Aristofane

Aristofane, nato ad Atene nel 450 a.C. circa, è stato uno dei massimi commediografi greci, l'unico di cui sono sopravvissute intere commedie.
La sua satira ebbe spesso contenuto politico, a dimostrazione della funzione educatrice del teatro. La commedia antica era infatti fortemente incentrata su Atene e sulle sue problematiche, con le trame che spesso prendevano di mira i personaggi più in vista della città, si veda Euripide nelle Rane o Socrate nelle Nuvole.
Aristofane criticò il rivale Euripide per la sua analisi dei personaggi femminili e per il fatto che nelle tragedie focalizzasse l'attenzione sulla psicologia individuale, sulle vicende private, invece che ai problemi della convivenza politica.
In Lisistrata, per esempio, la protagonista è esattamente l'opposto del modello di Euripide, rivolta dunque esclusivamente agli interessi della comunità.

Le nuvole

La commedia, andata in scena per la prima volta al Teatro di Dioniso di Atene in occasione delle Grandi Dionisie del 423 a.C., comincia con il vecchio contadino Strepsiade che non riesce a prendere sonno a causa dei debiti contratti dal figlio Fidippide nelle corse dei cavalli. Dopo averlo svegliato, il padre cerca inutilmente di convincerlo a frequentare la scuola di Socrate, nella speranza che l'apprendimento dell'arte della dialettica lo possa aiutare a risolvere i problemi con i creditori.
Durante tutta la commedia, Socrate viene rappresentato come un pensatore dedito a discorsi e a ragionamenti inutili. Strepsiade decide di recarsi personalmente alla scuola di Socrate, venendo introdotto da uno scolaro nella comunità dei sapienti, impegnati alcuni nello studio della terra, altri del cielo.
Finalmente incontra Socrate che lo guida nell'apprendimento della teologia e nel riconoscere la divinità delle Nuvole, che costituiscono il Coro.

Socrate (a destra) nel capolavoro Scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

Alle Nuvole Strepsiade chiede il privilegio di superare tutti nel parlare. Ciò gli verrà accordato se seguirà la scuola con dedizione. L'istruzione di Strepsiade procede però in modo disastroso; egli non capisce nulla infatti dei discorsi filosofici che gli vengono fatti (l'autore mette in parodia la filosofia socratica) e così finisce per essere cacciato.
Fidippide, incuriosito dai racconti del padre e un po' preoccupato del suo stato di salute mentale, decide di recarsi al Pensatoio al suo posto.
L'educazione di Fidippide sarà incentrata sul contrasto tra i due Discorsi, quello giusto e quello ingiusto. A prevalere è sempre il Discorso ingiusto.
Fidippide, appresa la lezione, riesce insieme al padre a mandare via due creditori. La felicità di Strepsiade è però breve; durante un diverbio inerente alla poesia e alla musica in cui il padre si mostra sostenitore di Eschilo e degli antichi, mentre il figlio di Euripide e dei moderni, Fidippide arriva a picchiare suo padre affermando anche di avere tutto il diritto di farlo in quanto come i genitori sono soliti picchiare i bambini per educarli, altrettanto devono fare i figli verso i genitori rimbambiti. Esasperato, nella conclusione Strepsiade dà fuoco al Pensatoio di Socrate.

Le rane

Dioniso, dio del teatro, vuole scendere nell'Ade per riportare in vita Euripide, appena morto, il suo autore preferito. Sia Sofocle che Euripide erano deceduti l'anno prima della rappresentazione della commedia di Aristofane, che vinse le Lenee del 405 a.C., segnando la fine di un grande periodo per la tragedia e l'inizio del suo declino.
All'inizio della commedia Dioniso e il suo servo Xantia chiedono ad Eracle quale sia la strada più rapida per giungere all'Ade. Quest'ultimo risponde che è necessario attraversare il fiume Acheronte.
Il traghettatore Caronte fa salire Dioniso sulla sua barca per condurlo sull'altra riva, mentre Xantia è costretto, dovendo portare i bagagli, a girare intorno alla palude a piedi.
Durante la traversata i due incontrano le rane che formano, col loro gracidare, una sorta di Coro. Esse intonano un canto in onore di Dioniso, il quale si mostra però infastidito, riuscendo a zittirle imitando il loro verso. Esse possono essere viste come simboli della tragedia decaduta. È frequente che le commedie di Aristofane traggano il loro titolo proprio dal coro, sebbene le rane siano un coro secondario.
Quando finalmente viene trovato, Euripide è nel mezzo di un litigio con Eschilo a proposito di chi meriti il trono di miglior tragediografo. Dioniso sarà il giudice che dovrà scegliere chi dei due riportare in vita.
I poeti si insultano reciprocamente, passando poi ad un confronto ordinato in cui iniziano a citare dei versi delle loro opere. Alla fine viene portata in scena una bilancia; la citazione che "pesa" di più farà pendere la bilancia a favore del proprio autore.
Eschilo è il vincitore, così a questo punto Dioniso, inizialmente intenzionato a riportare in vita Euripide, si trova profondamente indeciso.
Sarà una risposta inerente alla situazione politica di Atene, che in quegli anni viveva uno dei periodi più difficili della sua storia al culmine della guerra del Peloponneso, a decretare il vincitore. Chi saprà dare il miglior consiglio per salvare la città dalla decadenza, verrà riportato in vita dal dio.
Eschilo, dando la soluzione e il consiglio migliore, ne esce nuovamente vincente. Prima di tornare sulla terra egli consegna provvisoriamente il suo trono a Sofocle, raccomandandogli di non lasciarlo mai ad Euripide.

Le donne al parlamento

La commedia venne rappresentata al Tetaro di Dioniso di Atene per le Lenee del 391 a.C.
Il titolo greco è Ecclesiazuse, cioè "ecclesia", assemblea del popolo, nella quale venivano prese importanti decisioni su questioni di stato.
Un gruppo di donne, guidate da Prassagora, si travestono da maschi per partecipare all'assemblea ateniese. Nei loro discorsi incorrono però in buffe e prevedibili gaffes. Prassagora, riepilogando la triste situazione della città, avanza la proposta di investire del governo le donne, in quanto ciò non era mai stato provato. All'assemblea si reca il Coro composto anch'esso dalle donne. Alla fine l'assemblea è a loro favorevole.
Una volta al potere le donne deliberano che tutti i possedimenti e il denaro vengano messi in comune per essere amministrati saggiamente da loro. Anche nei rapporti sessuali le donne potranno decidere di andare a letto e fare figli con chiunque vogliano. Questa promiscuità richiede tuttavia un correttivo per evitare che vengano favorite le persone di aspetto migliore. Così i brutti, sia tra gli uomini che tra le donne, avranno la precedenza nella scelta.
Nella conclusione si vedono in scena una vecchia e una ragazza litigare per l'amore di un giovane che ha appuntamento con la ragazza, mentre la legge lo costringe a dare la precedenza alla vecchia. In qualche modo la ragazza riesce ad avere la meglio, ma subito spuntano altre megere rivendicando il loro diritto, per la disperazione del giovane.