un canestro di frutta dimesso e spoglio, molto semplice, viene elevato ad assoluto protagonista dell'opera, non solo a quello di accessorio o dettaglio all'interno di una scena più ampia. Il resto del dipinto è costituito esclusivamente da uno sfondo neutro al fine di mettere in risalto il soggetto.

Durante la propria formazione il Merisi viaggiò anche al di fuori del contesto milanese, recandosi a Mantova, dove poté osservare i capolavori del Mantegna e di Giulio Romano, maestri negli scorci e nelle prospettive, e forse a Venezia, città di Giorgione e di Tiziano.
Nel 1595, all'età di ventiquattro anni, si trasferì a Roma, la città eterna di Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio, che ora apriva le porte al futuro di un giovane artista dalle immense capacità, in grado di imporsi come erede del classicismo romano e del colore veneziano, rivoluzionando per sempre la storia dell'arte.

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Note

La foto della basilica di Santo Stefano in Brolo è stata scattata nel gennaio 2020; quella della Deposizione di Peterzano nel novembre 2019, mentre quella del Cenacolo nel maggio 2021.